Home Cultura Un “volo” archeologico con la nuova ala

Un “volo” archeologico con la nuova ala

Visitare un museo è come sfogliare un libro di storia. Si può partire dalla preistoria e arrivare fino alla storia contemporanea, attraversando le diverse epoche. Ora è possibile tuffarsi in questa macchina del tempo anche a Rimini: il 25 giugno, infatti, ha inaugurato la nuova ala archeologica del Museo della Città. Oltre quaranta sale e duemila metri quadrati di reperti inediti, per ripercorrere la storia di Rimini, dalla preistoria fino al tardo-antico.
Entrando nella nuova ala del museo, ci si trova immediatamente a faccia a faccia con una serie di crani appartenuti ai nostri antichi progenitori, dall’australopithecus all’homo erectus. L’itinerario, infatti, allestito in ordine cronologico, prende le mosse da un milione di anni fa, con la presenza dell’homo erectus nella zona di S. Fortunato sul Colle di Covignano, all’epoca lambito dal mare. “Visitando il nuovo ramo, la prima sezione che cronologicamente s’incontra, quella dedicata al paleolitico, è ricca di reperti, i cui ritrovamenti sono iniziati una ventina di anni fa con gli scavi curati dal professor Carlo Peretto dell’Università di Ferrara” racconta Pierluigi Foschi, direttore del Museo. Un percorso, quindi, costruito anno dopo anno e finalmente realizzato grazie ai rinvenimenti delle selci scheggiate e dei primi manufatti prodotti dagli uomini che 8mila anni fa frequentavano Covignano e attraverso i quali “possiamo portare uno stralcio di vita riminese nella storia” continua Foschi. Proseguendo il viaggio nel passato, dal settore paleolitico si passa agli strumenti in pietra levigata e alle prime forme ceramiche, ritrovate a S. Salvatore e risalenti all’ultimo periodo dell’età della pietra, l’epoca neolitica. Lo spazio di un passo, e dal neolitico si entra nel corridoio dedicato all’età del bronzo e alla lavorazione dei metalli. Intere teche riempite con gli oggetti occultati dai commercianti fonditori di 6mila anni fa, che deponevano le loro scorte di metallo in luoghi isolati, i cosiddetti “ripostigli”. A Casalecchio di Verucchio e a Poggio Berni sono stati ritrovati due ripostigli coevi, che oltre a lasciarci una ricca serie di falcetti, fibule, asce e punte di lance, testimoniano un’attività in un’area con scarse testimonianze insediative, ma che di lì a poco vedrà sorgere il centro di Verucchio. E sono proprio i corredi provenienti dalle necropoli villanoviane degli abitanti cresciuti sotto l’influenza di Verucchio, i protagonisti della sala successiva ai “ripostigli”. A Verucchio sono state rinvenute cinquecento sepolture, ognuna delle quali è differente dalle altre in base al sesso e al ruolo che ricopriva in società il defunto. Tra i corredi, ne sono stati ritrovati alcuni consacrati a donne che ricoprivano ruoli di prestigio, certamente non legati esclusivamente all’ambito domestico. Continuando a camminare nel Museo dei reperti e delle memorie, è possibile scoprire i prodotti delle genti che tra il VI e il IV secolo a. C. hanno frequentato la valle e la foce del Marecchia, prima che Rimini diventasse Rimini e quando l’acropoli era Covignano: produzioni etrusche, umbre, greche, celtiche e non solo. “Fatta eccezione per la sezione paleolitica, tutto il resto del materiale esposto era custodito da più di 100 anni nel deposito del vecchio museo – rivela il direttore del Museo – Abbiamo in questo modo portato a compimento una storia che parte dal 1872, quando Luigi Tonini aprì la prima sezione di quello che sarebbe diventato il Museo della Città”.
E così, di sala in sala, si giunge fino al 268 a. C., data della fondazione della colonia di diritto latino di Ariminum, che svela il suo volto dall’età repubblicana fino all’Ariminum imperiale, come colonia rifondata da Augusto. L’ampia sezione dedicata alla Rimini romana di età repubblicana mostra fieramente frammenti di altari domestici e ceramiche dedicate agli dei, lucerne, vasellame da mensa e da cucina, pesi da telaio, reperti provenienti dalle tombe sotto il vecchio consorzio agrario e dalle necropoli lungo la via Flaminia. Sul colle di Covignano, già all’epoca luogo di vocazione culturale, sono stati reperiti otto capitelli da sotto la chiesa di San Lorenzo in Monte e una testa in marmo greco di divinità femminile, anch’essi esposti nella nuova area del museo. La città augustea, invece, mostra con orgoglio i raffinati pavimenti musivi, un patrimonio finora “nascosto” o poco conosciuto. Sfogliando le pagine del Museo della Città, invece, è possibile riportare alla memoria, ammirandoli, gli eleganti mosaici delle Domus di palazzo Massani, dell’ex Vescovado e del Mercato Coperto. Insieme agli arredi e alle suppellettili, i mosaici evocano il tenore di vita nelle dimore tardo antiche all’apice del loro splendore, ma mostrano anche i segni della rapida decadenza, preludio dell’abbandono intorno alla metà del VI secolo, al tempo della guerra fra Goti e Bizantini, che sigla il passaggio dalla romanità al medioevo. “Per potersi dire veramente completo, al museo manca la sezione medievale, dato che ora il percorso si conclude all’epoca tardo-antica, e i fossili” puntualizza Foschi. Ancora un paio di capitoli, dunque, per poter leggere la storia di Rimini integralmente, attraverso il Museo della Città. Ma il traguardo raggiunto è davvero notevole perché i musei, come i libri, godono di eternità, e ora Rimini ha finalmente reso immortale la sua storia. “Sono trent’anni che lavoriamo all’ala archeologica, progettata sin dalla prima apertura del museo negli anni ’90. Ora finalmente siamo riusciti a restituire ai riminesi questo pezzo importante del loro passato” conclude Foschi.

Genny Bronzetti