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CAMMINO SINODALE A confronto con coraggio

Corresponsabilità, formazione, riforme strutturali: sono i tre snodi che guideranno la fase di recezione del Cammino sinodale in Italia. Monsignor Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola e presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, dopo la votazione del documento finale, guarda avanti con realismo e fiducia: la sinodalità, afferma, non è solo una parentesi, ma uno stile da rendere stabile. Il vescovo affronta anche il tema più discusso, quello dell’omoaffettività, chiarendo che “riconoscimento” non significa legittimazione morale, ma rispetto della persona. E rilancia: serve trasparenza, protagonismo laicale e il coraggio di non temere il confronto.

Eccellenza, ha definito questi quattro anni “belli”. In che cosa consiste, oggi, la vera bellezza ecclesiale del Cammino sinodale?

“Sono stati anni intensi e belli perché la bellezza secondo il Vangelo non coincide con l’armonia o l’estetica, ma con il dono, la dedizione, talvolta anche con la fatica. Gesù si presenta come ‘il pastore bello’, cioè colui che offre la vita. È questa la bellezza che ho potuto riconoscere: la gioia di camminare insieme, di trovare convergenze, anche nel confronto tra sensibilità differenti”.

Quali strumenti possono rendere duraturo questo stile sinodale?

“La sfida ora è radicare questo atteggiamento in modalità permanenti: rinnovare gli organismi di partecipazione, promuovere i ministeri laicali e attribuire un ruolo più definito e significativo alle donne nella vita ecclesiale. La corresponsabilità, in particolare, è emersa come chiave per dare continuità a un processo condiviso”.

Quali azioni concrete saranno ora messe in campo?

“Sarà importante individuare alcune mete comuni, che possano essere orientate da linee guida o testi condivisi. Le diocesi dovranno poi proseguire il lavoro: auspichiamo che équipe, delegati e referenti sinodali possano restare attivi nel processo. Ma servirà tempo: la sinodalità non si improvvisa, richiede maturazione e costanza”.

Alcuni temi, come la formazione, hanno trovato largo consenso. Altri, come il ruolo delle donne, hanno incontrato più resistenze. Come interpreta questa varietà di risposte?

“La considero un segnale positivo. Mi avrebbe preoccupato una votazione completamente unanime: sarebbe indice di conformismo. Invece circa il 15-17% dei votanti ha espresso dubbi su alcuni passaggi”.

Come affrontare queste divergenze?

“È importante capire se alcune proposte sono apparse troppo innovative o, al contrario, insufficientemente coraggiose. Il messaggio che riceviamo è: ‘riflettiamo ancora’. Alcuni nodi richiedono ulteriori approfondimenti. La Cei dovrà ordinare le priorità: ci sono decisioni che aprono la strada ad altre. Ad esempio, senza rafforzare la corresponsabilità, sarà difficile avviare una vera riforma dell’iniziazione cristiana”.

La pubblicazione dei risultati del voto è una novità. Si tratta di una scelta di metodo o di una visione ecclesiale?

“È entrambe le cose. Papa Francesco già nei Sinodi romani ha voluto rendere noti gli esiti delle votazioni. Col tempo, ci siamo convinti che la trasparenza favorisce il dialogo e abbatte i sospetti.

Dopo la seconda Assemblea, dove il testo non era stato diffuso, abbiamo compreso quanto la condivisione rafforzi la comunione. E poi, mi consento una battuta, tanto i documenti finiscono comunque in circolazione: meglio allora pubblicarli in modo ordinato e completo”.

Il riferimento all’omosessualità nel Documento ha suscitato interpretazioni controverse. Può chiarire il significato dei termini “riconoscimento” e “accompagnamento”?

“È un tema presente sin dalle prime fasi, per la sua attualità e per il significato simbolico che riveste oggi. Molti, specialmente i giovani, guardano all’atteggiamento della Chiesa verso le persone omoaffettive come a un segnale decisivo di apertura o chiusura”.

Come va compreso il linguaggio utilizzato?

“Le espressioni ‘riconoscimento’ e ‘accompagnamento’ sono state ponderate con attenzione. ‘Riconoscere’ non vuol dire approvare moralmente, ma partire dalla realtà della persona, con la sua dignità. ‘Accompagnare’ significa camminare insieme, accogliere senza semplificazioni, come ci invita a fare Papa Francesco. È un atteggiamento esigente, ma profondamente evangelico. Come già accaduto per le coppie di divorziati risposati dopo Amoris laetitia, è un percorso che richiederà ulteriori passi”.

Un passaggio del testo ha generato confusione, quello sulla partecipazione della Cei a “giornate promosse dalla società civile”.

“Alcuni hanno equivocato, leggendo un riferimento implicito ai Pride. In realtà, si fa menzione di giornate già presenti nel calendario civile – come quella contro l’omotransfobia o contro gli abusi – in cui alcune diocesi promuovono momenti di preghiera o riflessione. L’intento non è aderire a logiche ideologiche, ma testimoniare rispetto e custodia della dignità umana”.

Riccardo Benotti