Home Attualita Un avvocato per amico

Un avvocato per amico

Sono conosciuti per essere costosi, pungenti e talvolta cinici, complice certa cinematografia americana. Eppure ci sono avvocati disposti a spendersi gratuitamente per offrire prestazioni professionali a chi non se lo può permettere. Lanterne di capitale sociale. Solidarietà al posto della parcella. A Rimini esistono due realtà che si occupano di assistenza legale ai più deboli: l’associazione Avvocati Solidali e la .
“La situazione è peggiorata negli anni i casi sono sempre più drammatici e frequenti, e lo dico non solo in base all’esperienza di volontariato, ma anche alla professione ordinaria, occupandomi di immigrazione. L’economia sfavorevole ha dato il via ad un circolo vizioso. I fornitori, a loro volta non pagati, non pagano; le aziende si ritrovano i conti in rosso; i datori di lavoro licenziano; i dipendenti stranieri non pagano l’affitto, diventano morosi e perdono il permesso di soggiorno. È un contesto schizofrenico e offuscato: tra gli imprenditori non si capisce chi soffre veramente e chi fa il furbo”.

A rimetterci sono i più deboli.
“Morosità. Status di irregolari. Tutto è legato alla crisi economica. Rimini è al primo posto in Italia per numero di sfratti con un valore doppio sulla media nazionale (uno ogni 153 famiglie contro le 353 nazionali, ndr). Casa, lavoro e permessi di soggiorno sono le principali problematiche che trattiamo e sono collegate tra loro. Oltre alle vicende familiari, come coniugi che non pagano l’assegno di mantenimento”.
C’è un cliente tipo?
“In strada c’è di tutto, difficile parlare di categoria unica. C’è chi non viene retribuito sul posto di lavoro, e in questo caso li indirizziamo ai sindacati; o chi ha problemi penali, e lo aiutiamo a trovare un difensore d’ufficio. A volte ci occupiamo semplicemente di orientarli, spiegare loro cosa sta capitando, il perché di una certa notifica. Per posta ricevono documenti che non sanno interpretare, li ignorano e si ritrovano in carcere perché non conoscevano i loro diritti e doveri”.
Come si assiste uno straniero irregolare?
“L’importante è creargli attorno un progetto d’inserimento e non pensare soltanto a dargli un tetto per qualche giorno. Però il lavoro è difficile, perché le leggi italiane sono complicate e restrittive: è un sistema rigido che favorisce la formazione di clandestini, di cui lo Stato poi non sa occuparsi: emana provvedimenti di espulsione, ma non sa applicarli. Questi rimangono sul territorio e continuano a rappresentare una criticità”.
La sensazione è che sul tema dell’immigrazione regni una grande confusione, a partire dall’opinione pubblica. Che ne pensa?
“Il tema è oggetto di strumentalizzazione politica. Si sentono dire bestialità come il fatto che i rifugiati (coloro che provengono da contesti in cui era a rischio la loro incolumità) siano solo una piccola percentuale. In realtà i dati ministeriali dicono il contrario. Si vuole far passare il messaggio che gli extracomunitari vengono in Italia per rompere le scatole, quando invece fuggono da Siria, Mali, Nigeria e soprattutto Libia: dalla guerra! Salgono per disperazione su un’imbarcazione che non sanno nemmeno dove porti. L’unica aspettativa che hanno dalla loro fuga è quella di continuare a vivere”.
Tornando al suo lavoro, qual è il grado di successo con gli stranieri?
“Anche se una persona dimostra di essere un ottimo lavoratore, e il datore di lavoro garantisce per lui affermando di averne bisogno, nel momento in cui viene a mancare un permesso di soggiorno è quasi impossibile arrivare alla regolarizzazione. A volte otteniamo permessi di soggiorno per motivi umanitari. Ci sono persone per strada con forti handicap fisici e ritardi mentali, magari espulsi, ma di cui nessuno si è occupato. Ora, ad esempio, stiamo seguendo un giovane rom con un grave ritardo mentale rimasto qui tanti anni, ma non ha nessuno. Stiamo cercando di regolarizzare la sua posizione per dargli una vita dignitosa, altrimenti sarebbe abbandonato a se stesso. In situazioni di questo genere avviamo un colloquio con la Questura, proviamo a inserirli in strutture apposite. Ma la strada è impervia”.
E gli italiani?
“Seguiamo anche loro, certamente. Hanno in genere problemi legati alla perdita di residenza che porta a non avere l’accesso ai servizi di base come il medico curante, e non possono essere presi in carico dal Comune. Ore le Amministrazioni si sono fatte più collaborative e concedono ai soggetti più deboli, che dimostrano di avere legami duraturi col territorio, di utilizzare l’indirizzo del Comune nella loro anagrafica. Anche per gli italiani la burocrazia è complessa e li accompagniamo in tutti i passaggi. Le istituzioni fanno presto a dire te l’ho scritto quando una persona dai mezzi limitati non capisce cosa gli sta capitando, ma bisogna tenere conto che questi non vivono nel pieno della loro lucidità. E così capita che si vedano bloccata la pensione, perché magari non si sono presentati ad una visita di controllo”.

Mirco Paganelli