Nel dolce meriggio della primavera romana sullo sfondo della via Ostiense, prosegue il nostro dialogo con san Paolo che ci ha gentilemente concesso un’intervista sulla sua vita e sul suo pensiero in occasione dell’Anno Paolino.
Nel dialogo precedente abbiamo ricordato la triplice cultura dell’Apostolo delle Genti, ebraica, greca e romana ed insieme abbiamo approfondito la sua formazione da Tarso a Gerusalemme fino all’uccisione di Stefano come è raccontata negli Atti degli Apostoli ai capitoli 6-7. Possiamo approfondire ora l’evento di Damasco cioè il suo incontro con Gesù Risorto.
Quando si pensa a san Paolo si pensa immediatamente alla sua folgorazione sulla via di Damasco raffigurato in centinaia e centinaia di immagini. Ma cosa avvenne quel giorno? Il racconto degli Atti degli Apostoli è abbastanza ricco di particolari. Perché nelle sue Lettere lei ne parla solo per accenni?
“Questo è vero solo in parte: più volte ho fatto riferimento nei miei scritti (1Cor 9,1-17; 5,8-10; Gal 1,11-24; Fil 3,3-14) all’incontro fondamentale della mia vita: l’incontro col Risorto sulla via di Damasco. È in quell’incontro che ho maturato non solo la mia adesione a Cristo Signore, ma anche la mia vocazione ad essere apostolo ed evangelizzatore. Certo quei pochi minuti sono custoditi per l’eternità nella parte più intima del mio cuore e, come dire, ho avuto sempre un certo pudore nel raccontarli. Anche perché se dovessi esprimerli con una parola direi che è stata pura grazia. Io non avevo nessun merito per ricevere quel dono, anzi! Per questo nelle mie lettere sono stato sempre sobrio nel citare quell’evento… bastavano già i racconti che se ne faceva nelle varie comunità! Negli Atti degli Apostoli il racconto è presentato dal mio amico e collaboratore Luca per ben tre volte. Il primo racconto (Atti 9,1-22) è in terza persona, gli altri due (Atti 22,3-16; 26,9-18) sono discorsi che ho fatto in due occasioni: davanti agli abitanti di Gerusalemme, e davanti al re Agrippa. Luca è stato abbastanza fedele alle antiche tradizioni cristiane che custodivano le mie memorie”.
Potrebbe dunque ripercorrere a viva voce per noi quei momenti?
“Dopo l’uccisione di Stefano nel giro di poco tempo diventai un leader: ero in prima fila nel denunciare i cristiani all’autorità del tempio. Mi trovai così a capitanare quella spedizione a Damasco per stanare e denunciare i seguaci di Gesù. Vorrei farvi notare come la mia storia comincia con un viaggio, da me progettato e voluto ed il cui esito sarebbe stato del tutto inatteso e conoscibile solo alla luce del progetto di Dio. Mi spinsi a Damasco per catturare i seguaci di quella dottrina chiamata appunto, “la via” (Atti 9,2). Io seguivo la strada della persecuzione, ma su questa strada avvenne la mia esperienza di incontro con il Signore. Vede come la dimensione di gratuita benevolenza da parte del Signore è stata notevole! Io che avrei portato il vangelo attraverso le vie dell’impero, sono uno che è passato dalla via dell’aggressività violenta e distruttiva, alla via della testimonianza e della “parola della grazia”. Mentre ero in viaggio per avvicinarmi a Damasco, meta del mio progetto, irruppe improvvisamente l’iniziativa radicale di Dio, che trasformò me persecutore in testimone di Gesù Cristo Signore”.
Ma cosa è successo di preciso? Lei cosa ha sentito e soprattutto cosa ha visto?
“Me lo hanno chiesto milioni di volte. Il racconto degli Atti è molto sobrio ed insieme esaustivo (apre la Bibbia che porta con sé sotto braccio e legge): “all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e cadendo a terra udì una voce che gli diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” (Atti 9,3-4). In questa frase c’è tutto: la luce, la voce e… Lui. Desidero ricordare quella luce dall’alto ne ho anche parlato nella seconda Lettera ai Corinzi (4,6): “E Dio che disse: rifulga la luce dalla tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo”. Come nel mattino della creazione Dio parlò e creò la luce, così Dio rifulse nel mio cuore e creò per me un nuovo modo di esistere. Dove prima era oscurità, tenebra e caos, improvvisamente sorse la luce. Davanti a tale luce non potei che opporre la mia cecità, che come sapete fu guarita al momento dell’incontro con Anania. Questa cecità fisica, ma ancor più spirituale, mi fece sentire subito capire come il mio integralismo, la mia fanatica lotta contro quell’uomo che non conoscevo, fosse stolta. Nella Prima Lettera ai Corinzi (15,3-11) quando ricordo le apparizioni di Gesù Risorto narrateci dai Vangeli ho desiderato ricordare anche l’esperienza di Damasco e dico: “Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto” cioè mi descrivo come una “vita non compiuta”, perché tale mi apparì in un lampo tutto quel mio furore violento. Quell’evento ebbe per me una forza vivificante (la grazia!), ed insieme la forza della rinascita e della risurrezione. Quella luce mi spaventò a morte, anzi per un breve attimo pensai di essere proprio morto, così come scrive anche il profeta Isaia quando ha la visione di Dio nel tempio (Is 6,1-5). Invece no. Ero cieco sì, ma avevo anche finalmente la sensazione di vedere davvero, con gli occhi del cuore”.
E dopo la luce?
“Venne quella voce che mi chiamava per nome: “Saulo… Saulo…”. Sa che non le saprei dire il timbro? Mentre mi chiamava mi sembrava una voce che fosse come il concerto di tutte le voci belle ed importanti della mia vita, da quella di mia madre fino alla voce robusta di Gamaliele quando ci spiegava la Torà. Niente di psicologico, era solo come avessi già sentito quella voce in mille fatti belli e positivi, ma solo ora potevo riconoscerla, e la riconoscevo! Infatti non si trattava di un semplice suono, dietro quella voce stava una persona che mi chiamava per nome e che sapeva tutto di me, persino del mio fanatismo. Anche se il tono era quello del rimprovero c’era tanta confidenza ed insieme fiducia. Per questo girando intorno la testa continuavo a dire “Chi sei, chi sei…” perché sentivo che chi aveva parlato aveva parlato fin dentro di me”.
Capì subito che era il Signore Gesù? E da cosa lo capì?
Paolo mi guarda un po’ sorpreso per quella domanda, forse ho detto qualcosa di troppo – poi prosegue con lentezza.
“Mi sono chiesto tante volte che voce avesse Gesù… era per me una curiosità bruciante. Sa io non l’ho mai incontrato prima della sua risurrezione e tutte le cose che so della sua vita terrena me le hanno raccontate gli apostoli e coloro che lo avevano frequentato. La voce che udii a Damasco, come dicevo era certamente una voce umana ma con qualcosa, come dire, di collettivo. Era certamente una voce, ma con dentro il rinfrangersi di tantissime voci. Essa parlava a me e mi chiamava con il mio nome familiare. Eppure aveva l’accento di Dio stesso, quando nelle Scritture parla ai profeti e ai patriarchi. Pensai allora fosse proprio Dio, ed avevo ragione, ma subito ci fu qualcosa di diverso e di nuovo rispetto alle Scritture antiche. Colui che aveva parlato si identifica con i perseguitati, uomini e donne che io cercavo a Gerusalemme e nelle sinagoghe di Damasco, per arrestarli e condurli in carcere. Insomma c’erano dentro quella voce anche le voci di tutta quella gente che pregava… e forse pregava proprio per me, così come Stefano, come Gesù stesso, aveva fatto per i suoi uccisori. Lo avrei capito più avanti, dopo il mio battesimo: la voce di Dio, quella di Gesù e quella dello Spirito vogliono essere un tutt’uno con la voce della Chiesa, specie quando essa parla le parole dei santi, dei martiri, dei giusti, dei poveri perseguitati. Nella Lettera ai Galati (1,11-17), là dove racconto l’evento di Damasco ho cercato proprio di dire questa cosa:“Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo, come io perseguitassi fieramente la Chiesa di Dio e la devastassi, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri. Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo Figlio perchè lo annunziassi in mezzo ai pagani…”. Capisce? Io ho visto il Signore (1Cor 9,1), ma insieme a lui ho visto ed ho sentito la voce del Dio uno e trino ed anche la voce di tutta la Chiesa. Scoprii così che se Gesù Nazareno era colui che era morto in croce ed era risorto, ora egli mi parlava come colui che era perseguitato da me nei suoi discepoli. Io, proprio io Saulo di Tarso, prolungavo la Passione di Gesù nella persecuzione della Chiesa…
(2 – continua)
a cura di Guido Benzi