Quanti pericoli per chi… naviga

    Grande risorsa ma anche possibile pericolo. Internet incarna sicuramente entrambe le cose. Difficile immaginare al giorno d’oggi una vita senza “rete” ma è necessario essere consapevoli che navigando si rischia di incorrere in pericoli non sempre facili da avvistare ed evitare. Il rischio, purtroppo, è dietro l’angolo specie per i più giovani: internet, con il suo indubbio valore, sta però valicando quella linea virtuale in cui, da opportunità positiva, può trasformarsi in fonte di dipendenza. Dai social network al gioco d’azzardo, gli esempi possono essere tanti. La dipendenza non è però il solo pericolo: pedofilia, pornografia e violenza sono sempre più a portata di click. Ma si sente parlare anche di cyber bullismo, di phishing, di furti d’identità e di vere e proprie truffe.

    Le truffe on line
    La tecnologia evolve ed i più attenti alle novità sono purtroppo i malviventi, sempre pronti a sfruttare le maglie larghe della rete. E così cadere in trappola per i normali utenti diventa sempre più semplice.
    “I malviventi sono ormai dei veri e propri specialisti – spiega Alessandro Marchini, agente della Polizia Postale di Rimini – e sono in grado di mettere in campo le classiche truffe ma anche vere e proprie frodi come il phishing”.
    Un rischio nel quale rischiamo di essere invischiati quasi ogni giorno.
    “Chiunque abbia una casella di posta elettronica – specifica Marchini – è abituato a ricevere mail di Poste Italiane che annunciano l’ottenimento di bonus speciali oppure di qualche banca che richiede gli estremi del conto corrente per poterlo riattivare. Si tratta sempre di falsi. Cliccando sugli indirizzi mail indicati si finisce infatti su siti simili a quelli originali (ad esempio quello delle Poste), dove vengono richiesti dati personali, come i codici dei conti, che servono poi ai truffatori per spillare denaro”.
    “Alle volte è la curiosità a far cadere nella trappola – racconta Vincenzo Papagni, comandante della Polizia Postale di Rimini – ma i rischi sono veramente tanti. Ad esempio quando si risponde alle mail che offrono lavoro”.
    In questi casi, in genere, il mestiere offerto è quello dell’intermediario finanziario.
    “I truffatori chiedono al malcapitato di fornire il proprio Iban e poi depositano sul suo conto alcune somme chiedendogli di ritirarle e rispedirle, trattenendosi una piccola percentuale. Il gioco va avanti, finché la persona a cui è stato spillato il denaro dal conto presenta denuncia. Le indagini allora iniziano e si arriva ad individuare il conto dello sprovveduto che, fornendo il proprio Iban, si è prestato alla truffa. E a questo punto sarà proprio lui a rispondere di riciclaggio, ma non solo. Sarà anche civilmente responsabile nei confronti della vittima di phishing”.
    Naturalmente, però, recuperare i soldi (che vengono solitamente spediti all’estero) sarà praticamente impossibile.

    L’affare che non c’è
    Serve molta attenzione da parte degli internauti anche negli acquisti online, specie se i prezzi sono molto bassi.

    “Molti cittadini – racconta il comandante Papagni – cadono nei tranelli dei truffatori pensando di fare un affare. In rete si trovano spesso beni di consumo a prezzi inferiori a quelli di mercato ma, in molti casi, si tratta di truffe. I numeri telefonici di riferimento per contattare i venditori o suonano a vuoto o appartengono a persone che non ne sanno nulla. I contatti avvengono quindi solo via mail”.
    Tutti indizi che permetterebbero di fiutare la truffa ma, a giocare brutti scherzi, è il fatto che per accedere alla pseudo offerta il tempo è spesso limitato così l’utente è costretto a decidere in fretta senza riflettere adeguatamente.
    “Così – continua Papagni – c’è anche chi affitta una casa per le vacanze avendola vista solo in foto, ma al suo arrivo scopre che l’abitazione non esiste. La scorsa estate è accaduto anche a Riccione”. Al minimo dubbio, per sicurezza, è possibile contattare la Polizia Postale allo 0541-436111.

    Scam, truffa nigeriana
    Un’altra delle truffe più diffuse è lo Scam, un raggiro informatico (detto truffa alla nigeriana) inventato nel 1992 per lettera e nel 1994 per e-mail. “In genere – riprende l’agente Marchini – questo raggiro gioca sui sentimenti”.
    A rischio in questo caso sono, ad esempio, le conoscenze fatte nei siti per incontri.
    “Si conosce qualcuno – racconta Papagni – e quando si è instaurato un buon rapporto, se non un vero e proprio legame, accade qualcosa, spesso alla vigilia del primo incontro faccia a faccia: problemi economici, una malattia, prestiti in scadenza. Alla vittima viene quindi chiesto del denaro per far fronte all’urgenza col rischio, altrimenti, di non potersi incontrare più”.
    Il denaro viene quindi versato tramite conto bancario o con un trasferimento di contanti con sistemi come Western Union e, subito dopo aver incassato i soldi, il truffatore fa perdere i propri contatti. Episodi analoghi possono accadere anche cercando cuccioli on line: acquistati gratuitamente all’estero, i cagnolini finiscono per avere problemi alla dogana che impongono il pagamento di ingenti somme di denaro.

    Internet e minori
    Tra le categorie di internauti più a rischio ci sono i giovani.
    “Questa generazione è chiamata di «nativi digitali» – racconta Renato Laurita, direttore generale di Tecnetica e autore del libro «Minori e Internet» – quindi mettere filtri e protezioni sui PC può essere utile ma, probabilmente, i ragazzi riusciranno facilmente a saltarli. È importante quindi, per proteggerli dai rischi della Rete, lasciare da parte la tentazione di controllarli ma avere con loro un rapporto franco e schietto su queste tematiche. L’uso che i giovani fanno di internet è spregiudicato ed è compito dei genitori fornire loro gli strumenti necessari per percepirne anche i rischi. Se dovesse succedere qualcosa di strano nella navigazione i ragazzi devono sentirsi stimolati a raccontare l’accaduto”.
    L’educazione e la fiducia quindi, vengono prima del controllo.
    “Nessun divieto – concorda Papagni – ma è consigliabile far usare il computer ai figli solo come utenti e non come amministratori. È un modo per mettere i ruoli in chiaro”.
    Inoltre sarebbe bene posizionare il PC in luoghi di passaggio e non troppo isolati, come la camera da letto. Insomma, la fiducia va bene ma una sbirciatina non guasta.

    I social network
    Ad accrescere i pericoli della rete negli ultimi anni ci hanno pensato anche i social network. Navigando su Facebook o Twitter si ricevono continuamente richieste d’amicizia da perfetti sconosciuti.
    “Una volta che si accettano queste amicizie – spiega il comandante della Polizia Postale – questi soggetti possono arrivare a sapere qualsiasi cosa di noi. Allora è bene sapere che ci sono notizie assolutamente da non postare: la propria città, la scuola che si frequenta, il numero di telefono. Mai pubblicare in Rete insomma le proprie informazioni personali”.
    Sono però sempre più frequenti i casi di vere e proprie persecuzioni personali scaturite da amicizie nate sui social network giocando anche sulle debolezze dei più giovani.
    “Quando indaghiamo – racconta Papagni – scopriamo di regali, ricariche telefoniche o addirittura soldi. Inizialmente non ce lo dice quasi nessuno ma prima o poi la verità emerge e i più sorpresi sono sempre i genitori”.
    Quello che manca ai ragazzi è la percezione dell’assenza di privacy che si ha in rete.
    “La riservatezza – spiega Laurita – su internet non esiste. I giovani però non se ne rendono conto e inseriscono troppe informazioni personali. Il passaggio da virtuale a concreto è più semplice di quanto si creda. Un’amicizia nata su Facebook può trasformarsi facilmente in un grimaldello reale”. Ad esempio, dare informazioni sulle proprie vacanze estive e su quelle degli amici può fornire ad un malintenzionato una precisa mappa delle abitazioni vuote da svaligiare.

    Pedopornografia on line
    La realtà più aberrante di internet resta purtroppo quella della pedopornografia che, proprio la rete, contribuisce a veicolare per il mondo.
    “Da quando la Polizia postale è attiva in provincia, vale a dire tre anni – racconta il comandante Papagni – abbiamo effettuato ben 40 perquisizioni domiciliari. Noi eseguiamo monitoragi andando alla ricerca di un determinato file. Quando arriviamo a casa delle persone spesso, oltre al file in questione, troviamo purtroppo decine di altre foto e video”.
    La legge in questi casi è molto severa e condanna sia la detenzione sia la diffusione.
    “Con i software peer to peer (come ad esempio Emule) – continua il comandante – ogni video scaricato viene contemporaneamente anche ceduto ad altri. Proprio per questo consigliamo di stare molto attenti a quello che si scarica sul proprio computer: molte volte dietro a titoli di cartoni animati si nascondono contenuti pedopornografici”.
    Come comportarsi allora quando ci si imbatte per caso in file sospetti?
    “Bisogna contattarci immediatamente e segnalarci il link o l’indirizzo di riferimento – conclude Papagni – la cosa che non va assolutamente fatta invece è tenere il video per qualche giorno (magari indecisi sul da farsi) e poi cancellarlo senza dire niente a nessuno. In questo caso infatti si rischia, se il file era monitorato, di ritrovarsi la polizia alla porta nel giro di qualche mese”.

    Andrea Polazzi