Home Attualita Uomini soli e famiglie povere: la crisi non è ancora finita

Uomini soli e famiglie povere: la crisi non è ancora finita

A pochi passi dal Ponte di Tiberio, sotto le prime luci dell’alba, una persona dorme avvolta in una coperta, sopra uno di quei tavoli normalmente utilizzati per lo svago ed il pic nic. Il viso ed il corpo del senzatetto sono quasi completamente nascosti, come nascosti rischiano di rimanere, agli occhi della città, i tanti poveri costretti a dormire e vivere in queste condizioni. Questa immagine-simbolo scelta per la copertina del Rapporto sulle povertà presentato sabato scorso dalla Caritas diocesana, mette ancora sotto i riflettori tutto il disagio e le difficoltà di chi, nel corso del 2014, ha bussato alla sede riminese di via Madonna della Scala o in uno degli altri centri d’ascolto attivi nel territorio della diocesi. Una carrellata di numeri che non si ferma alla fotografia ma vuole risvegliare il torpore di una città che di questi poveri tende spesso a dimenticarsi.

La buona notizia. Uomini soli e famiglie sofferenti: quando finirà la crisi? – questo il titolo del Rapporto 2014 – fa emergere una realtà a due facce. Una prima lettura, più superficiale, dei dati farebbe pensare che la crisi sta già finendo: complessivamente, infatti, diminuiscono le persone incontrate nel 2014 sia dalle Caritas attive in tutta la diocesi di Rimini (400 in meno rispetto al 2013) sia da altri enti caritativi del circondario (90 senzatetto in meno ospitati alla Capanna di Betlemme e 82 mamme in meno incontrate dai Centri di aiuto alla Vita). Nello specifico, i poveri incontrati dai centri d’ascolto Caritas durante l’anno sono 7.071 contro i 7.455 del 2013. La presenza di utenti nuovi è scesa del 14% rispetto al 2012, segno che le nuove situazioni di emergenza sono diminuite.

Oltre l’apparenza. In realtà, ci sono anche dati “che fanno capire che la crisi non è affatto finita”, come precisa la responsabile dell’Osservatorio della Caritas diocesana Isabella Mancino. “Purtroppo non sono affatto migliorate le condizioni di coloro che erano già poveri, aumentati del 12% nello stesso periodo”. C’è chi ritorna in Caritas per una doccia o un pasto caldo anche doo esserci stato nel 2004 o nel 2009. Per una quarantina di persone il primo accesso registrato al centro d’ascolto risale addirittura al 1998, “a dimostrazione della difficoltà di reinserimento nella società dopo un periodo di povertà”.

I dati più preoccupanti. Dai numeri del Rapporto emergono due seri campanelli d’allarme:
l’aumento dei servizi erogati e il vero e proprio boom degli italiani in difficoltà. “Un esempio eclatante è rappresentato dai pasti forniti – continua Mancino -: la Caritas diocesana ne ha preparati 96.400, 13mila in più rispetto al 2013, mentre la Mensa dei Frati 58mila contro i 54.500 dell’anno precedente”. Complessivamente, sono 41.391 gli interventi effettuati in risposta alle varie emergenze, più del doppio dei 20.068 del 2013. Raddoppiano anche i sussidi erogati, 214mila euro contro i 121mila del 2013 e i 115mila del 2012.
Quanto agli utenti italiani (2.147 nel 2014), nelle Caritas della diocesi sono aumentati del 16% rispetto al 2012, alla Mensa dei Frati del 6%, alla Capanna di Betlemme del 4%. “Quel che emerge – sottolinea la responsabile dell’Osservatorio – non è che la crisi è finita, ma che diversi stranieri hanno deciso di tornare in patria, mentre chi è rimasto si è trovato sempre più in difficoltà, tanto da rivolgersi con più frequenza agli enti caritativi”. Si tratta soprattutto di uomini soli, “ma sono in aumento anche le famiglie con minori, i separati, gli anziani e i giovani disoccupati”.
Gli utenti stranieri (4.869) sono in calo del 5% rispetto al 2012. I rumeni restano in testa, ma sono diminuiti del 13% nell’ultimo anno (da 1.174 a 995). In calo anche gli ucraini (561) mentre cresce la presenza di marocchini (969, +1,4%), albanesi (450, +19%) e soprattutto senegalesi (+108%). Il 2014 ha visto anche l’ingresso di molti profughi: la Caritas diocesana ne ha ospitati 135 per il periodo di attesa del riconoscimento dei documenti (8-9 mesi).

Il disagio delle famiglie. Emerge soprattutto dall’incessante richiesta di sussidi economici per il pagamento di bollette, farmaci e prodotti per l’infanzia. Nell’ultimo anno la Caritas diocesana ha prestato a fondo perduto 100mila euro mentre l’associazione anti-usura Famiglie Insieme ne ha erogati 444mila a 491 famiglie, il 60% delle quali italiane con problemi economici legati alla casa.
Secondo uno studio mirato svolto dalla Caritas, la maggior parte delle famiglie con minori in condizioni di emergenza sono, oltre alle italiane, marocchine, albanesi e rumene. Sono nuclei con entrambi o un solo genitore senza lavoro (e l’altro con contratto precario) e una su tre ha un familiare con problemi di salute.

Senza casa e senza lavoro. Aumentano i senza dimora: la Caritas diocesana ne ha contati 2.500 nel 2014, 200 vivono stabilmente in strada. “La perdita del lavoro – continua Isabella Mancino – è quasi per tutti la causa principale dell’inizio dello stato di povertà: tra i senza dimora interpellati da una nostra indagine, il 70% ha perso il lavoro quattro anni fa”.
Oltre 5.000 sono invece i disoccupati incontrati dalle Caritas della diocesi nell’anno, in 318 hanno fatto domanda per il Fondo per il lavoro istituito da Diocesi e Caritas per il ricollocamento dei disoccupati più a rischio. Grazie a questo fondo (che ha raggiunto 327mila euro di raccolta e che concede alle imprese incentivi fino al 30% del costo dassunzione di un dipendente, per la durata massima di 12 mesi) 35 persone hanno trovato un nuovo impiego. “Il 73% di chi ha fatto domanda non si era mai rivolto prima alla Caritas”. Per la maggioranza sono italiani tra i 45 e 54 anni, coniugati con minori a carico.
Come nella foto che abbiamo scelto per la copertina del Rapporto – conclude il direttore della Caritas diocesana don Renzo Gradara – qualche timido spiraglio di luce sembra farsi strada dopo il buio della notte: non è mancata la solidarietà di molti, si è costituito il Fondo per il lavoro, c’è la speramza di una stagione turistica con più sbocchi occupazionali… Spiragli di luce, però, forse troppo deboli per poter dare risposte rassicuranti a chi, provato dal peso e preoccupato delle prospettive, continua a chiedersi: quando finirà la crisi? Occorre un lavoro di rete – dice don Renzo, appellandosi anche alle istituzioni – per costruire insieme una vera solidarietà. Alla Caritas vorremmo lavorare meno (se ciò volesse dire veder diminuire l’emergenza, ndr.): dateci una mano!”. “Avere le mani pulite è indispensabile – ha aggiunto il Vescovo Francesco citando don Milani – ma non se le teniamo in tasca”.

Alessandra Leardini