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Tre personaggi in cerca del Risorto

Tutto è compiuto: erano state le ultime parole del Galileo crocifisso, il povero Jeshuà di Nazaret. Aveva detto: “Tutto è compiuto”, e non voleva dire semplicemente: “Tutto si è realizzato come previsto”. Voleva piuttosto dire: “Tutto è giunto al massimo del compimento”. Invece quelli che l’avevano sentito – Nicodemo, Maria di Magdala, il centurione e pochi altri – avevano capito: “Tutto è finito”. Solo la Madre si ostinava a pensare che quelle ultime parole del Figlio martire volessero significare la vetta insuperabile dell’amore, non l’abisso buio del fallimento più catastrofico e irrimediabile. Comunque anche quelle sue parole erano rotolate giù dal Golgotha, insieme al racconto degli ultimi particolari della morte straziante e della pietosa sepoltura, e avevano raggiunto il gruppo decimato degli Undici, convocati da Pietro nel cenacolo per decidere il momento del via per un da farsi già deciso: tutti a casa.

È risorto!
La domanda restava sospesa nell’aria: si era sbagliato il Maestro o avevano capito male loro, i suoi desolati e ancor più frastornati discepoli? Il minimo che si doveva concludere era che si erano sbagliati tutti, Maestro e discepoli. Certo né l’uno né gli altri per volontario errore di calcolo, ma tutti per un abbaglio micidiale: il Maestro, vittima della sua stessa bontà, e loro, penalizzati da quella esaltazione incontenibile che si era ormai rovesciata in una cocente delusione, uguale e contraria. Come un miraggio seducente che si tramuta ben presto in incubo terrificante. E invece quel mattino del primo giorno della settimana, Maria di Magdala aveva trovato il sepolcro vuoto, si era sentita chiamare per nome e l’aveva riconosciuto; poi anche Simone e gli altri… E così quella notizia strabiliante: “È risorto” ha cominciato a fare il giro del mondo e a rimbalzare di generazione in generazione, fino a noi oggi, gente del terzo Millennio.

Cambia la vita
Sappiamo dell’impatto che quella notizia – tanto indecente per la religione ebraica quanto ridicola per la ragione pagana – ebbe su Pietro e compagni: non tornarono più a raschiare il lago di Tiberiade per pescare qualche rara manciata di pesci e tentare di sbarcare il lunario, ma presero il largo e gettarono le reti in tutte le città e villaggi, in tutte le piazze e ambienti di vita, ed essi diventarono veri pescatori di uomini veri. Ma oggi, più che a loro, mi piace pensare a tre personaggi che forse sentiamo particolarmente vicini alla nostra sensibilità e nei quali possiamo specchiarci fino a ritrovarci nei loro panni. Mi domando con voi: cosa può significare l’avvenimento di Cristo risorto nella vita di un Nicodemo, di una Maria di Magdala, di un uomo come il centurione romano?

Nicodemo
Nicodemo è l’uomo dell’osservanza. È un fariseo, ma della migliore pasta. Non è un ipocrita, è come Saulo di Tarso: “accanito nel sostenere le tradizioni dei padri”. Un galantuomo, scrupoloso osservante della Legge: ogni sabato frequenta la sinagoga anche con tanto così di febbre, digiuna due volte a settimana, paga le decime non solo di quanto possiede, ma anche di quanto guadagna. Fuor di metafora, potremmo dire un praticante: a Messa la domenica, ogni giorno la preghiera per non beccare il tumore troppo presto e campare il più a lungo possibile, qualche offerta per i negretti dell’Africa almeno a Natale e Pasqua: cosa si vuole di più da un povero cristiano? Ma un cristianesimo ridotto a pratica, per quanto meticolosamente e puntigliosamente osservata, è ancora il vangelo di Gesù Cristo? La differenza tra una famiglia cristiana praticante e una non praticante che abitano nello stesso condominio, è solo un’ora di sonno in meno la domenica mattina per andare alla Messa? Un cristianesimo che si riduce a una sorta di chewing-gum religioso, inevitabilmente più lo si mastica, più finisce per perdere sapore. Cristo non è morto e risorto per qualche preghierina in più e un’opera buona di tanto in tanto. È risorto per farci rinascere. “Può forse rinascere un uomo quando è vecchio?”, gli aveva chiesto angosciato Nicodemo, in quella notte dei lunghi colloqui. “Sì, Nicodemo, rinascere a una vita nuova è facile, perché… impossibile: impossibile per l’uomo, ma non per il Risorto, che è divenuto “Spirito vivo e datore di vita”. Ma per questo ogni cristiano deve morire al cristianesimo dell’abitudine e risorgere al cristianesimo dell’innamoramento.

Maria di Magdala
Nicodemo potrebbe impersonare il cristiano dell’osservanza, Maria di Magdala può raffigurare il cristiano o la cristiana del sentimento. Il sentimento è una forza travolgente, ma la fede è molto di più. La Maddalena è la donna dei teneri affetti, della devozione più sincera, ma cade nel rischio di voler cercare tra i morti colui che è vivo. Cristo è il vivente, non un grande personaggio del passato. Non lo si raggiunge sull’onda di un brivido a pelle o di un fugace sussulto. La fede non è un’idea; è un’esperienza: “meglio essere cristiani senza dirlo che dirlo senza esserlo” (Ignazio di Antiochia). L’incontro con il Risorto cambia la vita. Cambia il tuo modo di affrontare l’esperienza dell’amore: ti fa amare l’altro non per te stesso, ma oltre che per sè stesso, per Cristo presente e vivente in lui. Ti fa capace non solo di perdonare chi ti ha fatto del male, ma perfino di amarlo. L’incontro con Cristo cambia il modo di affrontare il problema del dolore: è una “prova d’amore” che Dio ti chiede per poter rafforzare la tua fede. E cambia il modo di affrontare la morte: non è un muro che crolla, ma un ponte che salda le due sponde, quella della terra e quella del cielo, per permettere a noi “passeggeri in transito” il volo verso la casa del Padre.

Il centurione
Il centurione è l’uomo della ricerca di Dio. Rischia di morire dentro la sua ricerca se non si libera dai pregiudizi che lo condizionano e dagli schemi mentali che si è fatto su Dio. Il centurione del vangelo si è lasciato disarmare dal Crocifisso. Si portava dentro un’idea grandiosa della divinità, e mai e poi mai si sarebbe immaginato di dover incontrare Dio quel 14 di nisan sul Golgota. Ma si è lasciato sorprendere da Dio: ha accettato che Dio gli si mostrasse non nello sfavillio di una gloria mondana, ma che lo intercettasse nella debolezza dell’amore e nell’impotenza della croce. E gli è bastato “vederlo morire così” per arrivare a formulare la più alta professione di fede: Questo è davvero il Figlio di Dio. Quel giorno il cuore del centurione è morto alla religione pagana di una divinità che è una super-potenza, ed è risorto – prima dei discepoli del Crocifisso – alla fede in un Figlio di Dio che spoglia se stesso, si fa servo povero e umile per dirci che Dio è fatto così, è fatto di un amore senza nessun se, senza alcun ma.

Nicodemo, la Maddalena, il centurione possono assumere il mio o il tuo volto, fratello, sorella. Che noi assumiamo il loro cuore!

Francesco Lambiasi
Tratto da Accesi dalla parola,
Edizioni il Ponte 2010