Quel ponte che “divide” il porto

    Il Ponte ciclopedale sul portocanale di Rimini, di cui si discute da alcuni mesi, dovrebbe collegare i due moli, quello della darsena e quello del porto, ma per ora, invece di unire, il progetto divide la politica dai pescatori. A leggere le dichiarazioni sulla stampa locale dei giorni scorsi, sembra quasi che ci sia una guerra in corso tra il capogruppo del PD, Marco Agosta e Giancarlo Cevoli, presidente della Cooperativa Lavoratori del Mare. Posizioni distanti, inconciliabili, senza un collegamento, come i due moli del porto. Almeno per ora.
    Ma è davvero questa la situazione?

    Il parere politico
    Secondo Marco Agosta il problema è molto articolato e coinvolge più attori, che vanno coordinati.
    “Partiamo dalla fine – sottolinea – secondo me il ponte serve. È la degna conclusione di tutti i lavori della darsena. I comitati turistici di Rivabella e San Giuliano lo vogliono, ed in effetti in un periodo di difficoltà economica come questo i flussi fanno la differenza. Costruire un collegamento è quello che può spostare le persone. Altrimenti si rimane tagliati fuori. Le due parti del porto rimangono due entità distinte e distanti. È però necessario precisare che il ponte si articola in un progetto più ampio di ristrutturazione di tutta l’area”.
    Un’area che, secondo Agosta, comprende i pescatori ma anche i cantieri e i capannoni.
    “Bisogna capire dove si vuole arrivare. Il problema di realizzare un’area artigianale, cantieristica nella zona del porto di Rimini, è che non ci troviamo in una zona periferica della città, di scarso prestigio, ma in un punto centrale e importante per lo sviluppo e la storia della città stessa. È ovvio, allora, che i capannoni non possono essere strutture avulse dal contesto, semplici contenitori. Bisogna valutarne anche la qualità, la densità edilizia, l’altezza. Non è solo un problema di cosa e quanto costruire, ma anche come. L’altro problema – continua Agosta – è quello della pesca. Non possiamo dimenticare l’importanza che essa ha per la nostra città. Sono legittime le preoccupazioni dei pescatori e tutta l’area va riqualificata assieme. Il ponte non vuole essere un freno per la loro attività. Al contrario. Dobbiamo iniziare a considerare il porto, con tutte le sue attività, come un’unica entità. L’area deve diventare uno spazio per tutta la cittadinanza”.

    Il parere dei pescatori
    Gli attori protagonisti della pesca, però, non recitano esattamente il copione di Agosta. Giancarlo Cevoli, ad esempio, non vuole gettare benzina sul fuoco, ma ci tiene a puntualizzare.
    “Quando ho letto su un quotidiano locale alcune dichiarazioni di Agosta dove affermava che noi pescatori ci opponiamo allo sviluppo della città, mi sono arrabbiato molto. Perché è una cosa davvero fuori dal mondo. È da cinque anni che chiediamo la riqualificazione della zona. Abbiamo progetti già pronti e inoltre noi come cooperativa abbiamo già investito negli ultimi anni qualcosa come 450mila euro per migliorare la zona”.
    Insomma, pescatori e politici sono ancora in rotta?
    “Con Agosta ci siamo sentiti e chiariti. Noi non siamo contrari all’idea del ponte, ma l’importante è che questo sia inserito in un progetto di riqualificazione e non diventi un espediente per tenere bloccati ancora i lavori del porto”.
    Avete chiarito e adesso si va avanti?
    “Abbiamo chiarito ma rimane il fatto che ci siamo sentiti presi in giro negli ultimi anni. Noi non solo siamo pronti ad un tavolo di confronto, ma anzi, siamo stati propositivi. Alcuni mesi fa ci siamo incontrati al Club Nautico per discutere dei lavori insieme a Morandi della Gecos e lì per la prima volta è emersa l’idea del ponte. A quel punto non si è più parlato d’altro, come se quello fosse l’unico intervento da fare. Il problema, insomma, non è il ponte in sé, ma la sua priorità all’interno del progetto. I lavori sono fermi da 5 anni. Il nostro timore è che il ponte diventi una delibera d’indirizzo da portare avanti subito e il resto dei lavori rimangano fermi. Noi siamo pronti a sederci ad un tavolo da 5 anni. Appena l’Amministrazione avrà la volontà di partire, noi ci saremo”.

    Il progetto
    Il progetto di riqualificazione dei cantieri navali toccherà un’area di 5mila metri quadri, sita in via Sinistra del porto. Nel luogo in cui ora si trovano i capannoni, spesso in condizioni fatiscenti, dovrebbero nascere delle nuove strutture con spazi più ampi. Secondo il progetto, nell’area attigua, di altri 5mila metri quadri, sorgerà anche il nuovo mercato ittico.
    “Il progetto di questi lavori è pronto dal 2009 – continua Cevoli – preparato a nostre spese e presentato a chi di dovere. Non abbiamo mai ottenuto una risposta. Dove siamo ora, il mercato ittico è di proprietà della Cooperativa. Fatto 50 anni fa! Noi siamo anche disposti a spostarci, anche se il nuovo mercato, del valore di milioni di euro, sarà di proprietà del Comune”.
    Insomma sia Agosta sia Cevoli sembrano dire la stessa cosa. Da un lato l’area va riqualificata in tutti i suoi aspetti, tanto quello dei cantieri navali, quanto quello delle attività ittiche ma anche del turismo e dell’accesso per la cittadinanza. Dall’altro lato, questo progetto va affrontato da tutte le parti in causa: la politica, le attività, la darsena e la consulta del porto. Non c’è scontro tra le due parti. Entrambe concordano che la riqualificazione gioverà a tutti e sarà un’occasione di crescita per la città. Rimane il fatto che serve la spinta dell’Amministrazione. Una spinta che porti tutti gli interessati attorno ad un tavolo. Per ora il molo rimane diviso tra la sua anima turistica, quella cittadina e quella commerciale.
    Nel frattempo chi desidera attraversare il canale può sfruttare il traghetto.
    “Il traghetto – conclude Agosta – può essere una misura temporanea. In molte città diventa un’attrazione turistica, un momento anche piacevole e pittoresco per attraversare il canale, magari collegato ad una pista ciclopedonale, con alcune panchine, uno spazio funzionale. Quello di Rimini è molto lontano da questi standard. È un servizio legato ai capricci del gestore. Aperto, se va bene, tre mesi all’anno e comunque a singhiozzo”.

    Stefano Rossini