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Voglio un Paese normale

Che pena avere amici all’estero e sentirsi ripetere sempre le stesse domande! Sulla politica italiana e sulle scelte degli elettori. Sulle abitudini dei politici e sul livello di corruzione della pubblica amministrazione. Sulle mafie e le loro complicità, contiguità, affinità… No. L’Italia non è tutta presa in ostaggio dietro il cancello di una villa di Arcore e non viaggia sotto scorta né tantomeno si lascia frequentare da escort o travestiti.
Al mattino lungo i binari della stazione, tra i pendolari della scuola e del lavoro, siamo un Paese normale. Alla fermata del Tram o al Palazzetto dello Sport, attorno alla tavola della domenica e tra gli scaffali del supermercato siamo un Paese normale.
All’alzare delle serrande del negozio o dietro il rumore di un trattore siamo un Paese normale.
Quando accompagniamo i bambini a scuola o facciamo un po’ di footing nel parco per limitare la pancetta, siamo un Paese normale.
E scopriamo un Paese migliore quando conosciamo organizzazioni di volontariato che si spendono in silenzio per bambini, giovani, disabili, carcerati, anziani. Quando un gruppo di medici decide di turnarsi a Mutoko per curare i figli della fame. Quando nel quartiere tutti si fanno carico di quella vecchietta rimasta sola.
Quando quella mamma dona tutta la sua vita accanto al figlio che un errore sulla strada ha ridotto per sempre a dipendere dagli altri.
Quando una maestra accompagna un gruppo di scolaretti in visita al Ponte di Tiberio e quando il professore non rispetta i ritmi del programma e spende tempo per raccontare del campo di Auschwitz.
Quando un gruppo di giovani s’impegna contro le mafie ricordando il sacrificio di magistrati e poliziotti.
Gente normale senza medaglie e senza copertine lucide sui settimanali. Gente che siede sulle sedie di casa e non è mai stata ospite di un talk show. Gente normale. Gente migliore in un Paese normale.