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Non è mai troppo tardi per tornare studenti

Angela, 75 anni, tre anni fa è stata una delle prime a sedersi ai banchi del C.P.I.A. di Rimini. Cosa nasconde questo acronimo? Non un corso di ricamo o di cucina, come verrebbe da pensare guardando all’età di questa signora, ma una scuola statale. Il Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti anche qui, come in altre province italiane, offre un’opportunità preziosa a tanti italiani che per vari motivi non sono riusciti ad arrivare alla licenza media e a numerosi stranieri che si approcciano allo studio della lingua del BelPaese per ottenere il permesso di soggiorno o, semplicemente, per passione e curiosità.

La dirigente, la professoressa Filomena Saggiomo, ne ha di storie da raccontare. Quella di Angela Rinaldi, accennata, è solo una delle più singolari. La signora ha frequentato il Centro nel primo anno di attivazione, il 2014-2015. All’epoca aveva 72 anni. È riuscita in pochi anni, prima ad ottenere la licenza di terza media, poi a fare la maturità all’Alberghiero di Rimini grazie ai crediti che aveva già maturato nella sua esperienza professionale come cuoca. Oggi è iscritta all’università, Filosofia, a Urbino. “Anche la mamma di una mia amica, dopo aver fatto la bidella per una vita, è arrivata alla nostra scuola a settant’anni per ottenere la licenza media.” racconta la dirigente mostrandoci una delle tante foto scattate in questi anni tra i banchi. In una di queste, la signora appare sorridente vicino ad una ragazza sudamericana. Qualcuno potrebbe chiedersi cosa abbiano in comune, o se la donna più giovane sia la badante di quella più anziana. E invece no: compagne di scuola.

Uno dei risvolti più belli di questa scuola speciale è proprio il rapporto che si crea tra i suoi studenti. E tra questi e i docenti. Questi sono appena una ventina, impegnati in turni la mattina, pomeriggio e sera. Faticano però, con questo numero, a tenere il passo delle iscrizioni. Molti di loro non si erano mai cimentati, prima, con l’insegnamento della lingua italiana a persone straniere, ma oggi, commenta la dirigente, “sono entusiasti e molti mi dicono che preferiscono fare questo più che insegnare l’inglese”.
I paesi rappresentati sono i più vari. Oltre all’Africa e nord Africa (per i tanti profughi seguiti dalle cooperative, che qui maturano le ore necessarie per i programmi d’accoglienza), non mancano Bangladesh, Pakistan, Iran, perfino Thailandia. Qualcuno ha deciso di iscriversi anche per amore: per fare “colpo” sui genitori della fidanzata o del fidanzato italiano. Qualcuno è arrivato in seguito ad un ricongiungimento familiare. Il Centro è un’opportunità di integrazione per donne straniere (soprattutto arabe) che altrimenti non uscirebbero di casa. “Alcune di queste signore ci chiedono di prendere anche i loro ragazzini di 13-14 anni, ma non possiamo, essendo il limite minimo di età di 16 anni”. Il Centro è anche una risorsa di contrasto alla dispersione scolastica, specie per molti ragazzini, anche italiani, di 15-16 anni da un passato scolastico difficile.

Il lavoro non manca, manca però una sede unica, il che comporta sia difficoltà logistiche sia problemi di “identità”. In pochi conoscono infatti le potenzialità di questo servizio, nato soprattutto per aumentare il numero di diplomati in linea con le nuove direttive di “Europa 2020”.
“Prima eravamo vicino alla stazione, ma per motivi legati alla ristrutturazione dell’area da parte dell’Amministrazione abbiamo dovuto lasciare e trasferirci” afferma la prof.ssa Saggiomo. Oggi, se l’ufficio è in piazzale Bornaccini, vicino al Centro per l’impiego, le lezioni si dividono tra le medie “Bertola”, dove però, come intuibile, non è possibile stare la mattina, piazzale, gli spazi della struttura polivalente alle Celle, accanto al consultorio e una sala del centro sociale davanti all’ospedale “Infermi”, sopra il Conad, che oggi ospita la scuola media. “Fortunatamente ci è stata messa a disposizione dal Comune – commenta la professoressa – perché abbiamo avuto grossissime difficoltà a trovare uno spazio a causa di una forte resistenza da parte delle altre scuole”.
Tra difficoltà e conquiste il C.P.I.A. è proiettato al 2018: a febbraio-marzo il desiderio è di organizzare un Open Day per farsi conoscere meglio alla città e in particolare per promuovere il servizio tra gli italiani che non hanno la licenza media. “E, chissà, – auspica la dirigente – magari anche per far nascere nuovi corsi”.

Alessandra Leardini