Home Vita della chiesa 1962-1966: una Chiesa in ascolto

1962-1966: una Chiesa in ascolto

Nel giorno 11 ottobre, nel momento in cui si aprirà a Roma il Concilio ecumenico Vaticano II, le campane di tutte le chiese della Diocesi dovranno suonare a festa”.
È la disposizione che mons. Biancheri impartì il 20 settembre 1962 per sottolineare la gioia e la partecipazione di tutta la Chiesa riminese al grande evento. Mons. Biancheri partecipò al Concilio con entusiasmo, con spirito di disciplina e col desiderio di contribuire al rinnovamento della Chiesa.
Ebbe subito coscienza che il Concilio sarebbe stato un evento epocale.
Fu una esperienza nuova anche per lui: l’esperienza della universalità della Chiesa, l’esperienza vissuta della collegialità, la presa di coscienza dei problemi delle altre Chiese particolari, l’esperienza della presenza di osservatori delle altre comunità cristiane, cioè l’esperienza dell’ecumenismo.
Dello spirito che animava il Concilio gli piaceva quella libertà del cercare insieme che rispondeva ad un atteggiamento costante del suo spirito: il dialogo.
Commentando la prima sessione del Concilio così scriveva ai suoi preti: “È stata sottolineata dentro e fuori dall’aula conciliare la pienissima libertà, di esprimere il proprio pensiero. Unico limite: il tempo.
Obiettivo di questa libertà: cercare insieme in confronti di idee sovente complementari qualche volta si dovette quasi dire drammatici, le vie migliori per presentare all’umanità di oggi la Chiesa nel suo volto autentico, nella sua missione di magistero e di santificazione, nel suo messaggio al mondo che rimane oltre le sue frontiere”.
Respirò a pieni polmoni l’aria del Concilio: trovò conferma a sue profonde intuizioni e aprì il cuore e la mente a nuovi problemi. Di fronte al Concilio era necessario un cambiamento di mentalità e una conoscenza e meditazione dei testi conciliari per realizzare il rinnovamento auspicato.

Le lettere pastorali
nel periodo del Concilio
Si preoccupò di mettere in giusta luce, di fronte alla Diocesi, il valore e l’importanza del Concilio e di indicare l’atteggiamento interiore per accoglierlo con fede.
Tutte le sue lettere pastorali della quaresima, nel periodo di svolgimento del Concilio, 1962-1966, ebbero per argomento le tematiche, i decreti e le costituzioni, che il Concilio veniva approvando nelle sue varie sessioni.
La prima lettera pastorale è della Quaresima 1962, quando il Concilio non si è ancora aperto e porta il titolo “Verso il Concilio Vaticano II”.
Mons. Bianchieri ebbe sempre una visione “alta” del Concilio, una visione di fede. I sottotitoli della lettera pastorale sono molto espliciti: “Cristo parla nel Concilio, lo Spirito Santo agisce nella Chiesa, il Concilio è una nuova Pentecoste”.

“Il Concilio ha fatto fiorire una grande speranza di rinnovamento interiore nella Chiesa e di accorciare le distanze fra i fratelli separati. Tale speranza non può andare delusa. Allora non ci si può fermare ad una preparazione affrettata e superficiale, ma tendere ad una preparazione fatta di preghiera, di riflessione, di impegno”.
La seconda lettera pastorale è della Quaresima 1963, il Concilio non ha emesso ancora alcun documento, e porta il titolo “Voce del tempo, voce di Dio”.
Oltre a pregare per il felice esito del Concilio, invita a leggere, in Italia e nel mondo, tutte le situazioni di povertà, di sofferenza, di arretratezza tecnica, di analfabetismo e di mortalità di bambini a causa della fame.
E ricorda a tutti che Giovanni XXIII nel discorso di apertura del Concilio “ha parlato di Chiesa dei poveri, ha dichiarato la materna sollecitudine della Chiesa nell’estendere dappertutto l’ampiezza della carità cristiana”.
E invita tutti ad allargare gli spazi della carità: la voce dei poveri, è la voce di Dio.

La riforma
liturgica
Quando Mons. Biancheri scrive la lettera pastorale per la Quaresima 1964, è uscito già da pochi mesi la prima costituzione apostolica “Sacrosantum Concilium”, sulla liturgia (04-12-1963)
Mons. Biancheri raccomanda “di partecipare con maggiore preparazione e maggiore consapevolezza di impegno alla Sacra liturgia che viene celebrata nelle nostre chiese”.
Loda le parrocchie che hanno organizzato settimane liturgiche, con buoni frutti.
E conclude: “la costituzione sulla Sacra liturgia emanata dal Concilio Vaticano II (…) varrà a dare ai fedeli un primo saggio della preoccupazione della Chiesa perché i fedeli comprendano di più e meglio, perché amino e vivano i riti liturgici”. Dalla liturgia deve nascere una nuova dimensione del senso comunitario.
La lettera pastorale della Quaresima 1965 porta il titolo “Verso la riforma liturgica”. È già uscita da pochi mesi (25-01-1964) la lettera apostolica per l’attuazione di alcune prescrizioni del Decreto sulla liturgia. Finalmente con la prima domenica di Quaresima, 7 marzo 1965, si potrà dire la S. Messa in lingua italiana, con l’altare rivolto al popolo e con la possibilità di concelebrare. Ma, avverte Mons. Biancheri, “le innovazioni non possono essere colte soltanto nel loro aspetto esteriore, ma nella loro anima profonda, perché la riforma è sorta da esigenze di rinnovamento biblico, teologico e liturgico”. Perché “la liturgia non è una semplice somma di riti, ma è la vita stessa della Chiesa che rivive in se stessa e nelle sue membra la vita di Cristo, nelle celebrazioni dell’Eucaristia e nei Sacramenti”.

L’8 dicembre 1965
si chiude
il Concilio Vaticano II
La pastorale per la Quaresima 1966 porta il titolo: “Il nostro atteggiamento in questo periodo post-conciliare”. In apertura Mons. Biancheri fa sue le parole di Paolo VI, e le propone alla meditazione e attuazione. “Aggiornamento vorrà dire d’ora innanzi per noi penetrazione sapiente dello spirito del Concilio e applicazione fedele delle sue norme. Noi pensiamo che su questa linea debba svilupparsi la psicologia nuova della Chiesa.
Clero e fedeli troveranno un magnifico lavoro da svolgere per il rinnovamento della vita e dell’azione secondo Cristo Signore”.
Segue un elenco di atteggiamenti spirituali: conversione del cuore, santità di vita, senso della Chiesa, e di proposte concrete per la Chiesa riminese.
Il periodo post-concliare non sarà “un periodo di ordinaria amministrazione, né tantomeno di riposo e di facile ministero, ma un periodo di più intenso lavoro, se possibile; certamente di più assillante fatica”.
Con le lettere pastorali del periodo conciliare Mons. Biancheri aveva aggiornato i fedeli della Diocesi sui temi e sullo spirito del Concilio e li aveva esortati ad attuare già alcuni cambiamenti e soprattutto a mettersi con amore nella linea di un serio rinnovamento.
Ora che il Concilio era terminato, bisognava passare all’azione. (2-continua)

don Fausto Lanfranchi