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Sport, in 35 anni morti 190 atleti

FLORENCE, ITALY - SEPTEMBER 24: Davide Astori of ACF Fiorentina in action during the Serie A match between FC Crotone and Benevento Calcio at Stadio Artemio Franchi on September 24, 2017 in Florence, Italy. (Photo by Gabriele Maltinti/Getty Images)

4 marzo 2018. Sembra una domenica come tante altre. Poi all’improvviso, una scossa colpisce il mondo dello sport italiano. Davide Astori, capitano della Fiorentina, 31 anni, viene trovato senza vita a Udine, nell’albergo che ospita la squadra viola. Sarebbe dovuto scendere in campo poche ore dopo per giocare contro l’Udinese.

A far scattare l’allarme sono i compagni non vedendolo scendere per la colazione, nessuno, però, può immaginare quello che è accaduto a Davide. Durante la notte, infatti, il capitano viola muore in seguito a una crisi cardiaca improvvisa. Lui, atleta di una squadra di serie A, continuamente monitorato e seguito da una équipe di medici, era soggetto, dirà poi l’autopsia, a una cardiomiopatia aritmogena silente, sfuggita a tutti gli esami.

Purtroppo il caso Astori non è l’unico: negli ultimi anni altri sportivi di livello nazionale sono deceduti per arresti cardiaci: Piermario Morosini, accasciatosi al suolo il 14 aprile 2012 durante Pescara-Livorno di serie B; Vigor Bovolenta, pallavolista della Nazionale e del Forlì Volley colpito da un malore durante una gara di B2 e, ultimo in ordine di tempo, Mattia Dell’Aglio, nuotatore morto improvvisamente due anni fa durante un allenamento in palestra.

Poi c’è quel dato allarmante che arriva da uno studio effettuato dall’Università di Padova in collaborazione con la Regione Veneto: ben 190 giovani atleti, fra il 1980 e il 2015, sono deceduti a causa della stessa patologia che ha colpito Astori. Si tratta di una malattia genetica che comporta alterazioni del ventricolo, solitamente destro, e che provoca aritmie del battito cardiaco.

Questo studio sistematico, effettuato in sede di autopsia attraverso l’analisi degli elettrocardiogrammi eseguiti in vita e gli esami al cuore dopo la morte, ha dato inizio a una serie di ricerche con l’obiettivo di scoprire nuove patologie e, di conseguenza, nuove procedure per aggiornare gli screening agonistici e i protocolli medico sportivi. Dal 1982, grazie proprio all’introduzione per legge dello screening, ossia dell’elettrocardiogramma a riposo e sotto sforzo, le morti per arresto cardiaco improvviso, sono calate dell’86%. Ora, però, le patologie hanno subìto un cambiamento ed è necessario aggiornare le procedure.

Recentemente, per esempio, si è scoperto che la cardiomiopatia aritmogena può colpire anche il ventricolo sinistro, manifestando segnali clinici molto difficili da notare, come evidenziato dagli studi sul caso Astori di Gaetano Thiene e Domenico Corrado, rispettivamente ex professore emerito di Anatomia patologica dell’Università di Padova e ordinario di Cardiologia e responsabile del Centro regionale specializzato per le cardiopatie aritmiche eredo-familiari dell’Azienda ospedaliera universitaria, sempre di Padova: “I medici – dicono – devono avere i mezzi e le capacità per riconoscere anche i minimi segnali riconducibili a una cardiopatia evidenziati dagli esami”.

Inoltre Thiene sostiene che debba essere introdotta l’autopsia per le morti giovani, in modo da riconoscere le principali patologie, causa di decessi improvvisi.
“È indubbio che lo sport apporti molteplici benefici al nostro corpo, ma è necessario poterlo praticare in totale sicurezza; perché se il cuore non è in grado di sostenere l’attività fisica non si può rischiare la vita per qualcosa che, alla fine, rimane un gioco, un divertimento”.

Mattia Pini

l’approfondimento continua sul numero din edicola questa settimana (domenica 10 febbraio). Lo puoi leggere anche sull’app