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“Ti basta la mia grazia”

Temperamento sempre attivo e dinamico, attento e premuroso, era molto esigente verso gli altri, ma molto di più verso se stesso. Ordinato sacerdote nel 1945 a 24 anni, è cappellano per alcuni mesi nella parrocchia di San Lorenzo in strada a Riccione, dove era parroco don Giovanni Montali, importante figura di studioso e storico, nonché grande latinista. Da convinto antifascista dovette nascondersi e riuscì a sopravvivere pur attraverso molte peripezie, ma ebbe un fratello e una sorella assassinati dai tedeschi. Don Renato tornava a casa spesso con la tonaca tutta impolverata, perché impegnato anche nei lavori di ripristino e sistemazione della chiesa dopo gli eventi bellici. Assegnato successivamente dal Vescovo alla parrocchia di Sant’Agostino, diventa assistente diocesano dell’Azione cattolica, dell’Associazione Italiana Maestri Cattolici (ai quali tiene corsi di catechesi e istruzione religiosa) e del gruppo degli esploratori scout, che segue nei vari campeggi.
Nel ’46 mons. Santa lo nomina parroco a Vergiano, dove rimane per quattro anni. L’ambiente non è dei più facili: don Renato ha a che fare con contadini spesso analfabeti e ostili alla chiesa, già molto influenzati dal comunismo. Ma il giovane parroco non si scoraggia anzi è un vulcano di iniziative: organizza corsi serali di alfabetizzazione per adulti, fonda un asilo infantile, il circolo ACLI e riattiva la Cassa rurale e artigiana, la cui sede all’inizio è nella stessa canonica. Nei momenti liberi non disdegna di giocare a carte coi contadini, condividendo fraternamente le loro necessità e problemi.
I giovani di allora ricordano con gioia gli incontri di divertimento e di svago, che erano al tempo stesso momenti di alta spiritualità e di riflessione sulla fede e che hanno dato tanti frutti in seguito!
Nel dicembre 1951 il vescovo Santa lo vuole parroco a Rimini, presso la parrocchia dei Servi. La bella chiesa e la canonica sono semidistrutte dai bombardamenti, ma don Renato non si perde d’animo: chiede allo Stato sovvenzioni per la ricostruzione, chiede aiuto ai parrocchiani e riesce in poco tempo a riportare la chiesa alla sua originaria bellezza. Contemporaneamente si adopera nel dar vita alle varie associazioni cattoliche di uomini donne, giovani e fanciulli. La folta partecipazione a tali gruppi parrocchiali è sempre stato il suo orgoglio! Per due volte il presidente nazionale di Azione cattolica Mario Rossi viene in visita alla parrocchia dei Servi. Proprio con l’aiuto delle associazioni don Renato dà vita a molte attività: prende in affitto un terreno in zona Fiorani per farne un campo da calcio per ragazzi, organizza con cura l’Ottobre mariano, invitando a parlare predicatori di fama nazionale che richiamano un gran numero di fedeli, incoraggia la nascita di una filodrammatica parrocchiale, che si esibisce in commedie dialettali, scenette comiche, farse ecc.
Si ricordano anche le numerose visite ai santuari più famosi e perfino l’allestimento dei carri di Carnevale, per i quali molti mettono volentieri a disposizione i propri locali. Un momento particolarmente intenso della vita parrocchiale è la processione della Madonna del giglio: la partecipazione di uomini, donne e giovani è particolarmente numerosa e devota.
Il Vescovo di allora, monsignor Biancheri era spesso a cena o a pranzo con don Renato, che onorava della sua stima e della sua amicizia, tanto da definirlo “Sacerdote di Cristo, degno pastore di anime”. Nel bel mezzo della sua proficua attività pastorale è colpito dalla malattia, che lo costringe nel 1983 a lasciare con indicibile dolore, la sua parrocchia. La malattia si rivelerà un calvario lungo e penoso, ma affrontato sempre con cristiana rassegnazione alla volontà di Dio, nella consapevolezza che la vita è sempre un dono da apprezzare e da spendere per gli altri.

Franca Grotti

Uno dei suoi figli spirituali, don Giuseppe Arcangeli, così lo ricorda, scegliendo come premessa del suo scritto questa frase: “La mia potenza si manifesta nella debolezza”.
Don Renato è il sacerdote che ha celebrato il matrimonio dei miei genitori, che mi ha battezzato, comunicato e cresimato nella parrocchia dei Servi. Era una persona di fede, di preghiera e colta: oltre alla laurea in teologia, ne aveva una anche in matematica, e questa seconda gli permetteva di insegnare nel nostro seminario questa materia. Era noto per essere un professore esigentissimo, tanto che i promossi a giugno erano due, massimo tre per classe, mentre tutti gli altri venivano rimandati a settembre o bocciati. Per circa vent’anni è stato insegnante di religione all’istituto Einaudi allora vicino alla chiesa, risultando efficace e autorevole nel suo metodo educativo. Aveva una impostazione personale e una formazione che ricorda molto quella di Alberto Marvelli, che ha vissuto la sua gioventù nello stesso periodo storico in queste zone: una propensione per un forte e attivo impegno pastorale.
Ma chi ha conosciuto bene don Renato, si è accorto che la qualità più grande che lo caratterizzava, e che nello stesso tempo era la sua risorsa inesauribile, era la preghiera. La sua è stata soprattutto un’intensa vita di preghiera, che accompagnava i diversi impegni pastorali e i diversi momenti della sua esistenza.
È stata probabilmente questa dimensione che gli ha permesso di accettare la malattia, quando era ancora relativamente giovane ed efficiente, e di farne una preziosa offerta a Dio. La Grazia di Dio, servendosi di lui e della sua infermità ha potuto operare maggiori grandezze.
Le persone a lui più vicine, che già erano state edificate dalla sua presenza e dalla sua azione pastorale, hanno sicuramente avvertito che attraverso quella persona, sempre più debole e fragile, venivano misteriosamente beneficate.
La preghiera e l’offerta della lunga malattia stava realizzando un capolavoro di Grazia. Fra le persone beneficate ci sono anch’io: ho avvertito che in don Renato si prolungava quel Mistero vissuto e proclamato da San Paolo “Ti basta la mia Grazia: la mia potenza si manifesta pienamente nella debolezza” Grazie, don Renato!

don Giuseppe Arcangeli