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Vicinanza attiva

Don Gigi Ciotti è da sempre un amico. Lo è per me personalmente come per tanti sacerdoti riminesi, lo è per della nostra Chiesa (per la quale fu testimone ad un’importante Assemblea Giovani già nel 1979). Il rapporto personale con lui nacque attraverso mons. Franco Peradotto, per tanti anni vicario della diocesi torinese, padre spirituale di don Gigi. Don Franco sta agli inizi della storia de il Ponte, tanto che possiamo considerarlo fra i fondatori del giornale. Erano anche i primi anni di vita del Gruppo Abele e don Franco fu il primo estimatore e difensore presso il cardinal Pellegrino di quel giovane prete che aveva scelto di servire gli ultimi, drogati e prostitute. Venne poi l’amicizia con don Benzi. Anche se non erano sempre d’accordo su tutto, pure nutrivano una stima reciproca illimitata. Don Gigi era accanto a me al funerale di don Oreste, quasi nascosto fra noi preti diocesani. La vita ci portò anche a condividere situazioni diverse, come il processo Muccioli (quando lo convinsi ad intervenire su il Ponte) o quando mi confidò il pianto della madre di don Diana, lasciata sola nei primi momenti, quando dopo l’assassinio del giovane prete la Camorra fece credere che dietro ci fosse storia di donne…
Devo essere sincero. Le minacce di morte che gli ha rivolto Riina non mi hanno sorpreso. Del resto è dai tempi del Gruppo Abele che vive sotto scorta, prima per le minacce dei papponi cui strappava le ragazze di strada, poi per quelle ben più serie delle mafie, molto arrabbiate con lui anche per le continue sollecitazioni alla “confisca dei beni” e alla loro destinazione sociale, come dice anche Riina quando afferma “Ciotti, Ciotti, putissimo pure ammazzarlo”. Il mafioso è preoccupato “Sai, con tutti questi sequestri di beni…”.
Non poteva essere altra la risposta di don Gigi: “Per me l’impegno contro la mafia è da sempre un atto di fedeltà al Vangelo, alla sua denuncia delle ingiustizie, delle violenze, al suo stare dalla parte delle vittime, dei poveri, degli esclusi. Al suo richiamarci a una ‘fame e sete di giustizia’ che va vissuta a partire da qui, da questo mondo”.
La Chiesa italiana, attarverso una nota della Cei, ha confermato “ la sua vicinanza e la sua stima per don Luigi in un momento in cui viene fatto oggetto di gratuite intimidazioni e rinnova l’augurio che – sul suo esempio – si trasformino luoghi e situazioni di violenza e di morte in contesti e azioni di vita nuova e di speranza”.
Non possiamo, anzitutto come amici, non aderire a questa “vicinanza”. Ma come ci indica don Gigi, il modo più giusto di affiancarlo è impegnarci nella lotta contro ogni illegalità. Qui, oggi, a Rimini.

Giovanni Tonelli