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SCM: la nuova fabbrica umana intelligente

Chi, pensando al lavoro in fabbrica, avesse in mente le vecchie tute blu, unte e sporche, dannazione delle mogli che dovevano lavarle, dovrà cambiare opinione (molti genitori farebbero bene ad avvertire i loro figli), perché una linea di produzione moderna è tutt’altro. Si dirà che non è così dappertutto, ed è vero, ma le maggiori aziende viaggiano su altri livelli.

Prendiamo il caso SCM, la storica azienda riminese, leader mondiale nelle tecnologie per la lavorazione di una vasta gamma di materiali (legno, gomma, vetro, metallo, ecc…), fatturato di 700 milioni di euro e 4mila occupati, come Gruppo, di cui la metà circa tra le sedi produttive di Rimini e la Repubblica di San Marino. Di recente, tra fine gennaio e inizio febbraio, ha presentato al pubblico, nella sede di Rimini, la sua “Smart&Human Factory” (la fabbrica umana intelligente).  Non è una nuova macchina, per quanto complessa, ma un’intera linea di produzione, composta da più macchine, che diventano centri di lavoro, messe una dopo l’altra, secondo il prodotto da ottenere. Il tutto completamente automatizzato. Dalla progettazione all’assemblaggio del mobile finito, compreso l’impiego di carrelli robot per la movimentazione di terra (considerare che ad impiegare i robot sono il 25% delle grandi imprese, più di 250 addetti, europee. Percentuale che scende al 5% tra le piccole).

Ma andiamo con ordine e seguiamo la dimostrazione di un’applicazione concreta  della nuova linea di produzione. L’ordine da soddisfare, la cui anteprima tridimensionale è visibile sullo schermo del pc, è un mobile cabinet (mobile basso con cassetti).

Tutto ha inizio da un Digital Hub, vero centro di comando del nuovo sistema, il quale consente, con software appositi, di gestire l’intero ciclo: dall’acquisizione dell’ordine, alla progettazione, quindi alla produzione, fino all’imballaggio e spedizione.

Dallo stesso Hub partono le istruzioni (tutto è in rete) alle macchine che dovranno lavorare i componenti del mobile. Macchine che possono eseguire tipologie diverse di cabinet, quindi rispondere a commesse differenti, senza bisogno di fermarsi per essere riattrezzate. Una flessibilità testimoniata dal fatto che possono produrre fino a 16 componenti diversi di una finestra, completamente in automatico, senza la presenza di nessun operatore.

Da un punto di vista pratico il processo di lavorazione in questione inizia dall’isola di taglio, dove una macchina esegue il taglio dei pannelli secondo le misure richieste. Mentre è in corso la lavorazione, già viene preparato, in automatico, il pannello successivo. I pannelli tagliati su misura vengono spinti, da un rullo, verso l’uscita, quindi scaricati su un carrello robot a guida autonoma, senza l’intervento umano, che li trasferisce nella stazione di lavorazione successiva, nell’isola di bordatura. Con le stesse modalità di trasferimento, i pannelli tagliati e bordati vengono  portati nell’isola di foratura e inserimento. Ultimato il processo di lavorazione dei componenti del mobile che vengono convogliati su un transfer a rulli in direzione di un robot antropomorfo (robot che hanno quella sorta di proboscide) che, tutto in automatico, prende i pezzi e li sistema su appositi scaffali, a più piani, pronti per il montaggio. E proprio il montaggio costituisce l’ultima fase del processo produttivo. Qui un paio di addetti coadiuvati da robot collaborativo (più piccolo del precedente) assemblano il mobile, che poi verrà trasferito, sempre da una navetta autonoma, verso l’area di immagazzinamento, da dove partiranno le spedizioni.

Ma non finisce qui: cosa succede se una macchina, magari in altro continente, si rompe? Una volta si sarebbe mandato un tecnico, in tempi non brevi (nel frattempo la macchina rimaneva ferma) e costi di una certa entità (viaggio, trasferta, ecc…). Oggi è diverso. Il tecnico del cliente, che deve essere addestrato, inforca un paio di occhiali con telecamera e microfono, si avvicina alla macchina, focalizza la parte non funzionante, e in video chiamata, quindi in tempo reale, si collega con l’assistenza tecnica della SCM, la quale può vedere il guasto come se fosse li davanti e dare le istruzioni per la riparazione del caso. Il tutto in tempi molto brevi e senza trasferte. Riservate, queste ultime, solo ai casi più gravi.

Quanti operatori sono impiegati in questo ciclo produttivo?

Molto pochi, uno per macchina, raramente due. Non in tuta blu, ma quasi in camice bianco. Perché non devono sporcarsi le mani ma essere molto specializzati e conoscere dall’informatica alla meccanica. Figure professionali difficili da trovare sul mercato del lavoro e che ha spinto la stessa SCM ad inaugurare, a Villa Verucchio, il suo Campus: un polo formativo da dedicare proprio alla formazione delle figure di difficile reperimento. Oltre a rafforzare le competenze professionali di clienti e personale in attività. Perché, come ha sottolineato il presidente del Gruppo Giovanni Gemmani nel corso dell’inaugurazione “se non possiamo essere competitivi sul costo del lavoro e sul sostegno istituzionale, lo dobbiamo essere sull’innovazione, che richiede una formazione continua. Perché la formazione, per un’azienda, non è un costo, ma un investimento”.

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