L’intervista. Case sfitte, affitti alle stelle, persone in cerca di un tetto. Si ipotizzano soluzioni al problema
Basterebbe un numero per descrivere la difficile realtà abitativa di Rimini e provincia: 12.600 case e appartamenti sfitti. Se poi ci aggiungiamo il poco edificante primato degli affitti molto alti (i prezzi del capoluogo lo pongono ad esempio al quarto posto in Italia per valore delle locazioni), le richieste esose per gli studenti universitari e le lunghissime liste d’attesa per gli alloggi popolari, il quadro dell’abitare diventa davvero molto problematico e poco umano.
Provare a rispondere all’allarmante emergenza casa è un tema trasversale all’ordine del giorno. Ed è tra gli impegni principali della chiesa riminese in questo anno giubilare.
La Caritas diocesana è da tempo impegnata su questo fronte, nel tentativo di dare risposta alle tante emergenze. E il suo direttore Mario Galasso è tra i promotori di una risposta integrata e trasversale alla crisi abitativa.
Galasso, la Chiesa di Rimini fa una distinzione tra la “casa con la minuscola” e la “casa con la C maiuscola”. Ci può spiegare la differenza?
“La prima è l’edificio fisico, la seconda una comunità accogliente e di supporto.
L’obiettivo primario della Chiesa riminese è di fornire non solo un alloggio, ma anche un ambiente di relazioni e amore, con un accompagnamento da parte della comunità per favorire l’integrazione”.
Una famiglia senza un tetto sopra la testa, resta però un nucleo senza abitazione…
“Creare un ambiente di relazioni, d’amore e di fiducia che vada oltre al semplice alloggio, al fornire un tetto sopra la testa, è molto importante, e può contribuire in maniera decisiva a ricomporre quella fiducia sociale che è uno dei muri con i quali ci scontriamo oggi. La ritrosia dei proprietari nel concedere abitazioni in locazione è molto generalizzata, per diversi motivi, alcuni dei quali comprensibili. Ma resta un ostacolo. In ogni caso, è fondamentale creare un ambiente che favorisca senso di appartenenza e supporto emotivo.
Ogni individuo ha bisogno di sentirsi parte di una comunità.
Creare spazi comuni dove le persone possano interagire è essenziale per costruire relazioni significative. Un ambiente accogliente contribuisce al benessere psicologico degli abitanti e la presenza di figure di riferimento e di supporto emotivo è cruciale per affrontare le sfide quotidiane”.
Una sorta di accompagnamento da parte della comunità?
“Assegnare mentori o tutor ai nuovi arrivati può facilitare il loro adattamento alla vita nella nuova casa e nella comunità.
Queste figure possono offrire supporto pratico e consigli utili.
Anche offrire corsi di formazione su competenze pratiche (come la gestione del budget, la cucina o la ricerca di lavoro) può aiutare gli abitanti a diventare più autonomi e sicuri”.
Resta aperta la questione del numero di alloggi disponibili, altamente insufficienti di fronte alla domanda. Che fare?
“Abbiamo proposto ad amministratori e politici due percorsi con proposte innovative e strategie. Il primo per soluzioni a breve termine, il secondo che guarda più al futuro.
Per dare risposte più immediate si potrebbe partire con la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente: intervenire su edifici dismessi appartenenti al comune, alla curia o a privati, effettuando interventi di riqualifi cazione mirati per la creazione di alloggi a canone calmierato o con prezzi di vendita convenzionati. Questo approccio è considerato più rapido rispetto a nuove costruzioni.
Un’altra possibilità è relativa all’utilizzo di beni confiscati alle mafie per fini sociali, sollecitando il comune ad agire presso l’Agenzia Nazionale per l’assegnazione.
E ancora la riconversione di alberghi dismessi o abbandonati in alloggi sociali, attraverso un cambio di destinazione d’uso. È necessario però che il Comune emetta una manifestazione di interesse per accelerare questo processo.
Intermediazione di enti terzi, utilizzando un ente terzo (come la parrocchia o la Caritas) che possa agire da garante per i proprietari, facilitando l’affitto a persone fragili. Questo ente potrebbe prendere in affitto gli immobili e poi assegnarli a persone bisognose. Altre strade da percorrere possono essere l’utilizzo temporaneo di terreni, richiedendo al Comune la disponibilità temporanea di terreni per l’installazione di case mobili temporanee, durante il periodo del Giubileo. Questa soluzione potrebbe essere utile anche per studenti, lavoratori e persone in difficoltà. Oltre alla promozione della coabitazione, ispirandosi a modelli nordici si potrebbero valutare campeggi sostenibili per giovani, studenti, lavoratori e persone in difficoltà”.
E le soluzioni a lungo termine, direttore?
“Abbiamo individuato almeno sette strade.
A partire dal leasing abitativo, costruzione di nuovi alloggi, utilizzando terreni di proprietà della Curia o del Comune per la costruzione di alloggi a canone calmierato, seguendo l’esempio del comune di Milano che ha concesso terreni gratuitamente a imprese sociali.
Promuovere lo sviluppo di cooperative di abitazione, creare un Fondo per la casa, allo scopo di sostenere i progetti abitativi e l’erogazione di contributi per l’affitto, sperimentare modelli abitativi innovativi come il cohousing e i condomini solidali, e incentivare autocostruzione e autorecupero: iniziative in cui i futuri abitanti partecipano attivamente alla costruzione e al recupero di alloggi”.

