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Servono spiagge sempre più… libere

Gli ultimi numeri disponibili per la Riviera di Rimini, del periodo gennaio-agosto 2025, segnalano una leggera crescita degli arrivi (+0,9%), accompagnati però da un calo dei pernottamenti (-1,3%). Le cause sono diverse e non tutte recenti: taglio del potere d’acquisto della classe media perché i salari, già bassi, non reggono il passo con l’inflazione, aumento dei prezzi di hotel e servizi turistici più del doppio della media di quelli al consumo (Istat), cambio di abitudini e forse anche una diversa domanda di servizi. Tra questi, per la componente balneare, rientrano sicuramente i servizi di spiaggia. Il Comune di Rimini, che da solo fa quasi la metà dei pernottamenti provinciali, ha approvato, inizio agosto, il nuovo Piano dell’arenile, divenuto operativo a metà settembre con la pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Emilia-Romagna. Una ridefinizione necessaria, ma forse troppo conservativa. La rivendicazione dell’invarianza delle concessioni (324 tra stabilimenti, bar e altro), lascia già intuire che non cambierà molto. La conferma è nell’aumento veramente minimo delle spiagge libere. Perché l’enfasi nell’incremento percentuale (+37%) tradotto in metri lineari alla fine si riduce ad appena 400 metri in più (da 1,1 a 1,5 km lineare), che corrisponde ad un magro 10 per cento dell’intero litorale. Ma la Spagna e la Grecia ci stanno dimostrando che avere più spiagge libere significa aumentare le entrate e non solo.

Per capirci: se mettiamo a confronto una spiaggia riminese e una di Barcellona (come nell’articolo in pagina) si può notare come la “nostra” sia piena di strutture, ma vuota, o quasi, quella spagnola, invece, priva di strutture è invece piena.