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Un poeta al Centro per una relazione in versi

Che ci fa un poeta – e prof. di estetica – al timone di un centro come il Pio Manzù?
“Si, può sembrare strano o divergente dai miei interessi. Soprattutto se si pensa alla più recente attività svolta dal Centro, o alla grande stagione anni ’70-’80, tutta illustrata dalle relazioni tra società, politica, industria; ma l’impressione di stranezza cessa nel momento in cui si pensa alla prima e originaria vocazione per cui l’Istituto è nato, il binomio tra Orfeo e Prometeo, cioè tra cultura umanistica ed economica, binomio che oggi si ripresenta. Bisogna ricordare pure la vocazione maggiore del Manzù, ossia quella di un «centro ricerche sulle strutture ambientali», che ha avuto presidenti e consulenti come Roger Caillois, Luciano Anceschi, Lewis Mumford, Silvio Ceccato.
Il mio rapporto con il Centro non è poi estemporaneo. Dalle prime collaborazioni alla consulenza per due edizioni delle Giornate (Il corno di Heimdall, 2002, e L’economia del nobile sentiero, 2003) fino all’ingresso nell’Assemblea dei Soci e questa Presidenza”.

La palma e l’abete, il titolo 2013, è una bellissima immagine e metafora di un certo modo di intendere i rapporti tra persone ed etnie diverse.
“Si tratta di un’immagine che ha il merito di corrispondere all’idea motrice di questa 44ª edizione, ossia quella di riconoscerci e accettarsi – civiltà, antropologie, culture, spiritualità – come figli del Mediterraneo e fratelli che molto spesso si scontrano, mormorano l’uno contro l’altro perché dimenticano di appartenere a una «comunità di destino» – per usare le parole di Morin e Ceruti, tra gli invitati al convegno – ma che tutti ci lega e condiziona. Non si può parlare di economia o di finanza senza presupporre in parallelo un’antropologia, una fratellanza, una conoscenza intelligente gli uni degli altri. Non ci sono né Caini né Abeli in questa storia, tutti noi siamo a volta a volta, sia gli uni sia gli altri”.

Il numero due dell’Onu, il sindaco di Lampedusa. Quali saranno i personaggi chiave dell’edizione 2013? E gli incontri cardine?
“La tastiera, direi la polifonia delle voci che la conferenza annuale del Centro attira a Rimini, è ampia. Vi figurano personalità di governo, altre che la vivacità del tempo reale richiama da qualche zona di emergenza come Lampedusa, la Siria, o una qualsiasi delle nostre città. Poi ve ne sono altre ancora, oltre le emergenze del tempo reale. Ecco allora le figure scientifiche – come il Nobel per la chimica Molina, il più grande climatologo vivente; o come la giovane ricercatrice Mazzolai, coordinatrice del Centro di micro-robotica dell’Istituto italiano di Tecnologia, il cui lavoro è molto seguito da parte di molti settori tecnologici futuri. E vi sono artisti come il grande scrittore tunisino Abdelwahab Meddeb, o il maggior poeta italiano, Giuseppe Conte; esperti della «creatività» applicata nei campi dell’innovazione e gestione come Hubert Jaoui, e personalità del dialogo tra culture e religioni, come il sociologo Cassano e il Presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche in Italia, Izzedin Elzir”.

È pure previsto un incontro sulle fedi nel mondo.
“Due presenze forti del mondo cattolico sono Lucetta Scaraffia e l’Arcivescovo Domique Mamberti, Segretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati. Ma anche gli islamici presenti, come il redattore della rivista Confronti, Moustafa El Ayubi, l’Imam Izzedin Elzir, e Abdelwahab Meddeb, sono molto sensibili agli elementi cristiani e cattolici del dialogo”.

Il mondo arabo è sempre in subbuglio. Che ruolo può giocare il Pio Manzù anche in relazione all’Europa?
“Il Centro Pio Manzù può svolgere, come già in passato, un grande ruolo di ponte verso il Mediterraneo e le regioni arabe. D’altra parte, quelle stesse regioni, i protagonisti economici di esse, della finanza, orientano sempre di più i loro sguardi verso l’Europa e l’Italia. Sicché un Istituto non governativo come il Pio Manzù (ma con un preciso status a esso conferito dall’ONU), può rivelarsi molto interessante in prospettiva. Il futuro di un dialogo tra Europa e Mondo Arabo non si scrive in astratto, ma come sempre sulle tavole degli esseri di buona volontà”.

Paolo Guiducci