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Visionario, umorista, manierista

Cosimo da Castelfranco, al secolo Paolo Piazza, fu un pittore italiano vissuto a cavallo tra la seconda metà del 1500 e il primo ventennio del 1600. Nonostante le sue opere siano custodite nei principali musei di mezza Europa, Paolo Piazza fino a poco tempo fa era un autentico sconosciuto, forse per colpa del generale disprezzo riservato alla pittura manierista. Fortunatamente, ora non è più così e Piazza sta conoscendo la giusta rivalutazione, grazie anche al lavoro dello storico dell’arte e filosofo Angelo Mazza, che nel terzo appunto della rassegna “I Maestri e il Tempo. Arte e Pensiero a Rimini, tra l’Europa e l’Oriente” ha guidato il pubblico alla scoperta di “Fra Cosimo da Castelfranco. Pittore Visionario”.
“Fra Cosimo è un artista che suscita particolare curiosità per lo sfondo di esoterismo e visionarietà che emerge dalla sua produzione e dai suoi interessi di erudito conoscitore delle scienze alchemiche, di predicatore e mistico – spiega Mazza (nella foto)È un pittore veneto, ma dopo un po’ rinnega la sua formazione e non è più riconducibile ad alcuna scuola”.
E infatti Paolo Piazza si formò a Venezia conformandosi alla tradizione pittorica veneziana, ma nel 1597 l’artista decise di entrare nelle fila dei Cappuccini. Con il nome di Fra Cosimo si recò a Praga, dove la corte imperiale era in mano ai protestanti. “Era frequente che i frati cappuccini fossero mandati nelle terre ostili al cattolicesimo in modo che con la loro predicazione riguadagnassero quei luoghi” commenta Mazza. Fra Cosimo esercitò il suo duplice ruolo di monaco-pittore alla corte dell’imperatore Rodolfo II d’Asburgo, personaggio eccentrico e controverso, dedito soprattutto al culto delle arti e delle scienze occulte che convogliò a Praga bizzarre figure a metà strada tra la scienza, la magia e la ciarlataneria. “Fra Cosimo si trovò ad operare in queste condizioni, lui che aveva il compito di diffondere il cattolicesimo attraverso le immagini”. L’impegno controriformistico di Fra Cosimo è ben visibile in opere come l’Adorazione dei Magi, conservata a Innsbruck, dipinto che mostra già uno stile grafico apertamente tedesco: il disegno è schematico, geometrico, le figure sono leggere e il decorativismo è abbondante, spiccano numerosi i gioielli, di cui la corte di Praga era ricca. Prima di rientrare in Italia, nel 1608, Fra Cosimo dipinge Cristo bambino come allegoria dell’obbedienza: sullo sfondo della figura di Gesù Bambino si apre un paesaggio, che se ruotato di 90° diventa il volto di un uomo. In questo caso Fra Cosimo sta giocando con il fruitore della sua opera, proprio com’erano soliti fare a Praga.
Rientrato in Italia, Fra Cosimo fu reclutato da Ranuccio Farnese, duca di Parma e Piacenza. Anche Ranuccio era un personaggio stravagante, superstizioso e credulone, tanto che ricorse spesso a esorcismi e rituali praticati da medicastri e ciarlatani. “In quest’atmosfera si era convinti che le immagini avessero un potere magico ed è quindi facile immaginare l’importanza del ruolo del pittore, cui era conferita la capacità di rendere le rappresentazioni taumaturgiche” spiega Mazza. Non a caso Ranuccio Farnese, che non riusciva ad avere eredi, commissionò a Fra Cosimo la decorazione di una cappellina con la Nascita del Bambino, di cui purtroppo non rimane quasi nulla, in quanto realizzata in olio su muro, tecnica che rendeva molto nell’immediato ma deperibile.
“Fra Cosimo fu pittore dell’ordine e pittore dei principi, una pedina nelle strategie diplomatiche tra l’ordine temporale e l’ordine religioso”. E per quest’ultimo dipinse L’Ultima Cena, conservata nel refettorio del convento cappuccino di Piacenza. Nonostante il committente, l’ordine dei cappuccini, e il luogo cui il dipinto era destinato, Fra Cosimo non rinuncia a un elemento stravagante: le piante dei piedi degli apostoli intorno al tavolo sono mostrate in bella vista, in modo quasi burlesco. La stessa vena umoristica si riscontra in alcuni quadri firmati con una serie di “P”. Si dice che quando fu chiesta al frate la ragione di tale segnatura, lui rispose che significava “Paolo Piazza Pinse Per Poca Pietanza”.
A Rimini Fra Cosimo ha lasciato uno dei suoi ultimi lavori, una grande pala del 1611 intitolata Trinità e i Santi protettori di Rimini, nella quale i Santi Giuliano e Gaudenzio reggono un’antica veduta pittorica della città. L’opera, conservata nella Chiesa di San Giovanni Battista, fu dipinta a Parma e mostra tutti gli elementi acquisiti dall’artista: Cristo è rappresentato come una sorta di eremita, con il profilo aguzzo e senza nessuna bellezza, le figure sono leggere, immateriali, misticheggianti, lontanissime dalla compostezza classica della scuola veneziana. La pala è pervasa da un lusso sfrenato: tutto è fatto con materiali preziosi.
Da Parma Fra Cosimo andò a Roma, chiamato da Papa Paolo V, per cui dipinse affreschi di tipo mitologico, mostrando fino all’ultimo la vena misticheggiante che distingue tutte le sue opere.

Genny Bronzetti