Home Attualita Radici a Rimini, rami nelle Filippine

Radici a Rimini, rami nelle Filippine

L’intervista. Il vescovo Nicolò Anselmi in visita alle missioni delle suore di don Masi

Una presenza di comunione e condivisione con le realtà dove da anni operano le suore riminesi. Il vescovo Nicolò Anselmi è appena rientrato da un viaggio di dieci giorni nelle Filippine, dove ha visitato alcune delle missioni delle Sorelle dell’Immacolata le “suore di don Masi” come vengono comunemente chiamate nel riminese – nel contesto del centenario della loro fondazione.

Un’esperienza che ha toccato diversi luoghi, incontrato numerose persone e lasciato un segno profondo.

Perché un viaggio nelle Filippine?

“Quella nelle Filippine è stata una sorta di visita pastorale, motivata dal centenario della fondazione delle Sorelle dell’Immacolata – a Rimini conosciute come suore di don Masi. Nel contesto di questo anno giubilare 2025, mi è sembrato importante visitare alcune realtà in cui le suore operano fuori dalla nostra Diocesi, anche perché la grotta di Lourdes a Miramare, dove sono presenti, è uno dei luoghi giubilari.

Non è la prima volta che compio viaggi di questo tipo. Negli anni scorsi ho visitato le missioni delle Suore di Sant’Onofrio in Etiopia e, ancora prima, quelle delle Maestre Pie in Zimbabwe.

La nostra Diocesi ha la grazia di contare tre istituti religiosi che portano il Vangelo nel mondo: è giusto onorarne l’opera e testimoniare la vicinanza di Rimini al loro servizio”.

Non era solo in questo viaggio.

“Come nei viaggi precedenti, ero accompagnato da una delegazione del Campo Lavoro Missionario: il presidente Gabriele Valentini, il vice Mimmo Azzone, Anna Maria Sartini e Marisa. Li ringrazio di cuore.

Hanno potuto conoscere da vicino l’opera delle suore nelle Filippine. Finora il Campo Lavoro non aveva mai sostenuto direttamente le loro missioni, ma questa potrebbe essere l’occasione per un nuovo legame.

Credo che da questo viaggio possa nascere un rapporto fruttuoso, creativo e duraturo tra due realtà importanti della Diocesi”.

Quali luoghi avete visitato?

“Tantissimi. Siamo partiti da Manila, dove le suore hanno una scuola a San Pedro de Laguna, in periferia: circa 300 bambini frequentano scuola materna, elementare e media, con corsi anche in stile college.

Una realtà ben organizzata, con grande attenzione alla persona.

Sempre a San Pedro c’è il noviziato e le suore curano anche attività vocazionali, pastorali e di animazione. Vanno a trovare le famiglie in quartieri poverissimi come SouthSide – chiamato anche ‘Vasura’, cioè spazzatura – dove le persone vivono in baracche, in condizioni di estrema precarietà.

Abbiamo celebrato una veglia funebre per un ragazzo di 16 anni morto di tumore: le suore sono presenza viva in mezzo a tanta sofferenza.

Poi ci siamo spostati a Tabeitai, a un’ora e mezza da Manila: lì c’è una piccola scuola materna e una collaborazione vivace con la parrocchia. Le suore visitano cappelle isolate dove il parroco fa fatica ad arrivare.

Vicino al lago Taal siamo andati in una fossa, raggiungibile solo con una strada sterrata in discesa: lì c’è una cappellina e una scuola statale per 1.800 persone. Abbiamo pregato insieme agli abitanti.

Infine siamo volati a Mindanao, a sud dell’equatore, nella città di Dalao. Le suore vivono in un quartiere di palafitte, in mezzo a una grande povertà. Gestiscono una casa con scuola materna ed elementare e accolgono bambini abbandonati.

Mindanao ha una presenza musulmana, oggi pacifica, ma in passato segnata da violenze: ricordiamo due attentati in cattedrale che provocarono numerosi morti”.

Ha incontrato anche la Chiesa locale?

“Avevo chiesto che il viaggio avesse anche una dimensione ecclesiale. E così è stato: le suore sono ben integrate nella vita delle parrocchie e questo ha favorito molti incontri significativi.

Abbiamo vissuto un bel clima sinodale. Ho incontrato mons. Marcellino Antonio, vescovo di San Pablo l’Eremita, con cui ho avuto una lunga conversazione in episcopio, in un ottimo italiano: ha studiato nel nostro Paese ed è delegato per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale filippina.

Abbiamo celebrato la messa domenicale con oltre un migliaio di fedeli in un santuario dei Servi di Maria, dove è custodita una reliquia di San Pellegrino da Forlì.

Abbiamo visitato anche il seminario internazionale dei Padri Verbiti, con un centinaio di seminaristi. A Mindanao siamo stati accolti dal parroco dei missionari Cavanis, padre Adriano, che ci ha mostrato il loro seminario. E infine abbiamo conosciuto anche le suore di Maria Immacolata di Savona, tutte filippine, che animano una grande scuola”.

Che impressione ha avuto della situazione sociale nel Paese?

“Non ero mai stato in Estremo Oriente e devo dire che sono rimasto profondamente colpito. Lì la forbice tra ricchezza e povertà è impressionante. Nemmeno in Africa avevo visto una disuguaglianza così marcata.

Manila, con i suoi oltre 10 milioni di abitanti (25 nell’area metropolitana), è una metropoli moderna, con centri commerciali giganteschi, più grandi di quelli di Milano o Londra. Ma nelle periferie si vive in condizioni durissime. Durante la nostra permanenza si è svolta una grande manifestazione, sostenuta anche dalla Chiesa, contro la corruzione. In tutte le parrocchie è stata letta una preghiera dei fedeli – scritta dai vescovi – dal tono molto forte, che invocava giustizia e dignità per i poveri.

La vita costa un quinto rispetto all’Italia, ma anche gli stipendi sono molto bassi. Le Filippine producono molto, ma la forza lavoro è pagata pochissimo”.

Ci racconta tre incontri che l’hanno particolarmente segnato durante questa visita?

“Il primo è Artur, un ragazzo di 16 anni che vive con le suore.

I genitori, che abitano in una palafitta, non riuscivano a curarlo. Ha frequentato le scuole delle suore e, dopo le medie, gli è stato chiesto di tornare dalla madre. Ma ora sogna di portarla via da quella condizione insieme ai fratellini: sta lavorando per raccogliere i soldi.

Il secondo incontro è stato con le insegnanti della scuola di San Pedro. Lo spettacolo con cui ci hanno accolto – canti, danze, poesie – trasudava passione educativa. Una giovane maestra mi ha raccontato il suo amore per i bambini, la voglia di offrire cultura e speranza.

Il terzo è legato a un piccolo progetto imprenditoriale: un padre Cavanis ci ha accompagnato da sua sorella che sta avviando una filiera di commercio del cacao, raccogliendo il prodotto da circa 300 fattorie. Le Filippine importano cacao, ma potrebbero produrlo in proprio. Lei, con amore per la sua terra, ha scelto di restare e di provare a fare impresa. Una vera testimonianza di speranza”.

Potrà proseguire il rapporto tra la Diocesi e le Filippine? E in caso affermativo, come?

“È stato bello e prezioso questo incontro.

Grazie alle suore di don Masi, il legame con le realtà ecclesiali incontrate proseguirà anche a distanza. C’è un’unione spirituale: i nostri fratelli filippini sanno che, se passeranno da Roma, Rimini li accoglierà a braccia aperte.

Abbiamo respirato un forte spirito ecclesiale, e la presenza di tante suore giovani ci fa guardare con fiducia al futuro delle Sorelle dell’Immacolata.

Ma il grazie più grande va a don Domenico Masi, semplice prete della nostra Diocesi, che ascoltando lo Spirito Santo ha dato vita a un grande albero con radici ben piantate a Rimini e rami che si estendono fino ai confini del mondo”