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Se crisi diventa cambiamento

Il volontariato è in crisi? (1) I dati del 2021 raccontano di una flessione importante. Abbiamo chiesto il perché a Maurizio Maggioni, presidente di VolontaRomagna

Si parla molto di crisi del volontariato. Com’è la situazione? Il volontariato continua a svolgere un ruolo fondamentale nel nostro territorio?

Lo abbiamo chiesto a Maurizio Maggioni, direttore di VolontaRomagna, che non nasconde il momento di difficoltà.

“Mancanza di tempo e individualismo sono i principali ostacoli alla possibilità di impegnarsi nel volontariato, mentre è proprio il tempo ad essere considerato il dono principale che, attraverso il volontariato, si può fare alle altre persone, anche se i più giovani valorizzano molto saperi e competenze. Se da un lato, però, si riconosce che il volontariato, nel suo insieme, sia indispensabile per la tenuta sociale del Paese, anche quello praticato sporadicamente e al di fuori delle organizzazioni, dall’altro si vive un periodo di grande difficoltà. Nel 2021 il volontariato ha, infatti, subìto un contraccolpo inedito, registrando una tendenza particolarmente negativa. La contrazione dell’attività misurata dall’Istat, e già riportata ad aprile con la pubblicazione dei dati più rilevanti all’interno del Rapporto Bes 2021, è stata di 2,5 punti percentuali inferiori rispetto al 2020. Se nel 2019 era stata del 9,8% la quota di persone che avevano svolto volontariato, calata al 9,2% nel 2020, il 2021 ha registrato un crollo di quasi due punti percentuali, assestandosi al 7,3%. Anche l’attività gratuita non in associazioni di volontariato ha registrato una battuta d’arresto nel 2021, passando al 2,1% dal 3% del 2020. Il calo riguarda tutte le aree geografiche, ma è più accentuato al Nord dove peraltro erano e rimangono più alti i livelli di impegno volontario delle persone. Trasversale la diminuzione anche per genere ed età, anche se è più accentuata tra le femmine e tra i giovani di 14-19 anni (-4,6 punti percentuali) e 60-64enni (-3,5 punti percentuali)”.

Qual è la situazione nel riminese?

“La situazione locale per quanto riguarda il numero di persone impegnate nel volontariato è in linea con quella nazionale, mentre le organizzazioni del terzo settore riminese, gli enti iscritti ai registri regionali al 31/12/2021 sono 590 e così suddivisi a Rimini: ODV (Organizzazione di Volontariato) sono (nel 2021) 211. Erano (nel 2020) 209 (+1%). APS (Associazione di Promozione Sociale) sono 312 ed erano 293 (+6,5%). Coop Sociale sono 67 e erano 68 (-1,5%). In totale: sono 590 ed erano 570 (+3,5%)”.

Poi occorre certamente rilevare la situazione legata alla pandemia…

“Certamente, perché ha avuto rilevanti ripercussioni negative non solo sulla vita e sulla salute dei cittadini e sull’economia locale, ma anche sull’attività degli Ets; secondo i dati estrapolati dalla rilevazione “ Terzo Settore tra resistenza e innovazione regionale”, promossa dall’Università di Modena e Reggio Emilia e dal Dipartimento di Economia “Marco Biagi”, in collaborazione con il Coordinamento Csv dell’Emilia-Romagna emerge che: nella provincia di Rimini ha dovuto sospendere la propria attività il 40,5% degli Ets e il 46,8%.ha subìto un calo notevole nel numero dei volontari. Nonostante queste evidenti difficoltà legate all’emergenza epidemiologica, il 29,1% degli Ets ha comunque continuato regolarmente la propria attività e un altro 30,4% ha rimodulato i propri servizi”.
Gli anziani, sono stati sempre lo zoccolo duro del settore. C’è stato un buon ricambio durante la pandemia, con molti giovani che si sono resi disponibili.

Ma oggi qual è la situazione?
C’è un ricambio rispetto alla precedente generazione di volontari?

“I principali indici demografici calcolati sulla popolazione romagnola evidenziano un progressivo invecchiamento. Una tendenza che non risparmia il Terzo Settore romagnolo: una parte consistente dei volontari è costituita da persone anziane ed è sempre più difficile garantire l’opportuno turnover generazionale. I più giovani valorizzano nel volontariato la dimensione relazionale, la costruzione di legami, lo sviluppo di empatia, ma al tempo stesso tendono a vedere nelle forme più sporadiche e spontanee di impegno (il cosiddetto “volontariato liquido”) la componente più autentica. Dalle nuove generazioni emerge il bisogno di dare senso alla propria esistenza, di fare esperienza di valori forti, di credere nella solidarietà, ma anche bisogno di costruire qualcosa di nuovo”.

Nuove sfide dunque…

“Tutto ciò richiama a una delle più grandi sfide che il Terzo settore ha davanti: quello di riuscire a cogliere nel cambiamento una leva di rinnovamento, per non disperdere le energie positive di questo Paese ma, al contrario, attivarle e connetterle, per una solidarietà che agisca quotidianamente e non solo nelle situazioni di emergenza. Il presupposto è chiedersi cosa significhi rappresentare oggi l’energia del volontariato e come organizzarla in azioni e valori condivisi. Per questo motivo, il Csv VolontaRomagna realizza periodicamente campagne di promozione del volontariato rivolte ai giovani, cercando di dare visibilità a quelle associazioni in cerca di volontari”.

Perché i giovani oggi fanno volontariato?

“Se pensiamo ai giovanissimi che frequentano le parrocchie e partecipano alle esperienze di volontariato proposte in quell’ambito ci si chiede perché lo fanno, ciò che appare è che quello rappresenta un luogo di riflessione, di scambio, anche di innamoramento. In quel contesto costruiscono loro stessi, un sistema di valori, un riempimento sensato del tempo libero, un circolo di relazioni. Spesso l’incontro con il volontariato è casuale, capita. Perché lo sta facendo la tua ragazza, perché ti aggreghi a decisioni di altri. I click motivazionali sono tantissimi e spesso slegati da scelte identitarie definite. Il volontariato regala ai giovani l’esperienza del bene, un’esperienza che non ti dà la scuola né, in tanti casi, la famiglia in cui ormai si è deresponsabilizzati anche del prendersi cura della nonna anziana o del cugino disabile. Rappresenta un’esperienza del bene molto semplice e lineare in un mondo in cui quando fai una cosa non sai quasi mai l’effetto che questa produce, perché le catene di causa effetto oggi sono complesse e lunghissime. I giovani hanno bisogno di riappropriarsi di untempo più ravvicinato e il volontariato offre spesso delle catene temporali più corte che danno evidenza di un prima e di un dopo che non è presente in altre esperienze.Ai giovani è spesso chiesta la sospensione del riscontro immediato, le affermazioni che arrivano loro dal mondo adulto sono affermazioni di investimento a lungo termine, studiare perché è un investimento per il futuro, non abusare di alcol perché è un investimento per la salute… Ma i giovani hanno bisogno di risultati immediati e il volontariato ha una bellissima carta da giocare perché è un esercizio fatto su un piano di realtà. I giovani chiedono di essere protagonisti e solo partecipando ad esperienze forti possono avviare processi di trasformazione”.

Alcuni accusano il volontariato di fare da “ammortizzatore sociale” rispetto alle carenze sempre più importanti dello stato sociale.

“Il volontariato è presente in ogni ambito sociale, soprattutto quello legato alla promozione culturale e sportiva: spesso è solo grazie ai volontari se sono aperti i doposcuola, i campi estivi o i musei, se esistono le bande musicali di paese o le associazioni sportive. Parliamo di attività che sfuggono alla narrazione, a volte molto retorica, di un volontariato inteso come “buona volontà”, ma il cui valore è inestimabile, perché si inseriscono concretamente in un disegno di società più giusta e inclusiva, perseguibile e realizzabile ogni singolo giorno. Una società animata da cittadinanza attiva e consapevole, che lavora per un presente e un futuro migliore e si adopera per costruirlo”.

(a cura di Giovanni Tonelli)