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Quaresima 2017 – L’altro è un dono

2 disoccupazione-giovanile1“Ci ha scritto papa Francesco!” Immagino, in tutti noi, una comprensibile eccitazione, nel ricevere uno scoop del genere. Eppure è proprio così: papa Francesco ci ha davvero scritto una lettera, in occasione di questa Quaresima 2017. Certo, l’ha inviata a tutti i cattolici del mondo, ma non per questo noi cristiani riminesi possiamo chiamarci fuori e sfilarci dalla mailing-list dei tantissimi destinatari. La lettera del Papa ci recapita un messaggio provocante: l’altro è un dono. L’altro è il povero Lazzaro che sta alla porta di un ricco, un egoista tirchio e festaiolo.

“Non importa quanto si dà, ma quanto amore si mette nel dare”
(Madre Teresa di Calcutta)

Questo buontempone, in verità, non osteggia Dio e non schiaccia il povero, né lo snobba con arcigna schifiltosità: semplicemente non lo vede. Per lui Lazzaro proprio non esiste. Ma è precisamente questo il rischio ‘mortale’ che corriamo: il vivere da egoisti ci rende indaffarati con il nostro io e indifferenti al nostro prossimo. Per scorgere Dio e il povero, occorrono gli occhi di un cuore buono, che si lasci ferire dal bisogno altrui. La richiesta di attenzione ai poveri, anzi di una preferenza a loro favore, nella scelta della condivisione, suona impopolare, divide, disturba.
Eppure i cristiani sanno che con questa scelta e non con un’altra ci giochiamo il nostro eterno destino. “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, ero disoccupato e mi avete aiutato, ero straniero e mi avete accolto…”. Questo è il miracolo che siamo chiamati a fare, ed è un miracolo facile, perché è… Impossibile. Ma la fede rende possibile e facile anche l’impossibile! Sì, il primo miracolo è accorgersi che l’altro, il povero esiste davvero. Il mite Francesco di Roma martella duro: il povero “non è un fastidioso ingombro, ma un appello a convertirsi e a cambiare vita”. Il povero non è una minaccia: è un grido di aiuto. Non è un impiccio: è uno stimolo. Non è un pericolo: è una possibilità di bene. È una spina, certo, ma anche una spinta a costruire insieme una città degna di essere definita umana.

Ora tocca a noi assicurare una coerente, efficace ricaduta al messaggio quaresimale del Vescovo di Roma nella nostra comunità cristiana, nella nostra vita personale o familiare, nella società civile in cui viviamo e operiamo. Passo allora a snocciolare alcuni verbi, quasi come compiti da “fare a casa” o come veri esercizi spirituali, da praticare durante la Quaresima. Proverei a declinarli pensando a tre campi di applicazione: Nomadi, Disoccupati, Migranti.

Discernere. Guardare i poveri con gli occhi di Cristo fa la differenza. Don Oreste insegna. Da mesi stiamo assistendo ad accese manifestazioni di protesta in relazione allo smantellamento del “Campo-Nomadi” di via Islanda, a Rimini. Ci domandiamo: è umano e cristiano un atteggiamento oggettivamente discriminatorio, basato su pregiudizi secolari, su paure paralizzanti, su sospetti e velenose diffidenze? Diciamo basta a muri, recinti e steccati. Sì a ponti, legami e a buone relazioni.

Condividere. Una piaga che affligge la nostra società è la disoccupazione giovanile e la perdita del lavoro. Un piccolo segno di umana vicinanza e di cristiana prossimità a queste sorelle e fratelli è rappresentato dal Fondo per il lavoro. Per questo inizieremo il cammino quaresimale in Cattedrale a Rimini con un digiuno “salta-cena” per contribuire ad una colletta a favore di tanti nostri fratelli e sorelle disoccupati.

Integrare. Non basta aiutare sia pur generosamente i poveri: occorre costruire relazioni nuove. Improntate a comprensione reciproca, a stima sincera, a decisa volontà di concreta collaborazione. No all’elemosina, sì alla condivisione! Allora chiediamoci: per i Migranti, come possiamo rispondere all’appello del Papa: “una famiglia per ogni parrocchia”?

Carissimi Fratelli e Sorelle, nella incubazione di questi quaranta giorni coltiviamo un grande sogno di riconciliazione e di fraterna, concreta prossimità. Con i poveri, con la famiglia, con i vicini, con i colleghi, con Dio nostro Padre e nostra Madre, con la nostra personale umanità. Ma che sia una riconciliazione totale, integrale, gioiosa. Umanissima e dolcissima. Non come certi sciroppi che hanno sempre un retrogusto d’amaro.
Buon lavoro. E che Maria, fortissima e tenerissima Madre dei poveri, ci dia una mano. Anzi tutt’e due.

Francesco Lambiasi