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Royal: accoglienza a 3 stelle

Cattolica, Hotel Royal: in estate è una normale struttura per famiglie della Riviera di Rimini, nelle ultime due settimane è salito ai “disonori” della cronaca per il polverone tirato su dal leader di Lega Nord, Matteo Salvini, che durante il giro che ha fatto in Emilia Romagna prima delle elezioni regionali, in riferimento alla struttura cattolichina, ha dichiarato: “Ci sono immigrati e rom che hanno letto, pranzo e cena, ospitati in alberghi con piscina e fronte mare, pagati dagli italiani, e terremotati da due anni in roulotte che continuano a pagare la Tari. Per non parlare della social card di 40 euro agli immigrati”. L’hotel in questione è il Royal, e la storia, detta in soldoni, è sempre la stessa: gli italiani vengono abbandonati dallo Stato mentre per gli immigrati si trovano i soldi e li si fanno vivere in modo più che agiato. Levano i soldi a noi per darli a loro. “Peccato che dietro a tutto questo ci siano più false percezioni che realtà”. A dirlo è Giorgio Pollastri, direttore del Royal dal 2001, che ha assistito ad una “spettacolare e stupefacente assemblea pubblica, organizzata dalle quattro parrocchie della zona pastorale di Cattolica. Sono venute oltre 100 persone: non erano curiosi, erano attenti. Persone che cercavano di capire che cosa stesse succedendo a pochi metri dalle loro porte e quali storie si celassero dietro i volti di quei ragazzi”.
Al Royal (struttura della Papa Giovanni che ha gestito il trasferimento dei profughi a Cattolica dietro domanda delle prefetture) sono ospitati 75 ragazzi dai 18 ai 27 anni di 6 etnie africane diverse: eritrei, nigeriani e ghanesi. Un bel “calderone” di persone che attendono che venga riconosciuto il loro status di rifugiati.

Pollastri, avete alzato un bel polverone?
“Sì, ma è un polverone senza senso, veniamo accusati di guadagnare sulla pelle di queste povere persone ma in realtà si tratta di un impegno quotidiano nei confronti di queste persone che hanno bisogno e che arrivano da noi senza niente”.

Quali sono i principali problemi che riscontrate?
“In primo luogo quello culturale, vorrei ricordare che qui ci sono etnie etnie diverse, è ingenuo pensare che sono tutti africani: ci sono culture, lingue, dialetti diversi. Riuscire a gestire tutto è molto complicato”.

Ci vuole raccontare una giornata tipo?
“La mattina facciamo colazione dalle 8 alle 9, poi i ragazzi ci aiutano a sparecchiare, sistemare e riapparecchiare per il pranzo. Al mattino vengono fatte delle classi di studio per insegnare loro le basi della lingua italiana, mentre al pomeriggio facciamo delle uscite: giochiamo a calcetto nel campo della parrocchia di Sant’Antonio oppure facciamo dei giri nelle città vicine per fare educazione civica dal vero. Non dimentichiamo che sono ragazzi che hanno vissuto in contesti completamente diversi quindi si spiegano loro le regole della strada, il perché del semaforo e tanto altro”.

Gestite anche la parte legale del loro status, giusto?
“Sì, gran parte delle mattine vengono utilizzate per portarli in prefettura, dai medici (tutti hanno un medico curante), ufficio anagrafe e poi bisogna fare il diario della loro storia da utilizzare in fase di richiesta dello status di rifugiato”.

Di cosa si tratta?
“Per ogni persona scriviamo un diario. Loro raccontano il viaggio, la loro vita, il perché della loro fuga e molto altro. Il tutto avviene in presenza di un legame e di un mediatore culturale”.

Allora Pollastri, quanto ci guadagna? Facciamo due conti?
“E facciamoli questi conti. Con i 35 euro che ci vengono dati al giorno per persona dobbiamo: pagare 6 persone che lavorano in struttura, fornire servizi legali, traduttori, operatori, educatori, vitto, alloggio, lavanderia e dare i 2,5 euro al giorno per loro. E non dimentichiamo che questa gente arriva da noi senza nulla, per cui se non hanno i vestiti e noi non ne abbiamo avuti dalla beneficienza delle persone… li dobbiamo comprare. Non mi pare ci sia molto da guadagnare”.

E allora perché lo fa?
“Perché ogni giorno è un miracolo. Fai questo perché sai che accogli dei poveri… un miracolo al giorno ci vuole!”.

Come ha risposto Cattolica a tutto questo?
“Benissimo. Le persone ci aiutano, ci portano vestiti, scarpe, ma soprattutto vengono a fare due chiacchiere con noi, con loro. Vogliono capire che cosa accade nella loro città. Le ripeto, l’esperienza dell’assemblea cittadina mi ha sconvolto positivamente”.

Teme che dopo la pubblicità negativa il suo hotel possa rischiare di essere scartato dai turisti?
“Un po’, devo essere sincero, ho timore. Ma spero che gli italiani siano più intelligenti”.
E poi, non scordiamolo… ogni giorno è un miracolo.

Angela De Rubeis