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Terminator o la lotta contro le macchine

La lotta contro le macchine riprende in una nuova rivisitazione narrativa che riporta agli spettatori la saga di <+cors>Terminator<+testo> iniziata nel 1984 con la firma di James Cameron (che realizzò anche il secondo, ottimo episodio). Arnold Schwarzenegger è tornato nel corpo “meccanico” del cyborg che gli ha dato fama e fortuna: tolte di mezzo le cattiverie del film originale (ma il Terminator del primo film ritorna con le meraviglie del digitale e fa a botte con la sua versione “anziana”), Schwarzy (che rispolvera quella carica ironica che ha perso nelle sue ultime apparizioni sullo schermo, vedi il recente Contagious) autodefinitosi “vecchio, non obsoleto” (in riferimento al modello “T”) è impegnato a difendere Sarah Connor nel passato, con Kyle Reese (il futuro papà di John Connor) che cerca di risolvere la complicata questione che coinvolge il figlio e che ha portato al dominio delle macchine per via del complesso sistema di Skynet. Il ciclo di Terminator, dopo le prime due entusiasmanti puntate, è proseguito con episodi non particolarmente rilevanti e si è fatta avanti la necessità di “resettare” il tutto e offrire al pubblico una riscrittura degli eventi, con salti temporali che sono sempre sull’orlo del precipizio della confusione, ma a giochi fatti determinano uno spettacolo gustoso e anche “vecchio stile” non solo per la presenza dell’ex governatore della California nel massiccio ruolo del robot, ma per un clima da avventura fantascientifica di gusto classico, dove non conta più di tanto lo stupore degli effetti speciali ma lo sviluppo di una trama costruita da un regista che ha il suo bel piedino nelle staffe dell’avventura (Alan Taylor viene da Il trono di spade e Thor : the Dark World) e che sa come costruire uno spettacolo dignitoso.