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Scuola… in pensione

IL RICORDO. Una memoria personale ripercorre l’epoca del Dopoguerra. A Rimini molte strutture scolastiche erano senza sede e le classi erano diffuse in città

Il 15 settembre la campanella annuncia l’inizio delle lezioni per il nuovo anno scolastico nella nostra regione e di conseguenza anche a Rimini. In tale data le scuole e gli istituti scolastici della provincia aprono le loro porte a scolari e studenti di ogni grado, nelle loro sedi stabili dislocate sul territorio.

Oggi è così, ma negli anni ’50 le strutture scolastiche non avevano, in gran parte, una ubicazione stabile, ma erano ospitate (ed è questa la particolarità che vado a narrare) in pensioni, alberghi e anche case private, a motivo del fatto che molti istituti scolastici erano lesionati o danneggiati dai bombardamenti della II guerra mondiale. Anche la scuola media che ho frequentato tra il 1956 ed il 1959 era ubicata in una pensione: per l’esattezza presso la Pensione “Tennis” di Viserba.

La scuola si trovava in una zona tranquilla in Via Curiel. L’Istituto era in prossimità della stazione ferroviaria: di fronte c’era allora un campo da tennis, che ospitava numerose gare sportive, mentre sul prolungamento verso nord sorgevano giardinetti ben curati.

La struttura ospitava una prima, una seconda e una terza media e serviva tutto il territorio delle frazioni di Viserba, Viserbella (dove allora io abitavo) e Torre Pedrera. L’alternativa alla scuola media era la scuola di avviamento professionale, in quanto solo nel 1962 scuola media e professionale confluiranno nell’attuale media unica.

Un mondo della scuola ben diverso da oggi

Negli anni ’50 molte scuole non avevano ubicazione stabile, ma erano ospitate in pensioni, alberghi e anche case private, perché danneggiate dalla guerra

Ricordo bene il primo giorno di scuola in cui un po’ emozionato feci conoscenza della mia nuova scuola, dei nuovi compagni e dei professori. Ero arrivato alla media, dopo aver superato, come tutti gli altri ragazzi, un severo esame d’ammissione che si sosteneva dopo l’esame di licenza elementare. Questo nuovo esame consisteva in più prove: un tema di Italiano, un problema di Matematica e un colloquio orale in cui si doveva dimostrare una buona memoria e una buona preparazione storico, geografica, linguistica e matematica. Ero abituato a confrontarmi con una maestra, ora avevo davanti diverse figure: i professori, con la loro materia e con il loro linguaggio attinente alla disciplina. Mi trovai subito bene in questa nuova realtà, in quanto già alcuni compagni provenivano dalla mia stessa classe di scuola elementare e anche perché mia mamma, che era stata già docente di Francese presso la medesima media, mi tranquillizzò sulla nuova scuola. Notai subito che le lezioni si susseguivano secondo un preciso calendario settimanale: Italiano, Latino, Storia, Geografia, Matematica, Scienze, Disegno, Religione e Ginnastica tutte nella mattinata tra le 8 e le 13. Di solito mio padre, il ragioniere Angelo Morolli, in auto mi accompagnava a scuola e mi veniva a riprendere, prima di recarsi o di tornare dall’Ufficio Imposte di Rimini, dove era funzionario. Nelle giornate primaverili e verso l’estate, inforcavo la mia bicicletta nuova, che mi era stata regalata in quegli anni e compivo il tragitto casa-scuola e viceversa, spesso con i miei compagni di scuola. L’anno scolastico iniziava allora il 1 di ottobre e si concludeva il 31 maggio, mentre in giugno si svolgevano gli esami di licenza media che io sostenni presso la “Casa del Marinaio” (l’odierno edificio della Caritas riminese). Durante l’anno c’erano le consuete vacanze natalizie e pasquali, oltre alle festività di S. Giuseppe (19 marzo), la ricorrenza dei Patti Lateranensi (11 febbraio) e le festività civili e religiose.

Quando il turismo “scacciava” la scuola

Tuttavia, ed ecco la particolarità della scuola ubicata in una pensione turistica, in maggio ci si doveva trasferire perché qui arrivavano i turisti. Così, fatti i bagagli, la struttura veniva spostata nella sala parrocchiale di Viserba (il parroco dell’epoca era don Antonio Fillini).

La particolarità era che a maggio, all’inizio della stagione turistica, alunni e insegnanti dovevano trasferirsi per lasciare libere le strutture. A Viserba ci si spostava nella sala parrocchiale

Ricordo con piacere i nomi dei miei professori, tutti validissimi professionisti: Feliciana Beneforti docente di Italiano, Latino, Storia e Geografia, Apollonio

Montanari e poi Alma Bedetti docenti di Matematica e Scienze, Nives Dardari docente di Francese, Luzi docente di Disegno, Vitale e poi Pio Ricchi docenti di Ginnastica e don Antonio Fillini docente di Religione. Di solito le interrogazioni avvenivano alla cattedra, ma diversi professori ci interpellavano dal posto e non di rado i docenti giravano tra i banchi, controllando che tutti seguissero la lezione o aiutando chi si trovava in difficoltà. Oppure, nel caso della professoressa Dardari, per verificare che la pronuncia francese di ogni allievo fosse corretta. Il cambio dell’ora: l’inizio e il termine delle lezioni era annunciato dalla campanella che il bidello faceva suonare con estrema precisione. Le lezioni, di 50 minuti ciascuna, venivano seguite con la massima attenzione e il silenzio e la concentrazione regnavano durante i compiti in classe di Italiano, Latino, Matematica e Lingua Francese.

Per queste prove, noi ragazzi ci preparavamo con scrupolo, sapendo che venivano fissate in anticipo e che di solito occupavano tutte le ore che il professore aveva a disposizione. La ricreazione di metà mattina durava circa 15 minuti, giusto il tempo di sgranchirsi le gambe, mangiare un panino, un dolce o un frutto, fare quattro chiacchere con i compagni, per poi riprendere con solerzia il nostro impegno scolastico quotidiano. Il nostro spazio era l’aula tranne che per le ore di ginnastica, dove scendevamo di sotto in un seminterrato che fungeva da palestra.

La ginnastica all’esterno e i temutissimi tabelloni

Nel periodo più mite e primaverile, tuttavia, i professori di ginnastica ci portavano all’aperto e a passo di marcia o di corsa ci conducevano lungo via Curiel e via Marconi (la Corderia) fino al Campo sportivo, poco prima della statale, dove si faceva atletica (corsa, salto in alto, salto in lungo e per finire staffetta) equipaggiati con le nostre divise. In classe eravamo in 23 (12 maschi ed 11 femmine) e i loro volti mi si fanno presenti nella foto di classe di fine anno che qui è allegata. Momento topico e finale del nostro anno scolastico, vissuto con speranza e apprensione, era l’attesa del risultato finale: ammesso, licenziato o respinto… con i voti numerici! E la “sentenza” era pubblicata sui famosi tabelloni affissi all’entrata della scuola, ai quali ci accalcavamo noi ragazzi, per conoscere la nostra sorte!

Quando il giudizio era positivo un giubilo di esultanza scaturiva dalla nostra bocca ed io, lo ricordo, nel caldo mese di giugno volavo sulla mia bicicletta, per annunciare ai miei genitori Contessa Margherita Sturani e ragionier Angelo Morolli la felice notizia! Oggi, ripassando a Viserba da quelle parti, ricordo con nostalgia quell’esperienza nella media a cui seguirono altre esperienze nelle scuole superiori e nell’Università, tutte importanti e che hanno contribuito, in momenti successivi, alla mia formazione scolastica, umana e sociale.

Enrico Morolli