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Peter Pan nell’era digitale

Una scena dello spettacolo - PH Francesco Bondi

Ha debuttato al Comunale di Bolzano l’opera Peter Pan – The Dark Side con libretto di David Pountney e le musiche di Wolfgang Mitterer 

BOLZANO, 25 marzo 2023 – «Once upon a time», c’era una volta, è la frase con cui iniziavano tutte le favole. Invece, nella riscrittura di Pountney, queste stesse parole servono a concludere Peter Pan: proprio per affermare che, rispetto a quanto succedeva un tempo, adesso la prospettiva è inesorabilmente cambiata.

Rosie Lomas (Wendy) – PH Francesco Bondi

Musicata dall’austriaco Wolfgang Mitterer, l’opera Peter Pan – The Dark Side è andata in scena al Teatro Comunale di Bolzano in prima esecuzione.
Nel suo libretto, il regista inglese e anche apprezzato drammaturgo David Pountney, più che rifarsi al cartone di Walt Disney dove protagonista è un bambino che non voleva crescere, si è ricollegato al personaggio concepito da James Matthew Barrie che ne rappresentava la fonte d’ispirazione (attraverso un testo teatrale del 1904, trasformato qualche anno dopo in romanzo).
Il librettista, però, non si limita ad attualizzarne il retrogusto dickensiano, ma apre squarci – talvolta inquietanti – sul “lato oscuro” del protagonista e degli odierni adolescenti, estendendo lo sguardo anche al mondo dei grandi, tanto più che, oggi, la “sindrome di Peter Pan” sembra aver contagiato un numero sempre maggiore di adulti, ormai anche loro poco propensi ad assumersi responsabilità.
Pountney lascia così aperto l’interrogativo se davvero i tre fratelli siano volati per magia verso “l’isola che non c’è” oppure si tratti solo di un’illusione, puramente virtuale. Sembrerebbe altrettanto probabile, invece, che siano precipitati dal grattacielo in cui vivono: le tre bare che si vedono alla fine fanno riflettere amaramente su come tante promesse dei social rappresentino una pericolosa esca per i ragazzi della generazione digitale, implicando un corollario di tragiche conclusioni.

Mitterer, compositore noto soprattutto come pioniere della musica elettroacustica, coglie le innumerevoli sollecitazioni di un libretto denso di riferimenti alla cultura inglese. Ritornano infatti evocazioni di figure mitologiche, dalla ninfa Eco al dio Pan (nome peraltro collegato al protagonista), che in passato erano state fonte d’ispirazione per musicisti come Purcell, ma – in una sorta di reminiscenza della Beggar’s Opera – non mancano nemmeno situazioni comico grottesche.
A sua volta Mitterer realizza una musica ricca di citazioni, in particolar modo britteniane nel trattamento vocale, tenendo lo sguardo rivolto anche ad altri autori novecenteschi, Strauss in primis, e mescolandole a suggestioni rock. Grazie anche al sapiente uso dell’elettronica, riesce così a delineare fisionomie precise per i diversi personaggi. La regia di Daisy Evans, con le scene e i costumi di Loren Elstein e le luci – forse la cosa migliore dello spettacolo – di Jake Wiltshire, punta su una visualità fumettistica, ricorrendo all’utilizzo di neon, video e filmati. Soprattutto, riesce a far recitare molto bene tutti gli interpreti e a renderli icastici nei loro ruoli.

Il tenore Karim Sulayman non ha nulla del disarmante folletto disneyano, ma è un eroe negativo, un bad boy prepotente e spavaldo, preso a modello dai due fratellini Michael e John (il tenore Jakob Pejcic e il baritono Dominic Kraemer), due ebeti incapaci di allontanare lo sguardo dal telefonino. Il soprano Losie Lomas interpretava una Wendy che, nonostante la totale dipendenza dai social, è apparsa convincente nel mostrare la sua autentica empatia nei confronti dei “bambini perduti”. La fatina Campanellino – dimenticare Trilly, il delizioso personaggio disneyano! – è qui una ragazza appariscente e volgarissima, divorata dalla gelosia nei confronti di Wendy, che ricorda certe creazioni femminili brechtiane: la interpreta il soprano Claire Wild, sempre sicura nelle colorature. Spiritosissima nei panni di Tyger, madre adottiva dei tre ragazzi, il bravo soprano Gweneth Ann Rand, impegnata in una sorta di parodia della vocalista gospel, mentre il capitano Uncino era il narcisistico baritono Andreas Jankowitsch. Oltre ai sei bambini perduti – rappresentati come crudeli teppisti ai limiti della ferocia – e ai maldestri pirati, completava il cast il controtenore Andrew Watts, efficacissimo nel ruolo del robot che dovrebbe fare da babysitter ai tre fratelli. Timothy Redmond ha diretto con rigore e precisione gli strumentisti della Haydn di Bolzano e Trento, che si conferma fra le orchestre più duttili e versatili di oggi.

E sono proprio le suggestioni musicali, dove sopravvivono gli echi del passato, a dare la misura dell’imbarbarimento di un oggi abitato da violenza e volgarità, spesso veicolate dalla dimensione virtuale. Una rilettura contemporanea di una favola che mette in guardia da pericoli sempre più incombenti.

Giulia Vannoni