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Come sopravvivere ad un figlio preadolescente

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Lui la chiama l’“età dello Tsunami”, quella delle grandi tempeste emotive: litigate furibonde in famiglia, porte che sbattono, urla a non finire. È l’ingrata età della preadolescenza, non più bambini ma neppure ragazzi: ne sa qualcosa chi ha un figlio o una figlia sugli 11-12 anni… Erano in tanti l’altra sera a Viserba i genitori accorsi ad ascoltare il dottor Alberto Pellai, medico e psicoterapeutica, invitato nell’ambito del ciclo di incontri estivi organizzati ogni lunedì dalla parrocchia. Nonostante il tempo inclemente, il salone di piazza Pascoli traboccava di padri e madri bisognosi di capire come mai la loro dolce creatura si fosse improvvisamente trasformata in un orribile mostro e cosa fare per riportarlo alla ragione…

Dottor Pellai, tanti genitori hanno bisogno di aiuto… Riprendendo il sottotitolo della conferenza: come sopravvivere a un figlio preadolescente?
“Cominciamo col dire che le sfide della preadolescenza sono naturali e inevitabili. Addirittura auspicabili perché ci sarebbe da preoccuparsi di fronte a un figlio che ubbidisce ciecamente ai genitori senza fare una piega… La preadolescenza è una fase dell’età evolutiva di grandissima potenzialità ma che presenta anche alcune vulnerabilità. In questa fase il cervello emotivo condiziona fortemente il funzionamento mentale dei ragazzi, senza essere supportato da una equivalente maturità della parte cognitiva. I preadolescenti cercano quindi emozioni forti ma hanno poca capacità di comprendere il significato e le conseguenze di ciò che fanno. Da qui l’importanza del ruolo educativo di noi adulti, per aiutarli ad acquisire, poco alla volta, le competenze necessarie alla vita. Senza rifiutare a priori le loro richieste ma dando delle regole, fissando un perimetro entro cui potranno muoversi perché ancora non hanno la capacità di farlo da soli”.

Non è facile dire dei no… Cosa rispondere a un ragazzino di dieci anni che ci chiede lo smartphone perché “tutti i suoi amici ce l’hanno”?
“Se è per questo, molti ce l’hanno anche prima dei dieci anni. È dimostrato che la metà dei bambini delle elementari già possiede uno smartphone. Ma non è questo il problema… Il problema non è darglielo o non darglielo, quanto piuttosto non avere un progetto educativo… Cioè disinteressarsi all’uso che nostro figlio farà dello strumento e delegando tale compito al mondo esterno, al mercato. E il mercato, che ovviamente punta a guadagnare, indurrà i nostri figli ad accelerare i tempi, a bruciare le tappe, a far cose che ancora non sono pronti a fare… Questo è stato vero sempre ed è ancora più vero oggi nella realtà virtuale del web dove tutto è a portata di mouse e dove, molto semplicemente, con pochi clic, si possono combinare guai seri. Piccole stupidaggini che producono gravi conseguenze…”.

Ci può fare qualche esempio di incauto utilizzo della rete?
“Nella mia attività professionale gli esempi non si contano. Potrei citare la ragazzina di terza media che, per farsi grande, aveva utilizzato come profilo su Facebook l’immagine di due corpi nudi senza volto. Fu necessario spiegarle che una foto del genere poteva attirare potenziali adescatori o comunque comunicare di lei un’idea sbagliata. O il ragazzino tredicenne che aveva prosciugato la carta di credito del padre giocando on line. Aveva iniziato cliccando ingenuamente su inserzioni pubblicitarie poi, dopo le prime vincite, aveva cominciato a perdere. Sempre più: per fortuna la carta di credito aveva un limite di utilizzo… Potrei continuare citando la frequentazione di siti pornografici che potrebbe non essere un problema in sé ma lo diventa se avviene nel silenzio della famiglia… O, ancora, i tanti casi di cyberbullismo: magari innocenti prese in giro all’inizio, ma che in rete si amplificano fino a gettare nella disperazione (o peggio) il malcapitato di turno. Anche in questi casi, piccole stupidaggini che, se non governate in tempo, producono grandi pasticci…”.

Come dovrebbero reagire i genitori di fronte a questi comportamenti?
“Intanto mantenendo la calma. Fare a gara a chi urla più forte è un autogol educativo. Così come non c’è esperienza peggiore per un figlio che vedere il proprio genitore spaventato. Io credo che il genitore debba essere una sorta di “allenatore”, anche un po’ rompiscatole, il cui compito è preparare i figli ad una vita autonoma, permettendo loro poco alla volta di fare ciò che dimostrano di saper fare. I genitori non possono essere degli “amici” che concedono tutto e neppure dei “despoti” che non concedono nulla. Ma adulti responsabili capaci di trovare un equilibrio tra il bisogno di protezione dei figli e il loro legittimo desiderio di esplorazione. Senza urlare ripeto, perché l’adulto che alza la voce dichiara la propria impotenza mentre il figlio ha bisogno di sapere che il genitore ce la può fare. L’arma più efficace è lo sguardo e il tono di voce. Guardarsi negli occhi, dirsi tutto senza reticenze, ma pacatamente”.

Resta il domandone finale: chi allena gli allenatori? Ovvero: i genitori sono oggi sufficientemente attrezzati per svolgere i compiti che lei giustamente richiama?
“Oggi più di ieri non è facile sorvegliare i figli. Ad esempio, per controllare la loro attività sul web sono richieste competenze che non tutti i genitori possiedono… E poi si è un po’ affievolita la consapevolezza del ruolo dell’adulto. Oggi vediamo tanti genitori che si pongono alla pari dei figli, ne imitano i comportamenti, ne sostengono le ragioni sempre e comunque (ne sanno qualcosa gli insegnanti malmenati da padri furiosi…). Senza contare che sarà ben difficile regolamentare l’uso di videogiochi e telefonini quando noi adulti siamo i primi a non riuscire a staccarci dallo smartphone neppure quando siamo alla guida (è una delle principali cause di incidenti stradali). Ormai in molte città si organizzano corsi di formazione per insegnare ai genitori come svolgere al meglio il proprio lavoro di adulti. Rispettando alcune semplici regole: accettare le sfide della preadolescenza, farsi delle domande, mettersi in gioco, dare ai figli le cose giuste al momento giusto”.

Alberto Coloccioni