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Un prete che non conosce il peccato originale

“Un prete che non conosce il peccato originale”: questa espressione colorita e paradossale di un confratello esprime bene l’anima e la vita di don Luigi Riva. Davvero il suo modo di rapportarsi alle persone, ottimista e senza pregiudizio alcuno, capace di cogliere solo il bene presente nell’altro, faceva pensare che non credesse al limite che per il peccato delle origini è presente in tutti. O, almeno, che non ne tenesse conto.

Don Luigi è nato a Besana in Brianza nel 1921 e si è trasferito a Rimini da giovane seminarista, compagno di classe di don Oreste Benzi, padre Mario Bianchi e altri confratelli già in cielo e di don Dino Gabellini, ultimo superstite di un gruppo di preti davvero affiatato e di alto profilo. Ordinato sacerdote il 29 giugno 1949 subito fu inviato dal vescovo mons. Luigi Santa a Valle Avellana di Sassocorvaro, estremo lembo della diocesi di Rimini in territorio marchigiano. Da allora don Luigi è sempre rimasto lassù, a condividere momenti di festa e momenti di dolore della sua comunità, avviata ad un declino numerico addirittura drammatico negli anni ’60 e comunque mai arrestatosi.

Ha senso restare per oltre 60 anni in una parrocchia di campagna, piccola e così lontana dal centro diocesi? Certamente oggi, con le mutazioni vertiginose in cui tutti siamo coinvolti, non sarebbe più possibile e neppure sensato. Eppure don Luigi ha saputo trasformare in gesti sacerdotali le piccole azioni quotidiane aiutando in tutti i modi coloro che nella sua parrocchia e in quelle limitrofe avevano bisogno. Essendo in terra di confine, don Luigi lo superava continuamente, non solo in senso materiale ma con tutto se stesso. Infatti il suo cuore, grande e semplice, non conosceva confini di parrocchia, di diocesi e di provincia. Eppure, nonostante ciò, don Luigi ha sempre mantenuto un forte legame con la sua diocesi di Rimini: partecipava agli incontri di presbiterio, a quelli di vicariato e a quelli informali dei confratelli preti e restava sempre aggiornato sulla vita della diocesi e della Chiesa intera. D’altronde il tempo non gli mancava.

Quando nel 1996 gli fu proposta una sorta di gemellaggio tra la parrocchia di San Lorenzo di Riccione e quella di Valle Avellana per la ristrutturazione e la gestione degli edifici della parrocchia ormai fatiscenti e avviati a sicura rovina, accettò col consueto entusiasmo, anche in contrasto con le comprensibili paure e ritrosie di alcuni suoi parrocchiani. Anche in questo si dimostrò un profeta, favorendo l’inizio dell’avventura del recupero di Valle Avellana e di S. Maria in Silvis e della presenza di centinaia e centinaia (anzi migliaia) di bambini, giovani e adulti che hanno scoperto un angolo stupendo del nostro territorio e una popolazione dal cuore grande e semplice; proprio come il suo.

Il suo funerale è stato un trionfo di amore e di semplicità. Proprio come la sua vita è stata un trionfo di cose piccole diventate grandi e di cose grandi diventate piccole: “Ha rovesciato i potenti dai troni e ha innalzato gli umili”. In fondo questo è il modo di ragionare di Dio, al di là degli schemi talvolta troppo perfetti di tanti o di troppi. E’ il trionfo di un bambino di 92 anni che ha saputo tradurre in modo originale e largamente imprevedibile il Vangelo di Gesù. Grazie, don Luigi.

don Tarcisio Giungi