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Unità vicina… e lontana

“I santi orientali e i santi cattolici hanno bisogno l’uno dell’altro. I primi sono i santi della contemplazione e della vita interiore. I santi occidentali sono piuttosto quelli dell’azione eroica. Il tratto più importante del santo è l’umiltà, l’obbedienza fino alla morte, nella preghiera e nel martirio. Credo che tra i santi non ci siano divisioni. E questa è la grande ricchezza della Chiesa”. Non è così per gli uomini. Padre Vladimir Zelinskij(nella foto), sacerdote ortodosso (“Sono parroco di una comunità ortodossa. Cerco anche di spiegare la mia fede. Scrivo in russo – mia madrelingua – italiano, francese, inglese”), è stato a Rimini in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.
“Il dialogo ecumenico può esistere per procedere solo con il dialogo o per camminare davvero verso l’unità. I cattolici e gli ortodossi sono oggettivamente vicini gli uni agli altri. In verità la Chiesa è divisa dagli uomini, non da Cristo”.

A che punto siamo in questo cammino di comunione?
“Siamo sempre allo stesso punto, dal tempo della divisione tra Oriente ed Occidente. La Chiesa Ortodossa è una Chiesa tradizionale. “Tradizionale” significa che non solo la fede, ma anche la sua ragione, il suo pensiero, il suo atteggiamento nei confronti dei fenomeni della vita cristiana, delle fedi e delle altre chiese si appoggiano sulla tradizione dei primi secoli. Noi siamo come la prima generazione di cristiani che non avevano neanche la Scrittura, ma solo la testimonianza della parola orale, la speranza, l’attesa del Ritorno del Signore e il martirio. La Chiesa occidentale procede invece sulla sua strada. Ognuna di queste due chiese ha vissuto tanti secoli come se l’altra non ci fosse. Allora per incontrarsi bisogna partire dal riconoscere l’esistenza di un’altra Chiesa, non solo a livello di parole ma anche di vita spirituale. Se continuiamo a parlare dei nostri punti di disaccordo non potremo mai ottenere un buon risultato”.

Quali possono essere le strade per avvicinarsi?
“Preferisco parlare di riconciliazione, che dovrebbe essere anzitutto spirituale. Perché l’incontro non si può trovare a livello razionale (come per esempio gli accordi sull’infallibilità papale). Occorre per noi capire i motivi dell’altra Chiesa, quella cattolica, che ha introdotto dei nuovi dogmi. Bisogna capirsi spiritualmente. Credo che questo avvicinamento o riconciliazione potrebbe veramente servire all’incontro spirituale tra noi. Nel 2007 a Ravenna si è svolto un importante incontro della commissione teologica mista tra ortodossi e cattolici. Le chiese hanno parlato anche del primato papale, del quale – a mio parere – la Chiesa cattolica è stata disponibile a discutere il senso. Questa disponibilità dà tante speranze per il futuro del dialogo, perché i problemi che rimangono più acuti tra Oriente ed Occidente sono proprio l’infallibilità e il senso del primato”.

Il ruolo dello Spirito Santo in questo cammino?
“La teologia dello Spirito Santo è molto sviluppata nella Chiesa orientale. Lo Spirito Santo per me agisce prima di tutto come elemento della sacralità del sacramento, trasformando un elemento terreno in materiale del creato del Regno di Dio. Lo Spirito Santo è la forza che trasforma la nostra vita, la nostra anima, i nostri rapporti con il mondo come realtà del Regno di Dio”.

Cosa pensa della chiesa cattolica e del suo operato in Italia?
“Stimo molto la Chiesa cattolica per il suo sforzo di evangelizzazione, per il sacrificio di tanti giovani uomini e donne che scelgono di seguire Dio nel celibato, nella povertà, nel servizio al prossimo e per tante altre cose. Ma il cattolicesimo, a mio avviso, soprattutto in Italia, in un certo senso è caduto nella trappola che si era preparato da se stesso. Questa trappola si chiama il papismo. Non tanto in senso dogmatico, ma proprio nel contesto della quotidianità, della mentalità popolare diffusa. La figura del papa, a volte, è percepita come se fosse lui l’unico portavoce del cristianesimo, il responsabile per ogni minimo dettaglio. Ma se questo dettaglio non piace all’uomo d’oggi, è proprio il papa che per primo è chiamato in giudizio. Tante volte ho notato che il pontefice viene attaccato per parole che, infatti, non sono sue, ma appartengono al deposito millenario della fede cattolica. Trovo scandaloso, per esempio, la trappola del preservativo, in cui il papa è stato cacciato dai mass media. A mio avviso, il pastore supremo della Chiesa dovrebbe parlare di cose più spirituali e lasciare un po’ di libertà alla coscienza personale. Da un’altra parte, c’è da osservare che il sacramento della penitenza è molto indebolito nella Chiesa cattolica, ove ci si vergogna anche della parola “peccato” (almeno si cerca di evitarla, sostituendola con “i problemi”). Il papa, dunque, deve avere la funzione di padre spirituale di un miliardo di persone, dare indicazioni globali su tutto, piacere a tutti, avere la sua immagine in tutte le case e per le anime pie, ecc. Suppongo che non sia un compito facile per una persona così riservata, profonda ed introversa come Benedetto XVI”.

Come vive la Chiesa Ortodossa la propria presenza in un Paese a maggioranza cattolica?
“Prima di tutto ci sono diverse Chiese ortodosse che si trovano in comunione fra di loro: rumena, russa, greca, serba, ecc. In Italia, per quanto io sappia, ci sono almeno sei diocesi ortodosse canoniche con complessivamente 150-200 parrocchie. La più numerosa e ben impiantata è la Chiesa rumena. Questa nuova situazione che ha prodotto una veloce crescita delle comunità ortodosse in Italia (7-8 volte negli ultimi 15 anni) è la conseguenza della massiccia emigrazione dall’Europa dell’Est. In generale potrei dire che gli ortodossi sono accolti bene. La maggior parte di loro celebra in chiese cattoliche messe a disposizione gratuitamente dalla Chiesa cattolica, come accade qui a Rimini. Certo, non abbiamo gli stessi diritti giuridici per i matrimoni, non possiamo insegnare nelle scuole, ma, forse, il tempo non è ancora maturo per questo”.

Letizia Rossi e Loris Menghi