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RIFUGIATI Queste le soluzioni?

di Paolo Beccegato *

Con un documento unitario del Tavolo Asilo e Immigrazione ( vedi app ndr) la Caritas e altre importanti organizzazioni auspicano una risoluzione rapida della situazione delle persone bloccate sulle navi delle Ong, perché sappiamo che il loro stato psicologico è fortemente provato. È poi necessario l’avvio di nuovi meccanismi di accoglienza a livello europeo, non basati però solo sul volontariato espresso dalle singole nazioni, ma su criteri stabiliti a monte.

Ora, se è vero che situazioni di questo tipo si sono già verificate nel passato, è vero anche che stiamo assistendo ad un aumento esponenziale dei rifugiati nel mondo. Abbiamo ormai superato i 100 milioni. Queste persone sono quindi una cartina di tornasole di quanto sta accadendo. E mi riferisco in particolare all’aumento del numero delle guerre e del relativo impatto sui civili e ai danni provocati dall’emergenza climatica. In questo momento, ad esempio, nell’Africa subsahariana stiamo assistendo a una vera e propria catastrofe umanitaria che sta flagellando tutta la fascia del Sahel e fino al Corno d’Africa. Quindi, il motivo profondo per cui queste persone scappano dalle loro case non è semplicemente per cercare di migliorare la propria vita, ma perché, nella loro terra, non c’è futuro, non c’è vita, anzi c’è la morte. Sono persone costrette a lasciare la loro terra, o per fame, o violenze, o a causa di gravissime violazioni dei diritti umani fondamentali.

Vedo anzitutto due perplessità. La prima nasce dal fatto che se l’Europa dell’est non si è tirata indietro nell’accogliere i profughi provenienti dall’Ucraina, e siamo tutti europei, non vedo perché debba tirarsi indietro quando l’emergenza arriva da sud ed è lei ad essere chiamata in causa. Poi, per quanto riguarda le Ong, vorrei ricordare che parliamo di realtà “no–profit”, non di enti o strutture direttamente legate ai governi. Le Ong, sono generalmente “il meglio” di ciò che ciascun Paese può offrire nel campo della solidarietà, dell’accoglienza, sia a livello nazionale, quando operano in favore dei poveri locali, sia internazionale quando si occupano di chi nel mondo vive una condizione di bisogno. La solidarietànon ha confini.

Mi sembra invece che i governi spesso tendano a strumentalizzare il contributo offerto dalla società civile: utile e lodevole quando viene in soccorso dei propri poveri, censurabile o da limitare quando non è più in sintonia con i loro interessi. Vorrei ribadire che le Ong, e in generale tutto il no-profit, non fanno altro che cercare di aiutare chi si trova in situazioni di grave difficoltà, per terra e per mare, a livello nazionale e internazionale. Non c’è bisogno di questi scontri, è opportuno invece collaborare al fine di trovare il modo più opportuno per risolvere i problemi, evitando così di generarli.

* vicedirettore vicario della Caritas Italiana