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Un indigesto padre della cucina

Un’orgia bulimica, un accanimento enogastronomico che, paradossalmente, rischia di allontanare dalla cultura del gusto, quello che si assapora con tutti i sensi: dalla vista all’odorato fino alle papille gustative. Un gusto che riconcilia con le origini, con l’appartenenza a un territorio e ai suoi valori gastronomici. Incolore e insapore. Sapori, saperi, usi, ricette e riti, stili di vita, consuetudini e tradizioni del mangiare in realtà, come sostiene l’Accademia Italiana della cucina, sono quell’insieme dei valori “che anche attraverso la tavola un popolo si tramanda, rinnovandoli continuamente, che ne costituiscono identità culturale”. Se la salvaguardia di un gusto è elemento essenziale dunque alla difesa non solo della civiltà della tavola “ma all’identità stessa di un popolo”, desta una certa sorpresa la notizia che un “padre della patria” come Pellegrino Artusi venga processato a causa della sua cucina, dichiarata obsoleta e quindi d’intralcio alle novità culinarie che dovrebbero accompagnare il melting pot socio-culturale che avanza.
E invece l’Artusi in padella, pardon alla sbarra ci finisce per davvero nel tradizionale “Processo” storico del 10 agosto, in programma a Villa Torlonia, a San Mauro Pascoli: qui (alle ore 21) si affronteranno una pubblica accusa e una difesa, entrambe composte da storici, saggisti e chef stellati, mentre il verdetto sarà emesso dal pubblico presente munito di paletta. Organizzato da Sammauroindustria, associazione pubblico privato del paese nativo di Giovanni Pascoli, il Processo nelle sue tredici edizioni ha già visto alla sbarra personaggi che hanno fatto la storia della Romagna (e non solo) come Mussolini, Mazzini, Secondo Casadei, Garibaldi, Badoglio e la stessa cucina romagnola.
Questo Processo al riconosciuto padre della cucina italiana risulterebbe ancor più indigesto perché lo costringe a sedersi sullo stesso banco degli imputati che dodici anni fa vide assolto il suo nemico di sempre, Stefano Pelloni, il “Passatore” declinato “cortese” dalla poesia del Pascoli, il brigante che sconvolse per sempre la vita dello scrittore, gastronomo e letterato. Nell’incursione del 25 gennaio 1851 a Forlimpopoli, paese natale dell’Artusi, il Passatore prese in ostaggio, nel teatro della città, tutte le famiglie più in vista, rapinandole una ad una. Tra queste vi era anche quella di Artusi. I banditi, non soddisfatti, stuprarono alcune donne, tra cui Gertrude, sorella dell’Artusi, costretta in manicomio a causa dello shock subito.
Tornando a pentole e fornelli, di cosa è accusato il Pellegrino autore de La Scienza in cucina e l’Arte di mangiare bene, il libro è che ha fatto l’unità d’Italia a tavola? L’interrogativo è se sia ancora moderno o non già superato. Non viene messo in dubbio il suo essere il padre della cucina italiana ma la sua capacità di stare al passo coi tempi, proprio lui che asseriva, tra un pollo in porchetta e un minestrone, che “molte volte per andare avanti bisogna tornare indietro”.
“Ce le vedete voi oggi il suo Manuale in un’epoca che ha sempre fretta e che ha fatto del web la sua nuova religione?”. L’accusatore Alfredo Antonaros Taracchini, esperto enogastronomo, autore e conduttore per Rai e RadioUno, riviste e quotidiani, non ha dubbi: “Artusi non è più moderno e attuale, anzi probabilmente è del tutto superato. Non per colpa sua, bensì perché i tempi sono cambiati, in primis il rapporto col cibo”. Quel suo metodo scientifico applicato in cucina, dove ogni ricetta è frutto di prove e sperimentazioni, non può bollire tra i fornelli del XXI secolo.
“Rigenerare le tradizioni partendo dalle basi, è parola d’ordine della nosra cucina.– spiega Michele Andruccioli, titolare del ristorante «La Rocca» di Verucchio che fa parte della «Via Artusiana» – Come si fa a mettere in soffitta uno come Artusi che ha posto le fondamenta reali della cucina italiana? Oggi le ricette più apprezzate dal pubblico, sono quelle firmate da mia nonna Margherita, l’iniziatrice del ristorante, come la faraona nella pentola di coccio o la crema dell’arzdora”.
Anche lo scrittore ed enogastronomo riminese Piero Meldini si schiera dalla parte dell’Artusi. “L’Artusi è attuale per la sua idea di cucina, che non è affatto, come molti credono, una cucina di campanile, esclusivamente legata alla tradizione romagnola, ma è invece una cucina eclettica, aperta all’Italia e al mondo”. E non va trascurata la capacità dell’Artusi di coniugare piacere e salute, la sua “scrupolosa chiarezza e l’ineccepibile livello tecnico delle sue ricette e gli utilissimi consigli che porge ai cuochi provetti, frutto della sua lunga esperienza”, su e giù per l’Italia del gusto. Non sarà, azzarda Meldini, che i gravi indizi di colpevolezza sostenuti dall’accusa, siano un’indiretta risposta anche a un certo modo di intendere la figura dello chef, con l’Artusi esemplarmente modesto, e “così lontano dal narcisismo delle star televisive dei fornelli”, che oltre un secolo fa Artusi aveva etichettato come “cuochi da baldacchino?”.

Paolo Guiducci