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Personaggi, fiabe e principio di realtà

Le favole non sono più le stesse. O meglio, il musical Into the woods di James Lapine (libretto) e Stephen Sondheim (musiche), esordio a Broadway nel 1987, è un felice connubio di atmosfere dark, umorismo nero, libera rivisitazione dei temi delle fiabe classiche, con lo spirito dell’analisi psicoanalitica di Bruno Bettelheim che unì Freud ai fratelli Grimm, e uno score musicale eccellente cantato nella versione cinematografica (diretta da Rob Marshall, il regista di Chicago, e sceneggiatura dello stesso Lapine) da un cast che annovera Meryl Streep (Strega), Anna Kendrick (Cenerentola), James Corden ed Emily Blunt (Fornaio e Moglie) e Johnny Depp/Lupo Cattivo. È un mix di personaggi da fiaba (e ci sono pure Raperonzolo, Jack, Cappuccetto Rosso, due Principi e una coppia di giganti) che non segue l’ironia dissacrante alla Shrek ma gli aspetti più oscuri delle fiabe, dove il desiderio provoca reazioni a catena che non necessariamente trasportano all’happy end, come inteso nella condizione più classica delle favole della buonanotte.
Il sogno di avere un figlio per un fornaio e sua moglie diventa caccia spasmodica di alcuni oggetti richiesti dalla perfida Strega, l’unica in grado di esaudire la richiesta: ma il bosco nasconde insidie a non finire e di fate buone nemmeno l’ombra…
Il “ribaltamento” delle tradizioni ci porta davanti ad una Cenerentola indecisa ogni notte in fuga dal ballo al castello e ad un principe non esattamente modello di fedeltà, senza contare tutte le altre variazioni di una storia ricca e affascinante, composta con garbo e intelligenza in una confezione lussuosa prodotta da Disney che ha coraggio nell’affrontare un musical cinematografico non facile.

Il Cinecittà di Paolo Pagliarani