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Le dolci mamme di Casa Hogar

Casa-Hogar

“Bentornata dal Messico”, “Girandolona, cosa ci facevi a Guadalajara?”, “ti ho visto davanti ad un bicchiere di roba verde!”. Queste sono le frasi che mi sento rivolgere in questi giorni da chi incontro: miracoli di Facebook che toglie un po’ di privacy spargendo notizie, ma accomuna tanti con notizie in diretta.
Dunque sì, sono stata in Messico con l’obiettivo di conoscere e partecipare alla vita delle Maestre Pie che là si sono radicate nel lontano 1980.

Il seme dell’interesse viene buttato da don Antonio Moro e la proposta viene accolta da sei persone fra cui il nuovo Vicario, don Maurizio, che sorprenderà tutti per la dimestichezza con la lingua spagnola che legge con facilità e parla con disinvoltura. Tanti sono ormai i viaggi missionari che abbiamo condiviso e che ci hanno coinvolto entrando nella nostra vita e stimolandoci poi ad attività in favore delle missioni visitate che mai si possono dimenticare. Nel gruppo c’è il documentarista Nerio che gira ore e ore di filmati e che avrà un bel daffare per tagliare, assemblare, scegliere. C’è Alessandro, fotografo con occhio speciale per le inquadrature, rapido nel cogliere l’attimo interessante o commovente. E che conquista i bambini buttandosi in vivaci partite a calcio. C’è Claudio che ha analizzato le guide trovando i percorsi, e che sa tutto sulla  geografia e la storia dei vari luoghi. C’è Emanuela, esperta di cooperazione parrocchiale, che ha coinvolto mezza S. Martino per procurare tante cose utili alla Missione. E infine ci sono io, che mi sono fatta la fama di quella che va tenuta d’occhio se no si perde a  curiosare tra stradine e mercatini.

La nostra base è stata la Missione di Tepatitlan, a 60 km da Guadalajara, una piccola e ridente cittadina (a 1800 mt), tutta salite e discese, con case variopinte in stile coloniale. Qui le Maestre Pie, ora tutte messicane, hanno da anni una casa-famiglia (Casa Hogar) per una sessantina di ragazzi, maschi e femmine da pochi mesi a 20 anni e più, tutti orfani o allontanati da famiglie maltrattanti. Se a qualcuno fosse venuto in mente che siano come i Collegi, che da noi sono stati presenti fino ad una cinquantina di anni fa, si sbaglia. Pur in tanti, si respira l’aria di famiglia quando vengono preparati per la scuola, quando fanno i compiti, quando mangiano e vanno a dormire. Le suore sono vere mamme che si trovano i piccoli fra le  sottane ed i più grandi che le chiamano, le impegnano, le trattengono per ricevere aiuto nei vari problemi; che piangono quando i più grandi prendono il volo per continuare gli studi altrove o per tentare la via dell’autonomia.

Ci hanno commosso i tre piccoli, che hanno una stanza tutta per loro, con i lettini e i tavolini per cenare e che è colorata e ridente, piena di giochi. È il regno di suor Rosy che se li cura, se li abbraccia, se li porta dietro e li imbocca con pazienza e col sorriso sempre sul viso, che scompare quando ci mostra con dolore le tante cicatrici del piccolo Gabriel, vissuto nei primi mesi di vita in un ambiente di tale trascuratezza da venire morsicato dai topi. Oggi Gabriel pare sappia solo sorridere: miracolo delle cure amorose e dell’accoglienza calorosa ed attenta. Questa è la Chiesa di frontiera, questa è la Chiesa credibile che anche tra i cittadini di Tepa suscita ammirazione e aiuto concreto e costante.

Per conoscere meglio la zona centrale del Messico dove ci trovavamo, abbiamo visitato tre luoghi significativi.
Il primo è il Santuario di Cristo Rey, che domina la pianura di Guanajuato e che si raggiunge per una strada tortuosa. È abbastanza recente: un Cristo enorme su una sfera che rappresenta il mondo e che racchiude la Chiesa. Sorprendente per noi la quantità di fedeli che accorrono a gruppi familiari, che mostrano una devozione grande, che pregano con intensità.
Il secondo è la “Strada dei martiri” che ricorda la terribile persecuzione dei cattolici avvenuta negli anni 1926-28  (la guerra dei Cristeros) in cui persero la vita tanti sacerdoti e tanti laici, proprio per la loro fede tenace ed irrinunciabile. Proclamati Santi nel 2000 (il più noto è San Toribio Romo) hanno sicuramente fertilizzato la terra messicana se oggi, dopo una persecuzione sistematica e terribile, la religiosità del popolo è altissima, le Chiese sono piene, le devozioni esternate senza timore, spesso faticose come i percorsi in ginocchio anche di anziani aiutati dai nipoti piccoli che camminano al loro fianco.
Il terzo luogo è il lago di Camecuaro, con alberi acquatici enormi, con un enorme parco che in un giorno di festa era invaso dai locali, venuti anche da lontano come i gruppi indigeni coloratissimi di Sicuicho, con le splendide sottane delle donne tutte pieghe e lustrini. Suor Carmen, che vive lì e lavora con loro per la catechesi e la scuola parrocchiale, li conosce bene e ne parla con stima ed ammirazione. Abbiamo avuto il privilegio di visitare il Lago in giorno di festa e di riempirci gli occhi di come un popolo sa gioire di poco, sa condividere pic-nic, giochi e festosi giri in barca.

Anche se il nostro viaggio è finito con la prolungata visita al Santuario di Guadalupe a Città del Messico, il luogo Sacro per tutti i Messicani che – ci dicevano – “anche se non sono cristiani sono però guadalupani!”. Ci rimane nel cuore la Missione delle Maestre Pie con i tanti ragazzi e l’accoglienza di un popolo che ci ha insegnato, a tavola e altrove, a compartire e a condividere.

Silvia Tagliavini