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#Quittok, guardate come lascio il mio lavoro

In un mondo in cui è abitudine registrare video dei momenti più importanti o decisivi nella nostra vita, per poi eventualmente condividerli sui social, non c’è da sorprendersi se sta nascendo una nuova tendenza che vede protagonisti i giovani, soprattutto Millennials, che consiste nel filmare… le proprie dimissioni dal posto di lavoro.

Per parlare di quest’ultimo fenomeno virale è stato coniato il termine #quittok, che deriva dall’unione delle parole quit, inglese per “smettere, lasciare” e tok, che ci rimanda al nome della ben nota applicazione su cui i video in questione vengono pubblicati, TikTok. Originariamente #quittok rappresentava un hashtag generico impiegato dagli utenti di TikTok per raccontare una qualsiasi esperienza in cui ci si lascia qualcosa di nocivo alle spalle, come una cattiva abitudine, un rapporto tossico o una dipendenza. Solo di recente questo hashtag è stato associato all’atto di registrare in diretta il momento in cui si rassegnano le dimissioni, diventato un vero e proprio trend: i video con i tag #quittok e #quitmyjob (letteralmente lascio il mio lavoro) hanno complessivamente raggiunto oltre 400 milioni di visualizzazioni.

La nascita di un fenomeno

A lanciare la tendenza è stata la giovane australiana Christina Zumbo, che nel 2022 ha caricato sul suo account TikTok un video che la ritrae, tra le lacrime e con le mani tremanti, mentre invia la lettera di dimissioni al suo datore di lavoro. A distanza di mesi il filmato ha fatto il giro del mondo, contando ad oggi più di 50mila mi piace e 2mila commenti. Ciò che ha fatto scalpore non è stato tanto il video in sé, quanto la descrizione che lo accompagna, dove sono espresse le motivazioni che hanno condotto la giovane ad abbandonare il posto di lavoro: “Va bene lasciare le cose che non ti rendono felice, probabilmente starai meglio così che rimanendo nella tua zona di comfort che ti impedisce di crescere. Questa è la mia vita e non voglio viverla come se la osservassi da lontano, senza aver voce in capitolo: voglio essere il personaggio principale”.

Un’altra storia di #quittok diventata virale è quella di Marisa Jo Mayes, che in un’intervista alla BBC ha dichiarato di aver rassegnato le proprie dimissioni, anch’esse registrate e poi pubblicate sul famoso social network, perché nonostante la busta paga sostanziosa e un lavoro soddisfacente si sentiva comunque infelice. Una dimostrazione, insieme a quella di Christina, che ha mostrato che se non si è sereni nel proprio ambiente lavorativo cambiare vita è possibile a chiunque. Il coraggio delle due ragazze è stato d’esempio a migliaia di giovani, che ad oggi continuano ad emularlo, ricreando la propria versione dei #quittok più popolari.

 Cosa rivela dei giovani di oggi?

#Quittok sta facendo molto parlare di sé non tanto per i numeri registrati o le conseguenze annesse: definirlo una challenge, una sfida su Internet a licenziarsi solo per qualche ‘mi piace’, sarebbe riduttivo. I partecipanti alla tendenza, infatti, non sono adolescenti che postano contenuti in rete spinti dalla noia o dalla pressione dei coetanei, ma giovani adulti maturi che scelgono consapevolmente di documentare una decisione volontaria e spesso programmata da tempo. In questo caso i social stanno svolgendo il ruolo di portare alla luce un fenomeno che finora è passato in sordina, ma che è presente e sempre più diffuso: il nostro dev’essere quello di interrogarci sulle sue radici.

Chiedendo a 10 ragazzi e ragazze riminesi tra i 20 e i 30 anni di esprimere una preferenza tra rimanere in un posto di lavoro stabile. ma con condizioni sfavorevoli per il proprio benessere psicologico o dimettersi e cercare una nuova opportunità lavorativa per restare sereni, 9 di loro hanno scelto la seconda opzione; l’unica persona che ha optato per la prima ha specificato che la riterrebbe solo una soluzione temporanea per continuare a mantenersi economicamente durante la ricerca di un’opzione migliore. Per i giovani d’oggi, dunque, l’importanza della serenità sul posto di lavoro sembra essere una priorità, anche all’interno di un contesto occupazionale fragile e precario: qui non siamo di fronte al capriccio di una generazione spesso ritenuta pigra e senza valori, ma al fatto che questi ultimi, che lo vogliamo o no, stanno cambiando. “Siamo da poco usciti da una pandemia mondiale. – sottolinea Anna (nome di fantasia), una delle ragazze intervistate Il Covid ci ha insegnato molto sotto tutti i punti di vista, ma la lezione più preziosa che ho imparato è che si vive una volta sola. Sicuramente la decisione di dimettersi non è automatica e dipende da numerose circostanze correlate, ma alla luce di quello che ho vissuto negli ultimi anni non scambierei il mio benessere mentale neanche per il migliore posto di lavoro”.

L’approccio di molti giovani alla sfera occupazionale non è quindi volto alla ricerca del “lavoro della vita”, ma sta diventando più dinamico: “Anche una volta assunti, secondo me è necessario mantenere la capacità di guardarsi attorno in cerca di opportunità migliori”, aggiungono i ragazzi interpellati. C’è sicuramente chi lo fa per ambizione o per una busta paga più soddisfacente, ma c’è anche chi mira ad un ambiente stimolante e flessibile, dove sia possibile crescere in un contesto di supporto, caratterizzato da relazioni positive con colleghi e superiori. E se un nuovo mestiere rispecchia queste condizioni, risulterà forse più semplice rassegnare le dimissioni. E, magari, riprenderle e pubblicarle sui social.

Giulia Cucchetti