Secondo i dati più recenti (2024), tre pernottamenti su quattro, in riviera, sono a carico di visitatori italiani. Due su tre a Rimini. Il resto sono turisti stranieri. Erano dieci punti percentuali in più negli anni Ottanta del secolo scorso. Vuol dire che il mercato turistico è diventato, nel tempo, sempre più nazionale, perdendo importanti quote di presenze estere. Inevitabilmente questo cambio, che mostra una perdita di competitività/attrattività internazionale, rende il turismo locale molto dipendente dall’andamento dei redditi degli italiani. In particolare degli italiani che lavorano, potremmo dire di classe medio-popolare, che costituiscono il grosso degli ospiti, soprattutto nella stagione balneare. Tipologia di italiani che negli ultimi tempi non se la passa molto bene. Scrive l’ultimo Rapporto Istat 2025: “Tra gennaio 2019 e la fine del 2024, la crescita delle retribuzioni contrattuali è stata pari al 10,1 per cento a fronte di un aumento dell’inflazione pari a 21,6 per cento”. Il risultato è una perdita netta di potere d’acquisto. È quando le disponibilità si riducono le prime spese che si tagliano sono quelle voluttuarie, come le vacanze. Infatti, rispetto al periodo pre Covid (2019) la spesa delle famiglie per turismo si è ridotta del 5 per cento. Che, sommata ad un aumento di dei costi della vacanza al mare, ha avuto come conseguenza un calo del Pil del settore. Questa situazione, di cui non è previsto un cambiamento in tempi brevi, dovrebbe consigliare agli attori del turismo, da un lato, di dosare attentamente l’aggiornamento dei prezzi, dall’altro di aprire al mercato estero, cercandone anche nuovi, dove retribuzioni e reddito disponibile delle famiglie sono più generosi. Sarà pure un caso ma il distretto balneare veneto (da Bibione a Jesolo), dove sono stranieri tre ospiti su quattro, i pernottamenti 2024 hanno superato quelli registrati nel 2019 (23 contro 22 milioni), mentre la riviera di Rimini è ancora sotto di un milione abbondante (15 a fronte di 16 milioni). In sintesi, la riviera di Rimini, senza rinunciare al mercato nazionale, dovrebbe aprirsi di più a quello estero, con tutto quello che questo richiede in termini di collegamenti, qualità dei servizi e del territorio, fino alla programmazione degli eventi, dove manca qualsiasi offerta di richiamo internazionale.