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Tra intransigenti e democratici

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La repressione governativa esasperò le divisioni già presenti all’interno dell’Opera dei congressi. L’organizzazione, nata – come si è detto – nel 1874 dall’Italia “reale”, per impedire all’Italia “legale” di distruggere il patrimonio spirituale della nazione e di porre il Papa e la Chiesa nell’impossibilità di adempiere la loro missione educatrice, aveva nell’avvocato veneto Giovanni Battista Paganuzzi il sostenitore di una versione radicale dell’intransigentismo cattolico, fortemente arroccata nella difesa del non expedit e contraria a ogni movimento di emancipazione civile.
Mentre il vicepresidente Giovanni Grosoli rappresentava l’ala più aperta alle istanze di cambiamento provenienti dalle nuove generazioni, che si richiamavano alle posizioni di don Romolo Murri, più sensibile alle problematiche sociali, fautore della creazione di un partito democratico cristiano capace di dare risposte alle nuove emergenze sociali ed economiche.
«L’Ausa», che inizia a definirsi “periodico democratico cristiano” sostiene queste ultime posizioni attraverso la penna di sacerdoti attenti al nuovo che andava emergendo nella società: Girolamo Mauri, Domenico Garattoni, Pietro Polazzi, Guglielmo Mondaini, Giuseppe Cagnoli, Adello Tamburlani. Posizioni che sembrano risultare vincenti con la nomina a vescovo della diocesi di mons. Vincenzo Scozzoli (1900-1944), amico di Murri e prefetto di camerata di don Mauri e di don Polazzi.

Le aperture del vescovo Scozzoli
Contemporaneamente alla entrata in diocesi del vescovo Scozzoli, infatti, si costituisce il primo Circolo cittadino democratico cristiano “San Gaudenzo”, sotto la presidenza di don Polazzi e don Mauri assume la presidenza del rinato Comitato diocesano dell’Opera dei congressi.
Lo stesso vescovo si mostrava aperto alle nuove istanze, tanto da mettere a disposizione in episcopio una sede per il Circolo di cultura: doveva essere arredata per la consultazione di riviste, testi di teologia e filosofia.
Inoltre, appena entrato in diocesi, manifestò l’intenzione di introdurre in seminario un corso di sociologia a completamento degli studi tradizionali “per rispondere alle esigenze dell’epoca moderna”, interpretando un’esigenza richiamata anche dall’enciclica di Leone XIII, Fin da principio, nella quale il papa affermava che la formazione dei seminari doveva adattarsi ai tempi e inserire negli anni di teologia una materia a carattere sociale.

Il discorso di San Marino
Il Circolo democratico cristiano cercò di rendesi visibile in città attraverso varie iniziative, ma faticò a trovare consensi: la gran parte del clero si mostrava restio ad abbandonare i vecchi modelli di azione pastorale; i partiti presenti in città accusavano i soci del Circolo di incoerenza, perché non riuscivano, in Comune, a prendere le distanze dai moderati; i periodici legati all’ala intransigente dell’Opera dei congressi li attaccavano settimanalmente.
Le critiche aumentarono quando il Circolo nel 1902 collaborò alla organizzazione del Convegno dei democratico-cristiani a San Marino. Nella relazione che ebbe il titolo Libertà e cristianesimo, don Romolo Murri prendeva le distanze sia dalla tradizione intransigente che “umiliava” lo Stato, sia dalla prospettiva di una conciliazione tra Stato e Chiesa, che fosse basata su accordi di mero interesse e proponeva che la Democrazia cristiana scendesse in campo, alla pari degli altri partiti, come soggetto autonomo dalla gerarchia.

La censura dell’autorità romana
Le reazioni della santa Sede non si fecero attendere a lungo: sulle pagine de «L’Osservatore romano» il cardinale Pietro Respighi bollò il discorso come “riprovevole e degno di censura”. Benché Murri dichiarasse immediatamente la sua obbedienza all’autorità ecclesiastica, gli attacchi degli intransigenti furono violentissimi: don Garattoni dovette abbandonare la direzione de «<+cors>L’Ausa<+testo_band>», che con Girolamo Mauri tornò ad essere organo della sezione riminese dell’Opera dei congressi e il Circolo democratico cristiano venne chiuso, finché nel 1904 Pio X ritenne che l’Opera dei congressi, di cui, nel frattempo, era stato nominato presidente nazionale Giovanni Grosoli, fosse troppo corriva alle posizioni dei democratico-cristiani e la sciolse.

Romolo Murri sospeso a divinis
L’anno seguente, mentre Murri a Bologna fonda un nuovo movimento politico (la Lega democratica nazionale) – per questo sarà sospeso a divinis –  il papa, con l’enciclica Il fermo proposito (11 giugno 1905), fornisce le indicazioni per una riorganizzazione generale del movimento cattolico – verranno tradotte in pratica nel 1906, attraverso il varo di nuovi statuti che configurano l’associazionismo cattolico attorno a quattro grandi organizzazioni indipendenti l’una dall’altra: l’Unione popolare, l’Unione economico-sociale, l’Unione elettorale, la Società della gioventù cattolica ; e stabilisce che “tutte quelle opere che direttamente vengono in sussidio del ministero spirituale pastorale della Chiesa e che si propongono un fine religioso in bene diretto delle anime, devono in ogni menoma cosa essere subordinate all’autorità dei Vescovi… Ma anche le altre opere, che, come abbiamo detto, sono precipuamente istituite a ristorare e promuovere in Cristo la vera civiltà cristiana e che costituiscono nel senso spiegato l’azione cattolica, non si possono per niun modo concepire indipendenti dal consiglio e dall’alta direzione dell’Autorità ecclesiastica, specialmente poi in quanto devono tutte informarsi ai principi della dottrina e della morale cristiana”.
(5 – continua)

Cinzia Montevecchi

Questi temi sono trattati ampiamente nel 4° volume della Storia della Chiesa riminese