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Quando non esisteva il teatro di regia

La Guerriera costante, il ballo finale - Ph Libor Sváček

Nel teatrino barocco di Český Krumlov l’opera di Scarlatti La guerriera costante in prima moderna 

ČESKÝ KRUMLOV, 20 settembre 2025 – Un viaggio a ritroso nel tempo. Assistere a un’opera nel teatrino barocco – patrimonio dell’Unesco – del monumentale castello di Český Krumlov, cittadina della Boemia meridionale ricca di memorie storiche, è un’esperienza visiva e di ascolto forse non troppo lontana da quella dell’epoca. In palcoscenico La guerriera costante, ‘commedia in musica’ scritta dall’ennesimo nobiluomo librettista per diletto, Flavio Orsini, e messa in musica da un giovane Alessandro Scarlatti, di cui quest’anno si celebra il terzo centenario dalla morte. Rappresentata per un’occasione encomiastica – la nascita di un reale – nel 1683 a Roma, è stata riproposta dall’ensemble Hof Musici in prima moderna durante un festival barocco che si concentra nell’arco di pochissimi giorni alla fine dell’estate: tenere aperta la preziosa sala teatrale per tempi più lunghi potrebbe danneggiarla.

La protagonista Dora Rubart-Pavlíková – Ph Libor Sváček

La cornice prescelta è dunque perfetta: il minuscolo teatro è rimasto intatto dal 1766, grazie a un paziente lavoro di manutenzione. I macchinari che azionano i cambiamenti di scena sono ancora quelli originali (e richiedono grande sapienza da parte dei tecnici che li manovrano), così come gli elementi scenici: è il caso di una deliziosa fontana dipinta che, nel secondo atto, dà l’illusione dell’acqua che scorre. Dei materiali originari conservati fanno parte quinte e fondali – magnifica la prospettiva disegnata su uno di questi – che rappresentano, nel caso della Guerriera costante, ora gli interni di un palazzo aristocratico ora i giardini esterni. Gli innumerevoli costumi accumulatisi nel tempo, ovviamente, non si utilizzano ma servono come modelli per realizzarne delle copie. A valorizzare la suggestiva atmosfera contribuisce poi la tenue illuminazione della sala, con gli strumentisti che suonano a lume di candele poste su ogni leggio.

Quasi inutile precisare che l’esecuzione era all’insegna della filologia, sul piano strumentale e vocale. L’aspetto davvero sorprendente, invece, è l’attenzione con cui sono stati restituiti aspetti visuali oggi dimenticati: se per oggetti di scena, trucco e acconciature ci si può infatti basare sull’iconografia, assai più complesso è ricostruire la gestualità dell’epoca. Studiosa prima ancora che regista, Zusana Vrbová è riuscita a restituire una grammatica degli affetti legata alle posture degli interpreti, alle inclinazione del capo, agli sguardi e, soprattutto, ai movimenti di braccia e mani, che mutano incessantemente come fossero un ideale contrappunto al canto. Rappresentano il frutto di ricerche effettuate su trattati – spesso sconosciuti – e altre fonti documentali, poi messe a confronto con le testimonianze visive dell’epoca, incluse quelle non necessariamente teatrali.
I sette bravissimi strumentisti, compreso il concertatore al cembalo Ondřej Macek (mente dell’intera operazione e padrone di casa, visto che il suo ensemble è qui residente dal 1997), hanno impresso all’opera un andamento debitamente scorrevole: La guerriera costante rispetta le convenzioni del tempo attraverso l’alternarsi di arie e lunghi recitativi, e soprattutto nel primo atto – quando l’opera deve ancora decollare – è indispensabile mantenere un buon passo narrativo. Nel prosieguo, comunque, Scarlatti trova una dimensione drammatica sempre più incisiva, con arie in grado di raggiungere una notevole intensità, come in quella cantata dalla protagonista, Una speme lusinghiera.

A interpretare la guerriera del titolo era l’espressiva Dora Rubart-Pavlíková, soprano capace di valorizzare l’ampia gamma dei sentimenti di Clorinda, che arriva ad arruolarsi nelle vesti maschili di Oreste pur di riconquistare l’amato Olindo (i nomi sono quelli dei personaggi della Gerusalemme liberata). Nei panni della regina Fidalba, che s’invaghisce a sua volta del finto Oreste, un secondo soprano: Kamila Zbořilová, regale nel portamento e dall’emissione sempre impeccabile. E a sconquassare ulteriormente l’improbabile triangolo amoroso si aggiunge lo stesso Olindo, che nutre qualche mira nei confronti della sovrana: il tenore Tomáš Lajtkep ha saputo rendere con efficacia l’ondivaga incostanza del personaggio.
Il consigliere Alfonso, a sua volta innamorato della regina, era interpretato da Petr Svoboda. Più baritono (e con qualche colore tenorile) che vero basso, si è imposto comunque nella sua grande aria del primo atto grazie a un’accorta espressività. L’aspetto più originale del libretto, però, è che a ricomporre le due coppie – alla fine anche Alfonso coronerà il suo sogno d’amore con Fidalba – siano i servitori: il paggetto Rosino (una versatile e spigliatissima Eva Benett en travesti) e Faldiglia, incarnato da Ivo Michl convincente nel topos del servo con un debole per il vino e perennemente a corto di denaro. Di tutti e sei i cantanti va poi sottolineata l’ottima pronuncia italiana, frutto anch’essa di un accurato lavoro.

Al termine della seconda recita, sabato 20, è seguita – di fronte a una folla numerosissima – una grande festa nello sterminato giardino del castello, con un tripudio di fuochi d’artificio scanditi dalle note di Mozart. Spettacolo tanto maestoso quanto suggestivo: un modo per fare rivivere anche oggi le leggendarie “meraviglie” del barocco.

Giulia  Vannoni