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Una fraternità che si fa corpo

Liberté, Égalité, Fraternité. Ma nella stessa prima costituzione francesce del 1789, si parla di uomini «liberi e uguali», ma non di «fratelli».

La fraternità manca dalle carte costituzionali rivoluzionarie, perché non è un diritto naturale che si dà in modo immediato come la libertà e l’uguaglianza. Queste possono essere imposte per legge: uno Stato può impegnarsi a fare in modo che i propri cittadini siano liberi e uguali, ma non può in alcun modo imporre che si sentano fratelli.

Scriveva Dostoevskij, sempre molto attuale, che si è fatto un gran parlare di fratellanza, ma questo non ha portato a risultati sul piano pratico, perché l’uomo occidentale vive e si nutre di un «principio personale, il principio dello starsene per conto proprio, dell’autoconservazione intensiva, dell’autosufficienza, dell’autodeterminazione del proprio io personale, della contrapposizione di questo io alla natura tutta e a tutta la restante umanità».

La fraternità dunque ha senso solo se diventa vita. È inutile continuare a parlarne. Bisogna farla, renderla concreta, nella pratica, iniziando da quella quotidiana. Quella che riguarda ciascuno di noi, qui, oggi. Possiamo parlare e annunciare fraternità e uguaglianza, ma se non litighiamo, ci perdoniamo, ci abbracciamo, mischiando il sorriso allo scorrere delle lacrime, siamo nell’ideologia della fraternità senza entrare nell’esperienza della fraternità. Una fraternità dunque che diventa corpo.

Il corpo esprime la concretezza, la fragilità, l’interezza e la concretezza della vita, ci consente di conoscere il mistero della persona che ho di fronte, qui, ora. Se non incontro l’altro nel suo corpo, nella sua persona, nella sua storia, vedo soltanto una folla indistinta, categorie e classi di persone, colori e culture diverse, senza più riuscire a “vedere” Marco, Paola, Abdu… “incontro” soltanto fantasmi, che ho nella testa e non fratelli.

E la proposta del Vescovo in Osare la fraternità, ardire la speranza che riprende il messaggio del Papa Fratelli tutti, va proprio nella direzione di chiamare a raccolta cristiani e uomini di buona volontà non nell’annunciazione, ma nella costruzione di un mondo fraterno, attraverso, come scrive monsignor Lambiasi, la solidarietà (nel concetto di bene comune), la corresponsabilità (non ci si salva da soli), la gratuità (la vita non può ridursi ad un affannoso commercio) e la misericordia (il perdono spezza la catena dell’odio).

E per far capire che non si parla di un buonismo di maniera, ma di una profonda ricerca di “novità” in un panorama plumbeo come quello attuale sia il Papa che il Vescovo dedicano ampio spazio alla voce “politica”.