Home Attualita Seconde case in rovina, la nuova moda anti-Imu non abita a Rimini

Seconde case in rovina, la nuova moda anti-Imu non abita a Rimini

Pur di non pagare le tasse la seconda casa resta senza tetto. Quando non è lo stesso proprietario a scoperchiarla dalla disperazione. Ebbene sì: fra i trucchi che si stanno diffondendo tra gli italiani per dribblare le imposte sugli immobili, c’è anche quello di rendere i propri edifici ruderi o case inagibili: nel primo caso (il termine tecnico è “unità collabente”), si parla di immobili accatastati nella categoria F/2, fabbricati o parti di fabbricato fatiscenti, in rovina, non più in grado di produrre reddito, e quindi non più tenuti al pagamento dell’Imu o della Tasi (se si tratta di prima casa); nel secondo, invece, la richiesta viene fatta dal cittadino al proprio comune quando l’immobile presenta difetti strutturali (mura, pavimento o soffitto pericolanti se non addirittura mancanti), e l’Imu (o Tasi) può essere dimezzata, su richiesta all’Ufficio Tributi.
A lanciare l’allarme è il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa: “Da una parte abbiamo proprietari esasperati dal regime fiscale, che rendono ruderi le case agibili, dall’altra c’è un fenomeno ancora più preoccupante: la rinuncia a qualunque manutenzione”. Meglio lasciar andare la casa o il capannone in rovina che essere presi di mira dal fisco?

Rimini in controtendenza. Secondo una rilevazione del Sole 24 Ore, negli ultimi tre anni, in Italia, le seconde abitazioni andate in malora sono aumentate del 56%. Se un tempo, sull’onda del boom del mattone, la moda era quella di recuperare i vecchi ruderi dei nonni per ricavarne un reddito, quanto accaduto tra il 2011 ed il 2014 mostra una tendenza contraria. Le iscrizioni al catasto nella categoria F/2 sono passate da 278mila a 434mila. In Emilia Romagna, secondo i dati forniti dall’Agenzia del Territorio a ilPonte, si è passati nello stesso periodo da 13.998 a 31.873 “unità collabenti”. Quasi triplicate. La maggior crescita è avvenuta, ovviamente, nelle province colpite dal terremoto del 2012: Ferrara (+289%), Modena (+161%), Parma (+149%), Piacenza (+164%) e Reggio Emilia (+65%). Minori ma comunque significative, le variazioni registrate a Bologna (+77,5%), Forlì–Cesena (+67%) e Ravenna (+140%).
Rimini fa storia a sé: non solo, oggi, è la provincia con il più basso numero di ruderi (appena 647 come si può vedere in tabella), ma è anche il territorio dove l’incremento è stato di gran lunga inferiore: appena un +37,7%.

Perché questa eccezione?
L’assessore al Bilancio del Comune di Rimini, Gian Luca Brasini, non ha dubbi: “Sicuramente nel rapporto con alcune province dell’Emilia–Romagna hanno inciso fortemente i danni a seguito del terremoto del 2012, così come il riassorbimento progressivo delle cosiddette ‘case fantasma’; ma nel panorama regionale un ruolo importante l’ha avuto anche una pressione fiscale meno impattante sulla casa da parte dei comuni della provincia di Rimini”. Brasini coglie la palla al balzo. “Nel periodo esaminato, come Comune, siamo riusciti a ridurre il gettito proveniente dalla tassazione sugli immobili e a non gravare sulle seconde case, i negozi e i capannoni, riducendo l’aliquota degli immobili produttivi, non applicando la TASI, che sarebbe gravata anche sugli affittuari, così come abbiamo deciso di non tassare gli immobili invenduti, allo scopo di non pesare sulla situazione critica in cui si ritrovano le imprese edili”. Ma molto, secondo l’assessore, ha inciso anche il lavoro portato avanti dall’amministrazione sulle “case fantasma”, che “ha probabilmente consentito una regolarizzazione della situazione, anticipata rispetto agli altri territori e al periodo analizzato dal Sole”. Già, perché la declassificazione del proprio immobile in rudere per sfuggire alla stangata Imu può essere un’altra forma di evasione fiscale.
Di fronte a possibili scappatoie come questa “c’è sempre un doppio rischio: che chi ne ha veramente diritto non conosca l’opportunità e che qualcun altro faccia il furbetto”, commenta Gilberto Leardini, presidente del Collegio dei Periti Industriali di Rimini. Secondo Leardini, in provincia, “abbiamo molti casi di ruderi, soprattutto nell’entroterra: pensiamo alle tante case dei contadini con ancora i locali che una volta erano adibiti a stalla… Tutti questi immobili potrebbero usufruire di una tassazione ridotta”.
Leardini afferma di essersi confrontato più volte sul tema con colleghi di altre parti d’Italia, specie del nord-est. “Nel Veneto, ad esempio, si è innescata in maniera molto forte la strategia di rendere inagibili i capannoni che una volta erano produttivi. Questo perché i proprietari, pur avendo chiuso gli stabilimenti, dovevano comunque continuare a pagare tasse elevate. In molti casi i colleghi veneti mi hanno riferito di proprietari che sono arrivati addirittura a scoperchiare i capannoni non più in attività. Da noi – aggiunge Leardini – questo fenomeno non è ancora riscontrabile. Almeno a questi livelli. Nella zona di Cerasolo e Coriano, in particolare, sono decine e decine i capannoni in rovina. Ancora i proprietari non sono arrivati ad azioni estreme analoghe. Ma non è escluso che se la tassazione sugli immobili continuerà a questi livelli, tra qualche anno non capiti la stessa cosa anche da noi”.
Riminesi meno “furbetti” o meno disperati? Di certo, più controllati: a prescindere dai controlli aerei che effettua il Catasto, il Comune di Rimini ha messo a punto un protocollo d’azione mirato a stanare gli evasori del mattone e a sveltire le pratiche di controllo. Cittadino avvisato…

Alessandra Leardini