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Il punto sulle microaree

Momento di tregua nel bollente dibattito sulle microaree familiari che dovrebbero accogliere sei famiglie di italiani, zingari sinti, da anni parcheggiati nel cosiddetto “campo nomadi di via Islanda”.

Il progetto nato qualche anno fa, in seguito alla legge regionale n. 11 del 2015 “Norme per la inclusione sociale di Rom e Sinti”, prevede la chiusura definitiva del “campo” di via Islanda.

La legge regionale, che percepisce norme dell’Unione Europea, ha l’obiettivo del superamento delle tradizionali aree di sosta, perché tali aree “rappresentano un fattore di esclusione, degrado e discriminazione”, tutti elementi che ostacolano un processo di integrazione sociale ed economica.
Cerchiamo, a carte quasi ferme, di capire e conoscere in maniera approfondita il progetto comunale sulle Microaree.

Nel “campo” di via Islanda attualmente sono presenti due comunità distinte, una di sinti – composta da 45 persone – ed una di rumeni (non rom) di 35. Trattandosi di censimenti fatti nel 2016, i numeri sono un po’ ballerini. Complessivamente sono risultati 23 minori, 5 anziani, 2 disabili, 10 persone con problemi di salute e un ex detenuto.

Le 9 famiglie della comunità rumena, che vivono nella parte più degradata del campo ed in roulotte fatiscenti, hanno espresso il desiderio di accedere alle case popolari ed ora sono in lista, come tutti i normali cittadini residenti a Rimini.

Dunque l’intervento delle microaree riguarda solo la comunità sinta. Il censimento del 20 settembre 2016 racconta di 11 nuclei familiari (poi diventati 10, perché due si sono uniti per ragioni di parentela), 45 persone, 24 seguite dai Servizi sociali, 13 minori, 3 anziani, 1 disabile e 5 con problemi di salute.
Di questi 10 nuclei 4 hanno scelto di accedere alle case popolari.

Solo 6 sono stati quelli interessati alle microaree, per un totale di 32 persone.
Praticamente si parla di un nucleo di 3 persone, due di 5, due di 6 ed uno di 7 (quest’ultimo con 5 figli di cui uno di 10 mesi).

Tutti piccoli numeri che in sé non giustificherebbero il movimento di protesta che ha “rumorosamente” coinvolto alcuni quartieri della città, anche perché si tratta, oltretutto di cittadini italiani, a volte anche ben integrati, dove possiamo trovare buoni o cattivi, lavoratori o fannulloni, come in gran parte delle famiglie.

Delle 11 aree che erano state in un primo momento indicate dai tecnici comunali ne sono state scelte 5: via Montepulciano (dove andrebbero 2 piccoli nuclei familiari), via Cupa, via Feleto, via Lontra e via Orsoleto.
Non si prevede la stabile e definitiva trasformazione delle aree in ambiti residenziali. Ciò significa che quando la microarea sarà, per tanti motivi, abbandonata, il terreno dovrà tornare ad essere terreno agricolo.

La microarea sarà delimitata in spazi precisi da una recinzione di pali e rete plastificata, schermata da una siepe continua, dotata di un’area di parcheggio ed un piccolo cortile verde per la fruizione dello spazio esterno, soprattutto per i bambini. Naturalmente saranno allacciate alle reti e se manca la fognatura si procederà secondo le regole delle case rurali isolate.

Le casette verranno acquistate nel mercato dell’usato e sono similari a quelle che vengono utilizzate nel dopo terremoto. Si tratta di piccoli moduli abitativi di 25 mtq.

Con ogni famiglia verrà stipulato un contratto di affitto, che comporta una serie di obblighi. Il rapporto sarà simile a quelli già in atto per le case popolari e probabilmente gestito dalla stessa Acer.

Ogni area avrà un unico capofamiglia responsabile, che si assumerà obblighi e impegni.

In particolare l’obbligo:
– di non realizzare ampliamenti e strutture accessorie (nessun camper o roulotte in aggiunta);
– della pulizia delle aree esterne e pubbliche confinanti.
– di comunicare in Comune ogni episodio di ospitalità e ampliamento del nucleo familiare per matrimonio o nascita dei figli
– consentire ai delegati comunali il periodico controllo della corretta gestione delle aree
– l’assolvimento deigli obblighi scolastici dei figli minori e di ogni altro impegno preso con i Servizi Sociali
– astenersi da tenere comportamenti che arrechino disturbo alla quiete pubblica,
Ognuna di queste inosservanze, specie se ripetute, saranno motivo di risoluzione del contratto.

Tutto dunque è pronto per passare alle delibere del Consiglio Comunale, ma questo ancora non accade. Perché?
Pare perché l’area scelta in via Orsoleto non sia in realtà del Comune di Rimini e che si debba giungere ad una trattativa o comunque a degli espropri. I tempi dunque si allungherebbero ancora. I tecnici poi dicono che dalla delibera del Consiglio Comunale alla messa in mora delle casette e tutto quel che comporta ci vorrà ancora un anno.

Incertezze e tempi lunghi che hanno, al momento, messo in sordina anche la lotta del Comitato di cittadini contrari al progetto comunale.
Contemporaneamnte accade che, per il fatto che i Servizi Sociali siano tutti concentrati sulla proposta relativa ai sinti, due famiglie di rom di cittadinanza italiana, in grave difficoltà e con molti minori (tra i quali un bimbo appena nato), attendano da tempo soluzioni abitative, che non contrastano affatto con quanto richiesto dal Comitato, contrario alle micro aree, ma, a parola, favorevole all’inserimento abitativo nelle case popolari.