Home Editoriale UTERO IN AFFITTO Complessità e slogan

UTERO IN AFFITTO Complessità e slogan

Elton John e il compagno David Furnish alla premiere di Rocketman Foto Wikimedia Commons

di Giulia Paola Di Nicola

Di fronte a temi di carattere etico e socio-politico che decidono della vita e del futuro, colpisce la sicurezza di chi ha risposte sicure. La sensibilità contemporanea diffida di chi cavalca fronti di opposte ideologie, per mettere in guardia dal letale sovvertimento dell’etica, sottostimando le conseguenze di scelte che decidono di una pluralità di persone, a cominciare dal nascituro. I fronti contrapposti non sono sempre compatti: ecologisti contro e a favore, femministe contro e a favore, destra e sinistra divise… Intanto pare inarrestabile l’aumentato ricorso alla fecondazione assistita e purtroppo anche alla gestazione per altri, che notoriamente non riguarda solo le coppie gay (negli USA si calcola che sono eterosessuali sette coppie su dieci, con un incremento annuo del 20%).

Non è pensabile che basti un impedimento giuridico a invertire un trend che supera i confini nazionali, incoraggiato da un’opinione pubblica libertaria e da democrazie che si regolano sul conteggio dei voti molto più che sulla qualità delle proposte.

Il linguaggio si materializza e, come nella marxiana ‘forza lavoro’, parla di ‘prodotti selezionati e sicuri’, di ‘clienti’,

di ‘successo delle vendite’. I media documentano la realtà di “bambini oggetto di scambio mercantile”, di donne “fattrici contrattualizzate”, soggette a rischi per la salute a breve e lungo termine, per non parlare delle conseguenze di carattere psicologico ed etico.

Il consenso è spesso non sufficientemente informato. Viene sotto rappresentato il fatto che per innalzare gli indici di successo vengono trasferiti più embrioni nella madre surrogata. Si silenziano i rischi, da non assolutizzare, ma che pur ci sono, di morte di madri surrogate, l’aumento di parti cesarei e il prolungamento della degenza in ospedale (spese sanitarie ospedaliere 26 volte superiori), l’aumentata necessità di cure neonatali intensive, le complicazioni materne e perinatali, come diabete gestazionale, riduzione della crescita del feto, morte prematura, i casi di ipertensione e pre-eclampsia da gestazione per le donne gravide con ovuli di donatrici, la pressione endocranica conseguente al Lupron che prepara la madre surrogata a ricevere il trasferimento di embrioni.

Il mercato, incurante dello sfruttamento delle disuguaglianze sociali e volto a premiare chi paga, incoraggia le industrie, i medici, i benestanti VIP (tra gli altri: Kim Kardashian, Nicole Kidman

, Sarah Jessica Parker, Cristiano Ronaldo, Paris Hilton e fra le coppie omosessuali, Ricky Martin ed Elton John). Solo in India il mercato delle GPA vale oltre 2 miliardi di dollari l’anno e le ‘volontarie’ guadagnano tra gli 8.000 e i 9.000 dollari a gestazione (pari a dieci anni di lavoro di un operaio non specializzato).Quel che sconcerta è che di fronte a simili problemi si proceda per slogan e manifestazioni festosamente inneggianti alla libertà individuale soffocando la legittima domanda: se e fino a che punto è possibile scavalcare la relazione materna naturale affidandola ai due Moloch: scienza e mercato? Sconcerta anche la posizione di non pochi gruppi di femministe ed ecologisti in contraddizione con se stessi: come sipuò sottovalutare il legame donna-madre se per anni ci si è concentrati a studiare la differenza di genere e sul privilegio-potere quasi religioso della donna madre?

Di fronte alle annose contrapposizioni tra natura e cultura, tra oggettività e soggettività, sembra indispensabile domandarsi se, quando e come i legami madre-figlio possono essere scissi senza danno. Il legislatore dovrà usare prudenza e discernimento. Quel che è certo è che se da una parte la natura non va senza l’opera degli uomini e delle donne, dall’altra tutti hanno il dovere di rispettarla e indirizzarla, se non altro perché se violentata, prima o poi si ribella e presenta il conto.