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Politiche di razza

Trent’anni fa Moro veniva rapito ed ucciso. Un periodo drammatico per la nostra nazione, con cronache di omicidi e violenze quotidiane. Una vera guerra con vittime, innocenti, colpite solo per il valore simbolico che una ideologia impazzita e violenta assegnava loro. Erano giorni tremendi e di paura. Eppure in quei momenti l’Italia rispose a queste violenze con la democrazia delle sue leggi, senza provvedimenti legislativi speciali. Fu la dimostrazione di forza di uno stato democratico che vinse quella battaglia, con i suoi strumenti quotidiani di polizia, magistratura, partecipazione dei cittadini.
Dunque che succede oggi, quando di fronte a fatti molto più sporadici, certamente non tutti riconducibili a gruppi etnici e a razze, si chiedono provvedimenti straordinari, anche al limite delle regole democratiche di una convivenza civile.
Nessuno nega che i reati commessi da cittadini stranieri debbano essere, com’è giusto, perseguiti, ma perché demonizzare gli stranieri presenti sul territorio, quasi fossero gli unici responsabili di una percezione di insicurezza che sembra ormai pervadere i cittadini italiani e gli stessi immigrati?
Ho incontrato presso amici una stimatissima signora rumena che fa le pulizie. Mi diceva che si vergogna di qualificarsi in pubblico come rumena, perché avverte subito il giudizio della gente, quasi fosse responsabile di chissà quali reati, lei che ogni giorno lavora con fatica ed impegno.
Non c’è dubbio, occorrono politiche certe ed efficaci di sicurezza, che sono comunque destinate a divenire inefficaci se non vengono affiancate da altri seri interventi per esempio di riqualificazione urbana, di inserimento nella scuola, nel quartiere, nel lavoro, nel tempo libero. Molto si gioca sul territorio. È il luogo dell’incontro, della vita, della conoscenza delle persone oltre i pregiudizi e le paure. Ma se le politiche oggi continuano a ridurre il territorio in cui ognuno vive ad un dormitorio, e potremo incontraci solo nei centri commerciali, certo l’unica soluzione sarà quella delle Ronde. Magari come quelle di Napoli che hanno bruciato le baracche di un campo nomadi. Ai cristiani tocca almeno il dovere di fermarsi a riflettere e fare discernimento.

Giovanni Tonelli