Un sì alla vita detto per 91 volte

    Novantuno sì alla vita. Novantuno donne che avevano deciso di interrompere la crescita di quella creatura che aveva trovato posto nel loro grembo, ma che dopo un colloquio hanno deciso di accogliere la vita e non di debellarla. Novantuno sì frutto anche della collaborazione che in questi anni si è instaurata tra le associazioni pro life e l’Ausl.
    “Purtroppo, però – sottolinea con amarezza Franca Franzetti del Servizio Maternità Difficile della Papa Giovanni XXIII – gli aborti sono ancora tanti, troppi”.
    816 nel 2009: 427 donne italiane e 389 donne straniere.
    “Oggi la società non vuole sentire nemmeno la parola aborto, tant’è che per turbare meno le coscienze si usa dire interruzione volontaria di gravidanza. Ma il termine interruzione indica qualcosa che prima o poi può essere ripreso, in questo caso no, è aborto e basta”.
    Un tema caldo, quello dell’idv, che nel 2008 ha portato le associazioni pro life, l’Azienda sanitaria e gli Enti locali a firmare un protocollo d’intesa volto alla creazione di una serie d’iniziative e al monitoraggio dell’attività svolta. Nell’ambito di questa sinergia è nato anche un importante opuscolo informativo rivolto alle donne per informarle in maniera semplice e completa.
    “L’abbiamo distribuito in 10mila copie in tutta la provincia – spiega Daniela Daniele, dottoressa del percorso nascita Ausl – e in questi due anni di vita il riscontro è stato più che positivo tanto è vero che molte donne sono arrivate da noi proprio tramite questo piccolo manuale”.
    Ad affiancare l’opuscolo l’Azienda sanitaria, lo scorso anno, ha inaugurato un gruppo appartamento “Seconda Stella a destra” in via Giuliano da Rimini per accogliere tutte quelle mamme che una volta superata l’idea di abortire decidono, nonostante i problemi sociali e familiari, di mettere al mondo il loro cucciolo e prepararsi con l’aiuto di psicologi e assistenti sociali ad un percorso autonomo. All’esperienza dell’Ausl si aggiunge il lavoro costante delle associazioni di “Il nostro obiettivo – sottolinea Rita Volponi, presidente del Movimento per la Vita «Alberto Marvelli» – è quello di promuovere la cultura della vita, dal concepimento alla morte naturale. Nel nostro piccolo offriamo progetti Gemma o Perla in grado di dare un sostegno economico concreto alle mamme”.
    Di fondamentale importanza è anche il servizio svolto dal Centro di Aiuto alla Vita.
    “Lo scorso anno abbiamo supportato 240 mamme e 99 bambini – commenta Anna Albini – purtroppo con la crisi la mole di richieste è aumentata, soprattutto ci vengono chieste pappe, pannolini e corredini. La situazione è davvero critica perché molte famiglie si ritrovano senza lavoro e a rimetterci sono i figli”.
    Non solo concreto ma anche affettivo è il supporto della Papa Giovanni XXIII che si prende cura delle gestanti in difficoltà accogliendole in famiglia o in case-famiglie per tutto il tempo necessario a trovare una propria indipendenza.
    “Negli ultimi due anni – racconta il responsabile del Servizio Maternità Difficile della Papa Giovanni XXIII, Enrico Masini – abbiamo incontrato 30 donne incinta: 27 erano sole e 11 avevano un marito o un compagno. In questo modo sono potuti nascere 34 nuovi bimbi”.
    Spesso le donne con una gravidanza non desiderata sono soggette a molte forzature, da parte del datore di lavoro, dei genitori, dei compagni, dei mariti, e si sentono confuse, spaventate. E proprio in questo frangente il lavoro dell’assistente sociale, che fanno da tramite tra il consultorio dell’Ausl e le varie associazioni, diventa fondamentale.
    “Sono ormai ventidue anni che svolgo quest’attività – spiega Elisabetta Pillai – e di storie e situazioni assurde ne ho viste. Ma la cosa più difficile di tutte è creare e dare autonomia alla donne che, dopo aver partorito, si trovano in totale solitudine. Mi viene in mente una storia di poco tempo fa che mi ha davvero colpita. Un giorno al Consultorio è arrivata una 25enne del Nord Africa, con lei c’era anche il marito. Voleva abortire. Parlava poco l’italiano e al suo posto traduceva il marito. Grazie all’aiuto di una mediatrice culturale siamo riuscite a rimanere sole con lei e, finalmente, in piena libertà, ci ha fatto capire che quel bambino lo voleva tenere. Purtroppo il marito l’ha abbandonata e noi abbiamo creato un progetto ad hoc per sostenerla durante tutta la gravidanza. Oggi ha una bimba bellissima e stiamo tentando di renderla una mamma autonoma a tutti gli effetti”.
    Una mamma, una delle novantuno che hanno detto di sì alla vita rifiutando la morte di una creatura indifesa.

    Marzia Caserio