Home Sociale & welfare Rigenerazione urbana, manca una revisione

Rigenerazione urbana, manca una revisione

Possiamo far risalire l’idea della rigenerazione o, per molti versi, della riqualificazione, alla metà dell’Ottocento, quando si avvia in molte città europee la ridefinizione dell’assetto della città. Si demoliscono i vecchi sobborghi e si costruisce la città moderna, fatta di strade ampie, di nuovi palazzi, di illuminazione pubblica, della rete delle fognature, non più a cielo aperto e di quella del gas. Più di recente la rigenerazione urbana si manifesta negli interventi per migliorare parti significative delle città.

Ora di rigenerazione urbana si parla in maniera insistente ed è diventata pratica comune e ampiamente diffusa. Caso mai si tratta, di volta in volta, di capire se si tratta di vera rigenerazione o di semplice ristrutturazione o al massimo di riqualificazione, o come si dice spesso, di valorizzazione.

Vedi l’esempio del Boulevard Blu di Rimini e della Colonia Piacenza a Misano Adriatico, entrambi ammessi a programmi regionali che hanno ad oggetto la rigenerazione. Nel primo caso è un intervento lungo le banchine che vanno dal ponte di Tiberio al ponte della Resistenza, il quale ha molto a fare con la manutenzione straordinaria e la messa in sicurezza, ma incide poco sul resto dell’intera area. La colonia a Misano sembra un’operazione puntuale, ma davvero rigenera l’intera area? Qualche dubbio permane, ma ha avuto un finanziamento regionale che a questo attiene, quindi sarà certamente così.

In Italia, tuttavia, ancora non esiste una legge sulla rigenerazione urbana.

Anche se ci sono diversi progetti in discussione. Gli strumenti di pianificazione urbana sono nati soprattutto per governare l’espansione delle città. L’obiettivo della rigenerazione, invece, è quello di riusare e riorganizzare gli spazi già costruiti.

Nonostante che in Italia se ne parli da circa vent’anni, in ritardo di qualche decennio rispetto agli altri paesi europei, non c’è ancora una legge che ne regoli i processi.

Se riprendiamo quanto è scritto nel volume della nostra Regione sulla rigenerazione, in merito agli aspetti sociali, culturali e ambientali, dobbiamo ammettere che la rigenerazione esiste in maniera compiuta solo se gli elementi della partecipazione dei cittadini sono fortemente presenti.

Insomma, l’elemento dell’inclusione sociale deve essere costitutivo se la rigenerazione non vuole essere solo un processo di politica immobiliare.

A tal proposito, scrive il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, che la rigenerazione “ è un processo che, per aver successo, deve essere intrinsecamente partecipativo e costruire solide alleanze tra le istituzioni e i territori”.

Questo è uno dei punti essenziali della questione e per sottolinearlo occorre citare le parole di Ada Colau, già sindaca di Barcellona, “ la politica urbana, se vuole essere davvero trasformativa, deve partire dalla consapevolezza che non ci sono soluzioni semplici ai problemi complessi. Il diritto alla casa, per esempio, non è garantito solo costruendo nuovi alloggi, ma ponendosi in conflitto con la speculazione, regolando il mercato, riconoscendo l’abitare come diritto e non come merce”.

Insomma, la rigenerazione non deve essere una cattedrale nel deserto.

Deve essere inserita in un percorso di pianificazione. Per essere concreti dovrebbe essere inserita all’interno della pianificazione urbanistica a scala cittadina, insomma dovrebbe stare, nella nostra situazione, all’interno delle strategie del Piano Urbanistico Generale che a Rimini e in molti altri Comuni ancora non c’è.

Qui sta la debolezza.

Mentre si moltiplicano i cosiddetti interventi di rigenerazione territoriale, manca il quadro generale in cui si dovrebbero inserire. Manca la strategia complessiva e così manca la visione d’insieme ed anche le procedure definite da seguire nell’attuazione.

Più si parla di rigenerazione più viene a mancare una politica urbanistica, è così in Emilia-Romagna, ma è così in tutta Italia. I Comuni hanno quasi abdicato alla volontà politica di avere un disegno complessivo della città.

La politica nazionale non pensa più all’urbanistica come una necessità per dare un significato alle trasformazioni urbane, preferisce lasciar fare al mercato. La stessa legge regionale dell’Emilia-Romagna tra accordi operativi e accordi pubblico-privato, di fatto, rinuncia alla necessità del Piano, ed infatti i piani approvati in Regione sono appena una quarantina su quasi 350 comuni. In provincia di Rimini c’è solo un Pug approvato su ventisette comuni.

La rigenerazione non può diventare un totem che copre la mancanza di una visione generale e soprattutto di un Piano, in altre parole di un sistema di regole ben definite e approvate dopo un ampio lavoro di discussione e condivisione.

Alberto Rossini