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Pumidòr: 80 anni di risate, simpatia e riminesità

Oltre 2mila commedie dialettali recitate ma anche spot nazionali, film e sceneggiati. E una piccola parte nel doppiaggio di uno dei film più amati e premiati della storia del cinema: Amarcord di Federico Fellini. Corrado Albani festeggia i suoi 80 anni. Ed è pronto a maturare ancora proprio come l’ortaggio che da sempre lo accompagna nel soprannome in dialetto: Pumidòr.
Albani è il simbolo di una certa riminesità. Schietta, verace, sempre pronta alla battuta, meglio se in dialetto, ma non incline alla nostaglia canaglia. Magari preda di una certa commozione di fronte a fatti, personaggi e schegge di vita, ma non malinconico.
Uomo nell’ufficio informazioni dell’hotel (in Blue Tornado di Antonino Sucameli), autista personale di Lino Banfi (in Un inviato tutto speciale), Albani ha recitato davvero di tutto nelle sue sei decadi di attività. Il suo baffo, la sua “erre” arrotondata e la sua simpatia hanno bucato il teleschermo nello spot della Birra Peroni, ma sono stati pure capaci di portare a teatro più generazioni di riminesi. “Ho iniziato quando avevo dieci anni – racconta il nonno macchietta –: facevo le classiche scenette durante il ritiro estivo alle colonie. Da quel momento è iniziata la mia grande passione per il teatro e il mondo dello spettacolo”.
E pensare che lo storico personaggio del teatro dialettale riminese non ha mai studiato recitazione.

Conferma, nonno Pumidòr?
“Confermo. La voglia di far ridere le persone, quella è stata la mia più grande scuola”.

Al suo attivo vanta tanti spot pubblicitari. E innumerevoli comparsate in film, sceneggiati e film tv. Un caratterista?
“Lo spot più recente è stato quello della birra Peroni, nel 2012. Facevo il nonno che esultava sul divano mentre guardava la partita di calcio. Ma ho lavorato anche per altri spot pubblicitari, per Mediaset, in cortometraggi su Fellini, andati in onda in Giappone, Olanda, Germania. Ho fatto anche diverse apparizioni in film e sceneggiati nazionali: da Rimini Rimini a Inimir, Dov’era lei a quell’ora, fino a Un inviato tutto speciale, con Lino Banfi. Ero l’autista del nonno Lino nazionale. Oltre due ore di riprese con un faro posizionato alla mia destra nell’auto, tanto che quando son sceso dalla vettura un mio amico mi ha apostrofato: «Corrado, selt fat? Sei tutto rosso»”.

Cinema a Rimini fa rima con Federico Fellini. Ha conosciuto il regista di 8 e 1/2 e La dolce vita?
“Mi aveva scelto per doppiare uno dei personaggi di Amarcord. Solamente alcune battute del nonno di Titta Benzi, in una prima scena del film dentro casa. Anche quella è stata una bellissima esperienza”.

Lei è un personaggio storico del teatro dialettale riminese. Dieci anni fa, però, ha deciso di abbandonare il palcoscenico. Come mai?
“Non c’è un motivo particolare. Gli anni passano, la vita e le compagnie cambiano”.

Ha appeso abiti e copioni al chiodo. Quindi può avere uno sguardo più oggettivo sull’attuale situazione del teatro dialettale a Rimini.
“Il dialetto romagnolo si è perso. È necessario che i riminesi mantengano la propria identità. Anche i giovani che si avvicinano al teatro devono avere più passione per le proprie origini”.

Per 60 anni si è diviso tra il palcoscenico, il set e il lavoro. Ora è in pensione ma come ha fatto a conciliare per tanti decenni la professione e il suo grande amore per lo spettacolo?
“Ho sempre fatto il fotografo. Ho collaborato per anni anche con il Resto del Carlino. Ma la passione per il teatro mi ha conquistato così tanto che spesso chiudevo prima il negozio, per andare a recitare. La mia è stata una vita dedicata al teatro. Senza chiedere nulla in cambio. Solo la felicità degli spettatori”.

Dica la verità: prova nostalgia per il palcoscenico?
“No, non sono malinconico. La soddisfazione più grande la ottengo tutti i giorni quando la gente mi saluta e mi riconosce per strada. Certo, se mi proponessero di fare una commedia, o rifare uno dei vecchi spettacoli storici ci starei. Ma per il momento mi dedico ai nipoti, all’orto e alla mia signora”.
Rida, sotto i baffi, Pumidòr. E ci apostrofi ancora con la sua “erre” moscia. Se lo merita.

Tommaso Cevoli