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Un tessuto umano-sociale da costruire

Alla fine dell’estate è stato nominato parroco di Miramare don Giovanni Vaccarini, tornato dall’esperienza della Missione diocesana in Albania e rientrato in diocesi nel giugno scorso. Entrare all’inizio dell’anno di vita pastorale non è davvero facile, ma l’accoglienza della comunità parrocchiale, e in modo particolare di tutti gli operatori pastorali, è stato sicuramente il dono più bello per incominciare una nuova esperienza.

Ora don Giovanni, con la sua nuova Comunità, deve prepararsi alla Visita Pastorale… non senza difficoltà, dato il breve tempo concessogli per la conoscenza della nuova realtà.
“Forzando un po’ i tempi, – confessa don Giovanni – con l’aiuto del Consiglio Pastorale Parrocchiale e di qualche suggerimento di mio fratello don Giuseppe, siamo riusciti a mobilitare i parrocchiani per questo incontro col Vescovo, e siamo riusciti anche a stendere una sia pur incompleta relazione. Insomma, mi sono limitato alle cose essenziali, ordinarie e più urgenti della vita della parrocchia”.

Per ben due volte ti sei trovato a “inseguire” tuo fratello Giuseppe: prima in Albania e ora qui a Miramare. Lo segui per riparare i suoi guasti o per imparare da lui a fare il parroco?
“Né l’una né l’altra cosa. Di guasti non ne ho trovati e il parroco ho imparato a farlo da solo e prima di lui, a Riccione e alla Sacramora. Tutt’al più possiamo aver creato qualche confusione coi nomi, nella gente che non ci conosce bene”.

Generalmente una delle prime cose che un nuovo parroco si preoccupa di fare è di conoscere la storia e le principali tradizioni della parrocchia a lui affidata.
“È quello che ho cercato e cerco di fare anch’io. Intanto ho scoperto che la parrocchia del Sacro Cuore di Gesù di Miramare nel 2011 ha compiuto 50 anni. Nata come un piccolo paese, oggi include circa 8.000 abitanti, sparsi su un territorio vasto e disomogeneo: una zona per il turismo e un’altra per i residenti. Infatti comprende tutta una zona turistica sul mare a nord della ferrovia, tra Rivazzurra e Riccione, costituita prevalentemente da alberghi, residence ed esercizi commerciali stagionali, mentre quasi tutta la popolazione vive praticamente a sud della ferrovia, fino alla Statale Adriatica.
Mi riferiscono che nel corso degli anni la popolazione è molto cambiata: di vecchi miramaresi e loro discendenti oggi se ne contano davvero pochi. La nostra realtà è fatta di tanta gente che transita per poco tempo nella nostra parrocchia e che viene da tanti luoghi diversi.
Negli anni passati il transito era legato soprattutto al personale dell’aeroporto militare, mentre oggi è dovuto al lavoro stagionale o comunque a persone che arrivano in cerca di occupazione, sia dall’Italia che dall’estero”.

Sappiamo, anche per l’esperienza di tante altre parrocchie, che la fascia costiera è segnata da particolari problemi pastorali e dalla “schizofrenia” estate-inverno. Quali sono gli aspetti più problematici di questa parrocchia?
“Miramare rappresenta l’estrema periferia di Rimini e la sua chiesa è fisicamente soffocata fra alberghi e palazzi, senza spazi intorno per far giocare bambini e ragazzi. Attualmente possiamo usufruire solo del piazzale della chiesa, quando non è occupato da auto in sosta, e di un campetto da basket/calcetto che durante l’estate ci viene tolto perché utilizzato dai proprietari come parcheggio. Negli ultimi anni avevamo a disposizione anche un piccolo spazio verde adiacente alla chiesa, ma purtroppo i proprietari hanno destinato anche questo spazio a parcheggio. Come è ovvio, durante l’estate la nostra parrocchia si svuota di miramaresi e si riempie di turisti. Molti operatori pastorali sono impegnati in attività estive (bagnini, albergatori, commercianti, lavoratori stagionali…) e quindi tutte le attività pastorali subiscono un forte rallentamento”.

Hai parlato di pochi miramaresi doc e di molte persone in “transito”. Ciò comporta anche una difficoltà pastorale e un rischio per l’identità parrocchiale.
“È proprio questo il problema di fondo che dobbiamo tenere presente. La situazione è estremamente cambiata rispetto agli anni d’oro della parrocchia. A noi è richiesto un impegno immediato per ricostruire il tessuto sociale e umano della nostra realtà… L’aumento della popolazione non italiana, la mobilità delle persone in transito per diversi motivi, la perdita del Quartiere, la lontananza fisica della chiesa, molto vicino alla spiaggia e troppo lontana dalla zona residenziale… tutte condizioni che richiedono un impegno più forte per ricompattare i battezzati e aiutare soprattutto i più lontani a sentire la loro appartenenza alla comunità cristiana. Per affrontare il disagio nella sua totalità dovremo recuperare alcuni strumenti concreti usati in passato, come la suddivisione della parrocchia in contrade, la promozione dei Centri di Ascolto, gli incontri di zona, le attività nelle vie…”.

E tuttavia la parrocchia c’è e vive già oggi i suoi momenti formativi e di fede.
“Quest’anno il tempo più prezioso di riflessione e revisione (da giugno a settembre) per tutti gli impegni e soprattutto per la programmazione della catechesi, è stato bruciato e ha sofferto per i vari passaggi. Per quanto riguarda lo specifico della catechesi, momentaneamente, fino alla Prima Comunione, seguiamo la catechesi del Buon Pastore; nel cammino successivo è proposta l’ACR. Dopo la Comunione i ragazzi dello Scoutismo vivono all’interno del gruppo il loro cammino di fede. Per gli anni precedenti alla terza elementare stiamo cercando di recuperare almeno la seconda elementare e anche la prima, coinvolgendo soprattutto i genitori.
Il coinvolgimento e il sostegno dei genitori è sicuramente la preoccupazione più importante, anche se per la realtà della parrocchia non è facilmente realizzabile. Alcune esperienze positive sono già state vissute anche nell’anno passato, cercando di non fare solo momenti formativi, ma di far respirare ai genitori un clima più famigliare e di comunità”.

Per sentito dire, anni addietro un punto di forza di questa parrocchia erano i gruppi familiari. Come stanno oggi le cose?
“I gruppi delle famiglie degli anni passati non esistono più… per lo meno non più come gruppo definito. Quelle stesse persone sono oggi quasi tutte impegnate in parrocchia come operatori pastorali. Però la volontà di ricominciare con un’apertura diversa, un respiro più ampio, trovando soprattutto delle persone di riferimento diverse dal sacerdote e non impegnate in altri servizi in parrocchia, c’è e speriamo che giunga a buon fine.
L’obiettivo famiglia è un obiettivo che ci poniamo, soprattutto partendo dalle famiglie dei bambini che sono in cammino di fede, negli anni dl catechismo. Le esperienze che stiamo facendo ci fanno intravedere il desiderio ed anche la disponibilità di mettersi in gioco di tante famiglie e questo ci fa ben sperare”.

Hai già accennato alle difficoltà pastorali su un territorio disomogeneo, su una popolazione in transito… e tuttavia gesti e segni significativi la parrocchia ne pone…
“Il lavoro più grosso che si sta facendo è con il gruppo Caritas, soprattutto nel Centro di Ascolto e nell’aiuto concreto a tante famiglie, non solo straniere. Il servizio educativo e formativo nella parrocchia è svolto in modo particolare dall’Azione Cattolica e all’Agesci, (nata ufficialmente come Rimini 10 il 23 settembre scorso dopo un lungo cammino di preparazione) che esprimono una bella vitalità nel campo educativo con un numero consistente di ragazzi e la volontà di essere uno stimolo per il territorio.
La collaborazione con tutte le attività del territorio, cominciando dalla scuola, è sempre al massimo livello (presepe vivente, disponibilità degli ambienti parrocchiali, collaborazione a livello educativo, GET), anche se nel passato, soprattutto a livello culturale, le iniziative erano molto più numerose. Poi mettiamo attenzione alla Terza Età attraverso gli incontri del lunedì, in cui gli anziani coinvolgono anche i giovani per imparare i lavori tradizionali dell’artigianato.
Un’altra presenza significativa sul territorio è l’attenzione agli ammalati attraverso il legame con i Ministri, che portano la Comunione e li sostengono spiritualmente e umanamente.
Anche attraverso lo strumento del giornalino parrocchiale La Campana del Villaggio cerchiamo di stare sul territorio e farci carico dei problemi della gente, anche se tutta la realtà degli immigrati richiede una risposta molto più vasta.
Purtroppo dobbiamo anche segnalare che, con la soppressione della sede del Quartiere n.3, la realtà sociale si è sentita un po’ abbandonata, tenendo conto anche di una certa presenza della camorra, sviluppatasi dagli anni ’70”.

Non possiamo lasciare Miramare senza accennare alla presenza delle Suore.
“Già, è più che doveroso. A Miramare ci sono due istituzioni religiose: la più conosciuta è quella delle Sorelle dell’Immacolata, conosciuta anche come Suore di don Masi o semplicemente di Miramare; ma ci sono anche le suore benedettine Riparatrici del Sacro Volto. A livello pastorale è sempre stata molto positiva la presenza delle Sorelle dell’Immacolata (catechesi, liturgia, ministeri), mentre le Suore Riparatrici del Sacro Volto non hanno un apporto specifico nel lavoro parrocchiale”.

Egidio Brigliadori