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Quelli che il manifesto

Poi, quando un lontano giorno davvero non ci saranno più, le ricorderò con nostalgia. Ma anche quest’anno rinnovo la domanda: che senso hanno oggi come oggi le plance elettorali in giro per le città?

È dagli anni ‘90 che le campagne elettorali le decidono le televisioni, e da una dozzina di anni quella terra di nessuno priva di regole che è il web. E invece settimane prima del voto le plance arrivano, desolate e defilate ai margini di spazi cittadini (ci sono cartelloni lungo le strade che per capire chi è che chiede il voto bisognerebbe accostare e scendere), a lungo vuote prima che tutti i candidati si ricordino che ci sono anche i manifesti.

Si risparmierebbe il costo degli addetti comunali che le devono posizionare e poi ritirare, mettiamoci pure lo spreco di carta per fare i sostenibili, e si risparmierebbe il solito scambio di strali per il primo pirla ubriaco che nottetempo strappa o imbratta un manifesto. Ma, facendo una botta di calcoli, se oggi siamo ancora alle prese con le regole adottate per regolamentare la situazione che si è creata dal 1994, almeno per un’altra ventina d’anni le plance non le toglierà nessuno. E allora, cari candidati, dateci pure giù di photoshop: il vostro supersorriso e la vostra superpelle, esposti agli agenti meteo, dopo un po’ sbiadiscono.