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Per strada come il Poverello

Scendere per strada, tra la gente, accompagnare le persone in un viaggio reale e spirituale, personale e collettivo, sulle orme del Santo d’Assisi e della sua preziosa testimonianza evangelica. Con questo spirito il Festival Francescano ha animato, dal 27 al 29 settembre, le vie e piazze del centro storico di Rimini per la sua quinta edizione dedicata al tema del cammino in occasione dell’ottavo centenario del passaggio di San Francesco in Romagna. Trentamila le presenze registrate dagli organizzatori che domenica hanno anche annunciato il tema dell’edizione 2014, la letizia, ancora nella nostra città.

In cammino
In tre giorni, più di cento iniziative per tutta la famiglia, tra momenti di preghiera, conferenze, spettacoli, mostre e workshop, hanno riunito “sotto l’ombra di Francesco d’Assisi tante persone diverse tra loro, ma con la voglia di dialogare e confrontarsi”, spiega fra Alessandro Caspoli, presidente del Festival. Teologi, storici, narratori e artisti hanno raccontato i diversi volti del Santo, analizzato gli aspetti più attuali del suo carisma nel mondo globale, non senza interrogarsi – in linea con il tema dell’evento – sul cammino che sta intraprendendo la società odierna. Auspicando “sempre più piena condivisione alla spiritualità del Poverello, icona vivente di Cristo Signore e generosa testimonianza evangelica”, anche Papa Francesco ha voluto salutare il popolo del Festival con una missiva a firma del Segretario di Stato card. Tarcisio Bertone, inviata al vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi. Come San Francesco, “che ha girato tutti gli angoli della Terra per far conoscere la figura di Gesù Cristo, anche noi francescani, forse – auspica ancora padre Caspoli – dovremmo riprendere un po’ questo spirito, aiutando le persone a far capire come si possa andare nel mondo da pellegrini, e non da turisti”.

Quale meta?
Sulla differenza tra turista e pellegrino si è soffermato Padre Martin Carbajo Nunez, Rettore magnifico della Pontificia Università Antonianum. Se il primo corrisponde allo stile di vita di chi “tiene lo sguardo fisso sulla meta da raggiungere”, il secondo è “sempre di passaggio, lontano da tutti ma anche da se stesso”. Il modello tipico del peregrinare, fisico e spirituale, contemporaneo. “La nostra è una società per turisti – prosegue Padre Nunez -. L’individuo vive in perenne precarietà: senza un lavoro sicuro, senza legami né impegni definitivi, continuamente alla ricerca della novità, dell’ultimo prodotto del mercato”. Un “homo oeconomicus virtualmente più connesso agli altri grazie alle nuove tecnologie, ma in fondo più solo”, che tende ad avvicinarsi alla religione “come se andasse ad una caffetteria a prendere il cocktail di credenze che meglio si adatti ai suoi gusti o necessità”. Al contrario, “nella logica francescana del dono – conclude – le relazioni puramente commerciali ed utilitaristiche sono subordinate alla gratuità, contemplazione, ospitalità, alla condivisione gioiosa e disinteressata”.

Tra passato e presente
Tra gli altri relatori, il Festival ha ospitato Andrea Bartali, figlio del campione di ciclismo, Gino, recentemente riconosciuto “Giusto tra le nazioni” per il suo impegno durante l’occupazione tedesca (vedi anche intervista a pag 31), lo storico Franco Cardinicon una lezione sulle vie dei pellegrini, Padre Egidio Canil che ha raccontato un altro grande francescano delle origini, Sant’Antonio, e l’attore e drammaturgo Moni Ovadia che si è soffermato sul messaggio più radicale del Santo d’Assisi. “Il mondo cristiano ha espresso nel concetto di homo viator il simbolo della ricerca spirituale – ha esordito Cardini sottolineando come quella del pellegrinaggio e delle crociate sia “una storia di strade, di merci, di leggende, sogni, paure e miracoli, illusioni e speranze”. Una storia di fede tornata, oggi “di gran moda”: “Si trovano sempre più pellegrini a piedi, appoggiati al vecchio bordone – ha proseguito lo storico – al Camino de Santiago e sulla Francigena. I pellegrinaggi si rinnovano anche nel presente”. A 750 anni dal rinvenimento della lingua incorrotta di Sant’Antonio, Padre Canil ha ricordato come Rimini sia, dopo Forlì, “la città che è stata più testimone dell’opera evangelizzatrice del Santo di Padova.” “Un Santo che fece della sua vita un viaggio – sottolinea Canil –nato ai confini del mondo ma capace di percorrere le strade dell’Europa”, “amatissimo dai poveri ma in forte relazione con i centri culturali dell’epoca”. Ovadia ha invece ricordato l’insegnamento, profondamente attuale di San Francesco nel suo avvicinarsi al “diverso”: “Quando andò dal Sultano, il Santo portò un messaggio radicale del Vangelo e venne ricevuto come un fratello tant’è che gli fu detto ‘Torna quando vuoi a casa tua’. Questo ci deve far capire che non esistono guerra di civilizzazione, le relazioni internazionali dipendono da come ci si pone con l’altro. Forse Francesco ci darebbe una lezione anche su Siria, Iraq e Afghanistan”.

Alessandra Leardini