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Vittima del suo destino

Il soprano Monica Zanettin (Manon) e il tenore Cristiano Olivieri (Maestro di ballo) - Ph Andrea Simi
Il soprano Monica Zanettin (Manon) e il tenore Cristiano Olivieri (Maestro di ballo) - Ph Andrea Simi

Manon Lescaut di Giacomo Puccini proposta in un tradizionale allestimento al Teatro Galli di fronte a un pubblico numerosissimo  

RIMINI, 13 febbraio 2022 – Quattro atti che mettono in scena altrettanti episodi senza tenere conto dei nessi narrativi previsti nel romanzo dell’abate Prévost, da dove è tratta Manon Lescaut, tragica vicenda in cui s’intrecciano passione e morte. Scene ben circoscritte, che si riferiscono a momenti diversi nella breve esistenza della protagonista, lasciandone sottintesi i collegamenti: non importa, perché riescono ugualmente a delineare un capolavoro per merito della musica di Puccini, capace di suscitare emozioni fortissime, che avvincono l’ascoltatore.

Per quello che fu il suo primo grande successo, il trentacinquenne compositore – oltre al proprio intervento – si era avvalso, nella stesura del libretto, di ben sei collaboratori: da Illica e Giacosa a Leoncavallo e Praga, cui si erano aggiunti il critico Domenico Oliva e l’editore Giulio Ricordi. Insomma non nomi qualsiasi, ma il meglio degli scrittori teatrali di quegli anni.

IL soprano Monica Zanettin (Manon) - Ph Andrea Simi
IL soprano Monica Zanettin (Manon) – Ph Andrea Simi

D’altra parte non era il caso di seguire passo dopo passo gli avvenimenti del romanzo, come aveva fatto appena nove anni prima Massenet nella sua Manon: avrebbe significato sottoporsi a confronti imbarazzanti con quello che era diventato un clamoroso successo internazionale. Comunque il musicista lucchese aveva visto giusto e quando Manon Lescaut andò in scena a Torino, nel 1893, divenne subito chiaro che il passaggio del testimone tra l’ormai anziano Verdi e il giovane Puccini era divenuto una certezza.

Una storia d’amore così disperata e struggente, e dunque di grandissima modernità, non poteva che trarre giovamento da una sintetica organizzazione drammaturgica, mentre il rovescio della medaglia è rappresentato dall’impegno richiesto agli interpreti: devono disegnare personaggi che, da un atto all’altro, hanno subito profonde trasformazioni psicologiche, cui corrispondono – aspetto assai più problematico – anche sostanziose modifiche sul piano vocale. Detto in altre parole, ci vogliono cantanti solidissimi e direttori perfettamente consapevoli di quanto c’è dietro a una musica in apparenza legata a scorrevoli melodie, e invece permeata in profondità dagli insegnamenti wagneriani, soprattutto del Tristano. Per questo motivo è un’opera poco adatta a produzioni “di provincia” dove spesso non si hanno a disposizione cantanti di grande carisma.

Nello spettacolo andato in scena al Teatro Galli di Rimini – frutto di una coproduzione con Lucca, Modena, Ravenna, Pisa, Ferrara – e che ha già debuttato nella città natale di Puccini, però si poteva contare sulle ben note qualità dell’Orchestra Cherubini: i suoi meriti sono emersi soprattutto negli ultimi due atti, dall’Intermezzo in poi, quando la bacchetta di Marco Guidarini ha saputo trarre dai giovani strumentisti sonorità suadenti e al tempo stesso drammatiche. Più problematico per il direttore, invece, tenere insieme buca e palcoscenico nel primo atto durante la scena collettiva degli studenti, dove ha una presenza importante anche il coro (qui era l’Arché, preparato da Lorenzo Biagi); mentre nel secondo non si avvertiva con sufficiente chiarezza il brusco scatto fra le convenzionali reminiscenze settecentesche e lo splendido duetto d’amore tra Manon e Des Grieux.

Cantante sempre sicura, il soprano Monica Zanettin si è trovata più a suo agio nell’affrontare la disperazione degli istanti finali che nell’aria In quelle trine morbide, per una voce che manca di quella rotondità necessaria a esaltarne i risvolti sensuali. Il tenore Paolo Lardizzone è andato crescendo nell’arco della recita, passando dalla scrittura più lirica di Donna non vidi mai a un assai convincente Ah, non vi avvicinate!, dove la vocalità di Des Grieux diventa sempre più spinta. Accanto a loro il baritono Marcello Rosiello riesce a imprimere una certa fisionomia a Lescaut, il fratello della protagonista, mentre Luciano Leoni disegna un Geronte ben timbrato ed efficace in scena. Fra i personaggi minori da ricordare il mezzosoprano Irene Molinari, un Musico preciso e garbato; i tenori Saverio Pugliese e Cristiano Olivieri: l’uno impegnato nel ruolo dello studente Edmondo, l’altro nei personaggi del Maestro di ballo e del Lampionaio; e ancora il basso Alessandro Ceccarini, un sonoro Comandante di Marina.

L’allestimento di Aldo Tarabella si avvaleva della scena di Giuliano Spinelli – edifici inclinati con prospettive sghembe, per tanti aspetti simili a quelle cui ci aveva abituato Luca Ronconi – e dei costumi di Rossana Monti, che guardano a un passato sospeso fra sette e ottocento. Nell’insieme uno spettacolo molto rassicurante nella sua impostazione tradizionale.

Giulia Vannoni