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Questo azzardo non è mai un gioco

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Come un moderno Robin Hood alla rovescia, accumula ricchezze sottraendole ai più bisognosi. Devasta il tessuto sociale della comunità, fino a divorare l’esistenza di persone e famiglie alle prese con la più grave crisi economica del dopoguerra. E “produce una cultura che mina gravemente il bene comune e il tentativo di una ripresa economica, perché infonde nelle menti dei cittadini l’idea che la ricchezza non nasca dal lavoro e dal legame solidale, ma è un regalo capriccioso della «dea fortuna»”.
Eppure l’azzardo è ancora considerato alla stregua di un gioco. Le stime del Conaga (Coordinamento nazionale gruppi per giocatori di azzardo) parlano di un raccolto, al netto dei premi erogati di 18,4 miliardi di euro solo in Italia. Il Belpaese rappresenta il 4,4% del mercato mondiale e il 15% di quello europeo.
Si gioca, ovunque e in qualsiasi modo. Al bar, magari con il resto di una colazione, o nelle sale VLT. In tabaccheria, in attesa di acquistare il quotidiano, comprando un Gratta e Vinci, agli autogrill e persino in Posta, divenuto ormai un ufficio dove lettere e telegrammi sono l’ultima ruota del carro. Il gioco no, non lo è mai. Se prima il giocatore incallito era costretto a cercare il luogo del gioco, ora è il gioco che viene incontro, a tutte le ore e a qualsiasi latitudine.
L’Italia sembra divenuta un grande casinò. La legalizzazione introdotta ha incentivato un fenomeno anziché contenerlo, senza peraltro eliminare le mafie del settore, con tutti i devastanti effetti collaterali, a cominciare dall’usura. “L’erario non ci guadagna – fa notare Paolo Maroncelli del Movimento Slot Mob di Rimini – . Anzi, i proventi fiscali sull’azzardo scompaiono se mettiamo sul piatto della bilancia le tasse non percepite sui mancati consumi dei soldi persi nell’azzardo, i costi della spesa sanitaria per contrastare le dipendenze patologiche, i costi economici della caduta nel vortice dell’indebitamento”.
Spalmare i conti sul locale è più difficile. Ma Rimini e la provincia appaiono sempre più come una grande sala bingo.

Nel circondario  esistono oltre 1.200 apparecchi attivi. I giocatori patologici sono in continuo aumento, specie tra la popolazione anziana. Rimini ha il per nulla invidiabile ruolo di capofila: con una media di 1.384 euro pro capite, la città si colloca al 12º posto in Italia per spesa al gioco, quarta in regione. Proprio alla Regione Emilia Romagna è stato presentato un progetto per incentivare la dismissioni delle slot da parte degli esercizi pubblici. In cambio, agevolazioni fiscali. L’obiettivo è trovare fondi sufficienti alle agevolazioni finanziarie per gli esercizi slot free. E c’è un altro indicatore da leggere: quello di chi, rovinato dal gioco, chiede aiuto al Sert, il centro servizi per le tossicodipendenze dell’Ausl di Rimini, secondo cui 208 persone sono state prese in carico dall’apertura del servizio, in netta maggioranza (il 54,8%) per dipendenza da “videogiochi tipo bar o sale gioco”, ma seguiti col 22,9% per dipendenza da lotto, superenalotto, lotterie etc.
C’è una Rimini però che non intende sprofondare inerte in queste viziose sabbie mobili. Realizzato da cittadini mobilitati per il buon gioco contro le nuove povertà e la dipendenza dal gioco d’azzardo, sabato 7 maggio è indetto uno Slot Mob. L’iniziativa è in programma dalle 10.15 a Viserba di Rimini. Nella stessa occasione il Comitato SlotMob di Rimini, l’Emporio Solidale e nuovi servizi per le famiglie in difficoltà, il CSV Volontarimini e  gli studenti leggeranno una lettera aperta inviata al Presidente della Repubblica. “Il fenomeno azzardopoli, che muove un giro di 88 miliardi di euro l’anno, non si può ridurre, come si fa di solito, ai casi di dipendenza patologica individuale da curare con i fondi insufficienti di un sistema sanitario pubblico messo già in grave difficoltà”. Bisogna agire. E in fretta. In questo casinò c’è ben poco da giocare.

Paolo Guiducci